IL SERVIZIO DELLA LEADERSHIP NELLO STILE DI GESÙ CRISTO
Communicanda 2
2016-2022
TESTIMONI DEL REDENTORE:
Solidali per la missione in un mondo ferito
(Roma, 25 febbraio 2019)
I. INTRODUZIONE
II. “IL CAMMINO DI EMMAUS”, CAMMINO DI APPRENDIMENTO
1. “La crisi del cammino”: uno sguardo sull’attuale crisi della leadership
1.1 Crisi della Leadership nella Congregazione
1.2 Crisi della vita comunitaria
1.3 Crisi delle strutture
2. “Il dialogo all’interno della casa”: leadership evangelica
3. “Condividendo le Scritture”: le nostre Costituzioni e Statuti
3. 1. Volto del leader in tre dimensioni
a) Pastore
b) Animatore
c) Amministratore
3.2. Principi che regolano la leadership redentorista
a) L’autorità in funzione della missione
b) Solidarietà e comunione
c) Corresponsabilità e collegialità
d) Decentramento e sussidiarietà
3.3. Leadership personale e comunitaria
3.4. Nuova leadership per la ristrutturazione e il multiculturalismo
3.5 Formazione adeguata per la leadership
III. “Il Ritorno in galilea”, la sfida di Condurre oggi la missione
1. Il processo di Ristrutturazione per la missione
2. Il Piano Apostolico e di Riconfigurazione per la missione
3. Accompagnamento alle comunità cristiane
4. Discernimento comunitario e Progetto di Vita Comunitaria
5. Accompagnamento della Formazione iniziale e animazione della Formazione continua
6. Corresponsabilità, lavoro in squadra e in rete
7. Salvaguardia, protezione delle persone vulnerabili e abuso – trasparenza
8. Amministrazione dei beni: trasparenza e responsabilità
9. Leadership dei confratelli giovani
10. I Fratelli nel processo di leadership
11. Promuovere la leadership dei laici
12. Capitoli, Assemblee e Consigli
13. Garantire transizioni necessarie per il bene della missione
14. Assenze e uscite dei confratelli
IV. CONCLUSIONE
IL SERVIZIO DELLA LEADERSHIP NELLO STILE DI Gesù Cristo
Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: “Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?”.
Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: “Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?”. [e Gesù] Disse loro: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.
Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”. Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!”. Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Luca 24, 13-18.25-35
I. INTRODUZIONE
1. La Congregazione del Santissimo Redentore si riconosce come inviata da Gesù Cristo per proclamare il Vangelo tra i più abbandonati del nostro mondo; per questo motivo, ha accettato con gioia e speranza l’invito del XXV Capitolo Generale a rispondere a una rinnovata presenza missionaria in mezzo al mondo, continuando il processo di ristrutturazione già iniziato anni fa nella Congregazione e rendendo possibile che i Redentoristi siano testimoni del Redentore, solidali per la missione, in questo mondo ferito.
2. Siamo consapevoli del fatto che per portare avanti questa missione, “La Congregazione ha bisogno di leader sullo stile di Gesù Cristo, di comunità e persone che esercitino la leadership nella missione, che abbiano una visione del futuro e ci mostrino la direzione da seguire, integre e autentiche, capaci di lavorare in gruppo, e obbedienti alla missione” (XXV Capitolo Generale, Messaggio, n. 15).
3. Lo stesso Capitolo ha chiesto al Governo Generale di redigere una Communicanda sulla leadership nella Congregazione, ponendo un’enfasi speciale sulle qualità e abilità necessarie per potenziarla efficacemente nella Congregazione, sulla preparazione necessaria per tale leadership, sulla corretta esecuzione della autorità e la distinzione tra leadership e amministrazione (cfr.. XXV Capitolo Generale, Decisione n. 26).
4. Il Governo Generale ha considerato che questo è il momento più opportuno per la sua pubblicazione poiché iniziamo un nuovo quadriennio di grande importanza che guiderà la Congregazione ad assumere un nuovo Piano Apostolico in ogni Conferenza e a mettere in moto una nuova riconfigurazione delle Unità. Risponde, inoltre, a una preoccupazione apparsa con forza nella stessa fase preparatoria del Capitolo, e cerca di offrire degli indizi affinché i cuori dei confratelli si accendano in vista della missione.
5. Ossia che: l’autorità e il comando sono costituiti in funzione della missione (Cost. 1-2, cfr.. 54, 97, EG 091). La Congregazione esiste in vista della missione, espressa con il termine Vita Apostolica, che include allo stesso tempo la vita di speciale consacrazione a Dio e l’attività missionaria dei Redentoristi (Cfr.. Cost. 1). Le comunità sono stabilite e strutturate in modo da servire e rispondere ai bisogni della missione. Da qui il principio fondamentale che richiede tutta l’autorità e tutta l’animazione nella Congregazione è la missione. Questa idea fondamentale permea le nostre Costituzioni e Statuti.
