(Napoli, Italia) – Martedì 9 aprile, in occasione dell’annuale Festa di Sant’Alfonso (data concordata dall’Accademia Alfonsiana, ndr), la nostra comunità accademica si è recata a Napoli, per una visita guidata al quartiere di Marianella, dove il 27 settembre 1696 nacque da Giuseppe e da Caterina Anna Cavalieri «il più santo dei napoletani e il più napoletano dei santi». È stata l’occasione per noi studenti di poter passare dalle informazioni raccolte sui testi o illustrate dai docenti, all’esperienza bellissima di toccare, vedere e sentire il messaggio del nostro santo patrono Alfonso de Liguori. Accolti da p. Rajaonarison Jean Honoré CSsR, dalla professoressa Filomena Sacco e da alcuni collaboratori della comunità redentorista, abbiamo ascoltato la storia e visitato la casa dove S. Francesco de Gironimo, apostolo della carità, venne a complimentarsi con i genitori di Alfonso, profetizzando «che sarebbe vissuto a lungo, oltre i novant’anni, sarebbe diventato vescovo e avrebbe fatto grandi cose per Gesù Cristo».
Nell’omelia tenuta durante la S. Messa celebrata nella bellissima e raccolta cappella costruita accanto alla casa natale del santo, il prof. Antonio Fidalgo CSsR ci ha più volte invitato a riflettere sul fatto che proprio nella casa di campagna di Marianella maturò – non senza difficoltà – il percorso di conversione di Alfonso che, Dottore in Utroque a sedici anni e ormai avviato a una brillante carriera forense, dopo l’apprendistato e l’approfondimento della formazione giuridica, iniziò a sentire sempre più il desiderio di prendersi cura dei poveri e degli abbandonati. È, dunque, in questo difficile quartiere della città che germoglia l’opzione alfonsiana per gli ultimi. Gli abbandonati, amati come fratelli in Gesù, diventavano oggetto della sua compassione, perché Alfonso scopriva che Dio era presente anche nei più disprezzati e disperati e che la copiosa Redemptio trovava dimora anche tra gli “scarti” della società.
Dopo la sosta in una pizzeria del quartiere, prima di rientrare a Roma, dalla collina di Capodimonte, immersi nella natura del Real Bosco nato nel XVIII secolo come riserva di caccia del Re Carlo di Borbone, la prof.ssa Sacco ci ha indicato dall’alto alcuni luoghi della città di Napoli, significativi nella storia di Alfonso, raccontandoci gli inizi delle missioni popolari e lo stile della sua predicazione.
L’augurio è che questa bellissima giornata, trascorsa all’insegna della condivisione e dell’approfondimento della vita e dell’opera del santo di origini campane, ci spinga sempre più nello studio della morale e nell’azione pastorale a partire dagli abbandonati spiritualmente, prediletti di Alfonso, come lui stesso insegna: «Ora il predicatore che fa un elevato ragionamento sazia l’appetito di pochi, ma lascia digiuna la maggior parte dell’uditorio. Ciò posto, chiederà il Signore o no ad essi conto del loro sforzo per addottrinare il poco numero degl’intendenti, senza aver cura della maggior parte che non l’intendono? E degli altri che non vengono alle loro prediche, perché il predicatore non si fa intendere? S. Paolo scrisse: Sapientibus et insipientibus debitor sum. E così anche è debitore il predicatore» (Lettera I ad un religioso amico).
Don Gennaro Busiello, Rappresentante degli studenti