Nel pomeriggio è proseguita la giornata di ritiro con la seconda meditazione, un confronto con il Card. Tagle e con un momento di preghiera, una “Ora santa”, che ha portato il XXV Capitolo Generale a trasformare in preghiera la riflessione della giornata.
Nella seconda meditazione l’Arcivescovo di Manila “ci ha donato” la sua riflessione sul tema:” Solidarietà nella vita religiosa”. Si è introdotto facendo notare che le nostre case vengono generalmente “Comunità”, questa è la loro vocazione. Perché la vita comunitaria non è qualcosa che si aggiunge alla Missione ma ne è il cuore stesso e la condizione indispensabile.
Alla luce di questo, è importante anzitutto il dialogo tra le diverse culture all’interno della comunità, che non significa necessariamente solo che i singoli provengano da luoghi diversi, ma che sono importanti anche le differenze generazionali: perché si possa parlare di comunità apostolica è necessario che ci sia una comunione tra le diverse realtà personali esistenti in essa. Gesù è un ottimo esempio di adattamento culturale: ha permesso ad una donna di toccarlo in casa di Simone il fariseo, e ha permesso alla samaritana di parlare con lui, rispettando così la loro sensibilità, e a Cana ha detto alla madre: “Non è ancora giunta la mia ora”: il suo tempo è diverso da quello della madre.
Un secondo punto ben sviluppato è stato quello della cultura dell’individualismo che il cardinale non ha esitato a definire il “nemico della comunità”; rischia di annidarsi quando si da troppo spazio alla creatività, all’iniziativa personale, all’auto sufficienza… Gesù mette insieme le persone diverse: raduna una strana combinazione di persone: pescatori, uno zelota, un pubblicano e ne fa il gruppo dei dodici: la comunità religiosa è una con-vocazione: persone diverse che non si radunano ma sono poste insieme da Cristo.
Un ultimo punto è quello della cultura dell’usa e getta. Tante cose ancora buone vengono gettate perché la moda cambia, o il mercato propone delle novità… Anche nelle comunità si può insinuare questo pericolo, se l’altro viene rigettato vuol dire che non è un dono per me, perché i doni non si buttano, ci si affeziona ad essi… Nella Bibbia le persone rigettate dagli uomini sono trasformate da Dio in doni per l’umanità: così è di Giuseppe venduto dai fratelli, così è di Davide, così è soprattutto di Gesù, rigettato dagli uomini e glorificato da Dio.
P. Giovanni Congiu, CSsR