UN CORPO
Cari confratelli e amici,
continuiamo le nostre riflessioni sul Messaggio che l’ultimo Capitolo Generale ha inviato all’intera Congregazione. Questa volta ci fermeremo e rifletteremo sul passaggio intitolato: Missionari della gioia e della misericordia, che afferma: “Come redentoristi di oggi siamo chiamati a raccontare storie di redenzione, la storia di un Dio che si è fatto presente in Gesù di Nazareth, la storia personale di ciascuno di noi. Siamo spinti a portare “un annuncio rinnovato che offre ai credenti, anche ai tiepidi o non praticanti, una nuova gioia nella fede e una fecondità evangelizzatrice” (EG 11). A questo fine, incoraggiamo a entrare in un processo di formazione continua come progetto di vita che ci conformi a Gesù Cristo. Invitiamo tutti i redentoristi ad essere testimonianza di prossimità ed amore con tutte le persone, come lo stesso Dio lo fa con loro. Non basta sperimentare la misericordia di Dio nella propria vita; è necessario anche essere strumento di misericordia per gli altri”.
Dalla nostra Communicanda sulla Redenzione
Se leggiamo attentamente questo testo, e lo lasciamo entrare nei nostri cuori, ci renderemo conto che ci porta direttamente al centro del nostro carisma, alla nozione di redenzione e dei più abbandonati.
Potremmo sviluppare questa riflessione in molti modi, ma questa volta, forse, sarebbe utile riscoprire e apprezzare ancora una volta una delle nostre Communicanda passate, quella dedicata alla “Redenzione”, scritta nel 2006. Qui ci riferiamo solo ad alcuni suoi passaggi, e spero, facendo così, che convincerà i confratelli a leggere il testo completo. È facile vedere che il messaggio di questa Communicanda non ha perso l’importanza o l’impatto nel corso degli anni; riflette perfettamente la realtà della nostra situazione attuale. Inoltre, anche se è stato scritta più di dieci anni fa, il suo messaggio corrisponde impeccabilmente alla proposta che Papa Francesco dà oggi al mondo e alla chiesa.
Nel paragrafo 10 leggiamo: Nonostante le differenze teologiche e culturali che ci sono tra noi, come Redentoristi abbiamo un modo istintivo e pastorale di capire e annunciare la redenzione. Questa comprensione ci viene da sant’Alfonso e trova tracce dentro la nostra tradizione spirituale e pastorale. Noi non ci risparmiamo in aiutare la gente a comprendere che la redenzione è sempre iniziativa di Dio, che ci ama in modi che l’umana immaginazione può a stento concepire e che desidera il nostro amore in contraccambio. Nel nostro ministero, la redenzione è proclamata sia come liberazione dal peccato, che come chiamata di Dio a vivere in relazione d’amore con lui. Generalmente, siamo conosciuti per essere vicini alla gente, specialmente ai poveri più abbandonati. La misericordia generosa, il perdono e la riconciliazione sono note caratteristiche del nostro ministero. Proprio come Gesù invitò la gente a cambiare mentalità e cuore, la nostra predicazione tradizionalmente include una chiamata insistente alla conversione. L’apostolato del confessionale è apprezzato da noi poiché la celebrazione di questo sacramento offre alla gente una tangibile esperienza della redenzione. Molti Redentoristi fanno una connessione elementare tra redenzione e domande di giustizia sociale, rispetto dei diritti umani e apprezzamento per l’integrità del creato.
In questa prospettiva dobbiamo individuare la nostra storia personale di redenzione. E poi, dobbiamo avere il coraggio di condividerla con gli altri. La nostra vita – la mia vita – e la nostra missione rimangono legate al mondo di oggi così come esso è: pieno di sfide e di situazioni complesse. Ma in questo mondo concreto dobbiamo diventare missionari di misericordia e di gioia. Questo era anche vero per Alfonso: egli pure ha dovuto diventare un missionario dell’abbondante redenzione di Dio nel suo mondo concreto.
Nel paragrafo 12 di questa Communicanda leggiamo: Un modo redentorista di intendere la redenzione prende il via con sant’Alfonso. Non diversamente dalla nostra era, la società nella quale Dio chiamò Alfonso de Liguori a proclamare la redenzione abbondante presentava sfide enormi. Egli visse in un radicale cambio d’epoca, al punto critico di passaggio dalla società medievale al coraggioso nuovo mondo dei Lumi. Alfonso divenne consapevole dei poveri più abbandonati, troppo spesso dimenticati tra le priorità politiche, economiche e culturali della sua epoca. Allo stesso tempo, egli era conscio del suo bisogno di conversione se voleva rispondere fedelmente alla chiamata di Dio.