6. Quest’autorità nella Vita Consacrata, secondo l’Istruzione “Il servizio dell’autorità e l’obbedienza” è, soprattutto, l’autorità spirituale, la quale è chiamata a garantire alla sua comunità il tempo e la qualità della preghiera, a promuovere la dignità della persona, a ispirare incoraggiamento e speranza nei momenti di difficoltà, a mantenere vivo il carisma della propria famiglia religiosa, a mantenere vivo il “sentire cum ecclesia” e ad accompagnare nella via della formazione.[1]
7. Questa Communicanda si rivolge ai Superiori e ai loro Consigli, a tutti i membri professi della Congregazione del Santissimo Redentore, così come ai laici che partecipano alla nostra vita e missione.
II. “IL CAMMINO DI EMMAUS”, CAMMINO DI APPRENDIMENTO
1. “LA CRISI DEL CAMMINO”: UNO SGUARDO SULL’ATTUALE CRISI DELLA LEADERSHIP
8. In questo periodo, la vita consacrata attraversa un momento di tensione dialettica all’interno della propria storia. Si tratta di un’occasione unica che la spinge a cercare una nuova ermeneutica e a ritornare alle fonti del Vangelo. Vi è oggi la crisi del cammino di Emmaus (Lc 24,13-35): la frustrazione con i progetti messianici falliti, l’aggressività di un mondo che diventa sempre più secolarizzato, la perdita di visibilità e lo sconforto. Forse con questa tensione e la sua faccia triste, la vita consacrata si metterà in cammino e, camminando, ritroverà il forestiero, il quale, dialogando con essa lungo il sentiero, farà germogliare qualcosa di nuovo e gli permetterà di riscoprirsi nell’essenziale: la Parola, la vita fraterna, la condivisione del pane e il vino missionario. È nel tramonto e al bivio della strada il luogo in cui la vita consacrata è chiamata a invitare il forestiero nella sua casa per non rimanere nelle tenebre e nelle memorie frustrate che si trasformano in pessimismo e impediscono al cuore di ardere.
9. La scena del cammino di Emmaus ci aiuta a prendere coscienza di una grande preoccupazione per la vita consacrata e per la Congregazione, ovvero il modello di leadership. Sulle orme di Emmaus è possibile vedere la crisi paradigmatica della leadership dei discepoli e di Gesù, e il salvataggio di essa non dal concetto di potere come dominio, bensì dall’autorità che cammina insieme e, che ascolta le frustrazioni, affronta, demistifica i messianismi e i clericalismi, salva i ricordi carismatici del gruppo e lo aiuta a leggere la storia con un nuovo sguardo.
1.1. Crisi della Leadership nella Congregazione
10. Per iniziare il viaggio, la domanda fondamentale che ci poniamo è: di quale tipo di crisi di leadership parliamo oggi nella Congregazione? Si tratta di una mancanza di personale per esercitarla? Oppure si tratta di una crisi dell’identità della leadership che ha cessato di essere al servizio della missione e sta diventando uno status per il beneficio personale o di determinati gruppi, indebolendo il proprio servizio congregazionale ed ecclesiale?
11. La crisi di leadership che viviamo oggi nella Congregazione può essere dovuta alla perdita della memoria del carisma fondatore, aggrappandosi a strutture che danno un senso di sicurezza ma che poco a poco si corrodono e mettono in crisi agli stessi individui che non sono in grado di respirare “l’aria nuova” offerta dallo Spirito.
12. Altre volte, la leadership ha l’incapacità di far sì che le persone sognino e scoprano un orizzonte di valori, inducendole a chiudersi in se stesse e vivere in zone di comfort.
13. Negli ultimi tempi, la Congregazione ha vissuto una realtà preoccupante che dovrebbe farci interrogare. In molti luoghi, le elezioni per i superiori maggiori e la ricerca di certe posizioni hanno offuscato il servizio evangelico e posto al fronte, non la bellezza e la freschezza del carisma e della missione, ma il conforto comune e gli interessi o le lobby personali che sono luogo di tensione, dispute, ferite e marginalizzazione dei confratelli[2]. Dobbiamo combattere questo spirito mondano e recuperare la mistica del servizio che invita, anima e invia, e che non si lascia corrompere.
14. Un altro elemento che può corrodere il processo di leadership è la crisi della fede. La perdita della fede teologica porta alla perdita del misticismo nella leadership e cessa di essere servizio per diventare gestione e fiducia nelle proprie forze.
15. Quando vi è una crisi di fede teologica, è difficile vedere gli altri come fratelli di percorso e, allo stesso tempo, credere nella mediazione di una persona e della comunità come esempi di discernimento. La tendenza è quella di volere un’autonomia assoluta per se stessi senza considerare che l’autorità è al servizio di una comunità di fede e di vita che risponda ad una consacrazione al Signore, la quale diventa epifanica attraverso il carisma e la missione che assume.
