«Un maestro di vita e di sapere»: l’intervista all’allievo Tremblay
Si conoscono dal lontano 1969 quando l’allora giovane redentorista canadese Réal Tremblay incontrò per la prima volta nell’università di Tubinga quello che solo pochi anni dopo sarebbe diventato il suo futuro professore di dottorato Joseph Ratzinger. È la prima istantanea che estrae dal fitto album di ricordi sul suo «“doctorvater” il “mio padre professore in teologia” ai tempi dei miei studi a Regensburg..,» padre Real Tremblay il religioso, originario del Quebec – figlio di sant’Alfonso de’ Liguori – oggi professore emerito di teologia morale all’Accademia Alfonsiana di Roma. «Da subito mi impressionò l’affabilità la timidezza gentile con cui l’allora professor Ratzinger – è la confidenza di uno dei circa 100 allievi di teologia del futuro Benedetto XVI – mi accolse nella sua stanza a Tubinga: stava per traslocare a Regensburg e la sua abitazione era colma di scatoloni carichi di libri…. Mi conquistò immediatamente il modo fraterno con cui mi ricevette: mi sentii subito a casa dopo quell’incontro. Fu un incontro tra amici. Mi sembrò di incontrare una persona conosciuta da sempre.
E ho potuto sperimentare la stessa emozione e disarmante semplicità, solo pochi anni fa, nel 2015 quando gli ho consegnato personalmente nel monastero “Mater ecclesiae” all’interno del Vaticano, la tesi di dottorato del mio allievo don Claudio Bertero sul tema “persona e comunione” nel pensiero Ratzinger». Istantanee che riportano il redentorista – chiamato nel 1984 proprio dall’allora cardinale Ratzinger a rivestire il delicato ruolo di consultore della Congregazione per la dottrina della fede ai tanti aneddoti che lo legano al suo antico professore. «Sotto la sua guida ho discusso la mia tesi di dottorato in teologia nel 1975 a Regensburg su “La manifestazione e visione di Dio secondo sant’Ireneo di Lione” – rivela – . Ad affascinarmi fu soprattutto, durante le sue lezioni universitarie, la sua capacità di presentare le questioni di fede in modo chiaro e articolato. A mettermi sulla strada del suo discepolato sono stati soprattutto un articolo scritto per la rivista Conciliumsull’episcopato e poi il saggio chiave del suo sapere teologico, da me letto 15 volte e studiato a fondo ininterrottamente, che è Introduzione al cristianesimo di cui conservo come una reliquia del suo sapere la nona edizione del 1968….».
Un professor Ratzinger che, a giudizio di padre Tremblay, rappresenta un unicum nella storia della Chiesa del Novecento per il suo cursus studiorum.«Pensi che è stato perito al Vaticano II e ha lavorato fianco a fianco a pensatori del rango di De Lubac, Rahner, Congar e altri, e poi è divenuto cardinale e Papa portandosi dietro un curriculum universitario unico nel suo genere. Ricordo che, conoscendo le mie inclinazioni accademiche, fu molto contento quando fui destinato dall’allora mio superiore dei redentoristi Josef Georg Pfab a continuare i miei studi come professore stabile a Roma nel campo della teologia morale. Sapeva che, come nel suo caso, lo studio era una delle radici e molle più intime della mia vocazione….». Padre Tremblay torna con la mente agli anni della Congregazione della dottrina per la fede sotto la guida di «colui che la stampa maldestramente definiva il “Panzerkardinal”» dal 1981 al 2005: «Impressionava la sua attenzione al lavoro di ogni membro del dicastero leggeva tutti i documenti. Si rimaneva edificati dalla sua capacità di ascoltare tutti e di voler sapere anche nelle minuzie i tanti dossier che erano realizzati dai suoi consultori. Si è dimostrato per il suo stile un cardinale “non burocrate” ma in grado sempre con il suo stile di “semplice professore” di valorizzare il lavoro di tutti i suoi collaboratori da quello gerarchicamente più importante a quello più umile».
Un’eredità quella di Ratzinger come teologo, cardinale e Pontefice che sopravviverà ancora a lungo? «Immagino di sì – è la riflessione finale – . Credo che il suo stile, i suoi gesti come quello della rinuncia al ministero petrino, le sue opere come la sua scelta di farsi solo uomo di contemplazione nell’ultimo tratto di vita ci stanno regalando l’immagine di un Papa emerito che prega e ama la Chiesa nel silenzio e rimarrà il “maestro di sempre” per chi lo ha conosciuto da vicino».
(da www.avvenire.it)