Molti dei suoi contemporanei si trovavano alienati da Dio a motivo delle inadeguate immagini di Lui che gli si proponevano, e di un legalismo oppressivo nella spiritualità e nella morale. Alfonso combatté queste distorsioni del Vangelo con una solida pratica pastorale impregnata di uno spirito di discernimento, di preghiera e di contemplazione. La sua predicazione sulla redenzione toccava i cuori della gente che nel migliore dei casi era giunta a pensare Dio come qualcuno lontano e indifferente; nel peggiore dei casi, come un tiranno crudele.
Prendendo a cuore l’incoraggiamento di questa Communicanda, e cominciando dalla vita di S. Alfonso, possiamo facilmente discernere che non è sufficiente semplicemente sperimentare la misericordia di Dio nella nostra vita. Dobbiamo diventare strumenti di misericordia per gli altri. È facile guardare al mondo di oggi dalla nostra prospettiva, perché questo può talvolta significare di guardarlo da strutture piuttosto sicure e ben protette. L’idea di Alfonso era di guardare al mondo dalla prospettiva degli “abbandonati”, coloro che erano costretti dalla società o perfino dalla Chiesa a vivere ai margini. Questo è un punto di vista che distingue le strategie pastorali di Alfonso e condiziona anche indelebilmente la sua riflessione teologica. La sua visione della Congregazione non potrebbe essere più ampia, poiché il suo punto di riferimento è l’intera missione di Gesù. Perché Dio divenne uomo in Gesù Cristo? Nella risposta a questa domanda Alfonso trova anche la ragion d’essere del suo Istituto. Egli scopre nel quarto capitolo del Vangelo di Luca una sorta di “definizione della missione” di Gesù, una sintesi del senso e significato della sua vita tutta (Communicanda, n. 15).
Prendo una pausa e rifletto:
La parola di Dio è la luce della mia vita
Si legga il passo del Vangelo di Luca (Lc 4,16-21), riportato di seguito:
[Gesù] Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore”.
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”.
• Che cosa questo testo ti dice a livello personale?
• Tocca la storia della tua vita redentorista?
• Ti senti invitato a essere uno strumento della misericordia di Dio?
• Ti riempie di nuova gioia?
Guardando al futuro
Mentre continuiamo il nostro cammino come Congregazione, accettiamo l’invito dell’ultimo Capitolo Generale ad essere: “TESTIMONI DEL REDENTORE: Solidali per la missione in un mondo ferito”. Lo sappiamo bene che questo non può essere fatto solo dai nostri sforzi e dai nostri talenti. Una volta che riconosciamo questo, le nostre vite assumono una nuova prospettiva e siamo convinti che dobbiamo entrare in un processo di formazione continua come progetto di vita che ci conformi a Gesù Cristo. Questa è l’unica prospettiva in cui possiamo diventare missionari della misericordia e della vera gioia. La nostra missione trova il suo centro e l’autenticità solo in Gesù Cristo.
Finiamo la nostra riflessione con l’ultima citazione della Communicanda sulla Redenzione. Essa ci invita ad assumere un atteggiamento contemplativo quale strumento e criterio nella nostra missione nel mondo di oggi: Uno sguardo contemplativo al nostro mondo ci porta a individuare le forze che militano contro il regno di Dio, come una cultura di morte che esalta il potere, il piacere e il possesso fino alla disumanizzazione, alla schiavizzazione e al trasferimento massivo di intere società. La proclamazione dell’abbondante redenzione è una chiamata a vedere questo mondo frantumato da una prospettiva contemplativa, che ci permetta di scoprire le vie dello Spirito. Impariamo a riconoscere la presenza dei segni di redenzione, che ci consentano di continuare con speranza e determinazione. Se abbiamo l’audacia di chiederci se la missione di Gesù fa differenza nel nostro mondo, ci servirà anche il coraggio di assumere un atteggiamento contemplativo e così permettere che lo Spirito promesso da Gesù ci guidi alla verità tutta intera (n. 31).
Mentre ti immergi in questo atteggiamento contemplativo, e guardi al mondo che ti circonda:
• Riconosci la presenza dei segni di redenzione che ti permettono di continuare con speranza e determinazione?
• Come abbracci la chiamata a essere testimone del Redentore in solidarietà per la missione in un mondo ferito?
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UN SOLO CORPO è un testo mensile di preghiera proposto dal Centro di Spiritualità Redentorista. Per maggiori informazioni:
Fr. Piotr Chyla CSsR (Direttore del Centro di Spiritualità – fr.chyla@gmail.com). Il testo è stato tradotto da: Massimiliano Mura CSsR