16. Questa realtà indebolisce la capacità di leadership. Sia coloro che guidano, sia coloro che sono guidati, stanno perdendo la mistica dell’ascolto e la capacità di ascoltare le proprie pene che possono sorgere lungo la strada, specialmente nei momenti drammatici della storia. L’episodio di Emmaus mostra che, nonostante lo scoraggiamento, i discepoli continuarono a essere tali e si lasciarono interpellare da un altro che divenne discepolo con loro e si mise sulla stessa strada ricordando la prima missione del discepolato: capire e mettere in pratica l’Annuncio del Vangelo.
1.2. Crisi della vita comunitaria
17. Possiamo affermare senza timore di sbagliarci che la crisi della leadership è strettamente vincolata alla crisi della vita comunitaria.
18. Il discorso sulla comunità non è mai stato così ampio, e mai le nostre comunità così indebolite. Il problema risiede nel fatto che viviamo in tempi di forti individualismi, tempi in cui ognuno cerca il proprio interesse senza tener conto dell’interesse generale. In questo ambiente è molto difficile avviare un progetto di vita comunitaria. Quando la comunità stessa come istituzione è in crisi, è facile capire che lo sia anche la figura tradizionale del leader. Pertanto, è urgente l’emergere di una nuova leadership che apra strade e accompagni all’adozione di un nuovo stile di vita comunitaria.
1.3. Crisi delle strutture
19. Nello stesso modo, è importante considerare che la manifestazione della crisi degli individui è spesso una manifestazione della crisi delle strutture che non rispondono più agli appelli del mondo. Vedendosi senza risposta, i membri entrano in crisi. È molto pericoloso quando la crisi istituzionale si aggrappa a vecchie tradizioni, a princìpi che sono stati consolidati con le esperienze di un certo periodo per rispondere a certe situazioni, ma che, al momento, non servono più e sterilizzano i suoi membri, poiché iniziano ad allontanarsi dalla fonte primaria che è Gesù Cristo, il quale ha riassunto tutta la sua vita e azione nell’amare Dio e il prossimo, e ha fatto del Vangelo un percorso creativo di redenzione e novità.
20. Quando la crisi istituzionale provoca crisi negli individui per mancanza di audacia missionaria e per la mancante capacità carismatica dei suoi membri, i protagonismi appaiono frequentemente. Il protagonismo personale nasce dall’incapacità dell’individuo di percepire il progetto congregazionale come più grande di lui.
21. È importante pensare a una realtà istituzionale più inclusiva del carisma personale che combini meglio i bisogni istituzionali e le capacità personali. Ciò richiede una maggiore vicinanza del leader ai confratelli membri per conoscere i loro doni personali, le loro capacità di costruire progetti che considerino la vita apostolica redentorista e coinvolgano meglio le qualità dei suoi membri. Questa maggiore flessibilità istituzionale, il dialogo tra la leadership e i membri e i progetti chiari, aprono più spazi alla realizzazione personale dei congregati e può combattere anche i protagonismi personali che sono spesso interessanti, ma al di fuori della realtà istituzionale e che, molte volte, possono ostacolare i progetti pastorali delle Unità.
2. “IL DIALOGO ALL’INTERNO DELLA CASA”: LEADERSHIP EVANGELICA
22. La scena di Emmaus evidenzia, oltre alla crisi di fede della comunità, anche la crisi del paradigma del potere dei discepoli riguardo a ciò che si aspettavano dal Maestro, potente profeta e liberatore di Israele, e da ciò che sognavano per se stessi, che non era altro che essere i primi (Mc 10,35-45, Lc 22,24, Mt 20,20-28). Non hanno capito che tra loro non dovrebbe essere così e che chi avesse voluto essere il primo sarebbe dovuto essere il servitore di tutti, lavando i piedi gli uni degli altri (Mc 10,43ss, Gv 13,1-20)).
23. Gesù, lungo la strada, decostruisce le loro visioni messianiche, del messia forte, a partire dal ricordo della propria missione: il suo annuncio della legge e dei profeti, il ricordo delle sue azioni e dei suoi segni, la passione e morte sulla croce. Al crepuscolo, al crocevia, i discepoli prendono una decisione fondamentale: lasciare la loro visione triste e corrotta di potere, i conflitti, il modo di leggere la storia, e invitare il Maestro a entrare nella casa, nella comunità. È lì che Gesù offre loro, in memoria della sua vita, una nuova visione di leadership ispiratrice per coloro che hanno la missione di guidare il gruppo. Nella casa lo riconoscono. Hanno bisogno di tornare in Galilea per capire il percorso della leadership di Gesù.
24. Oggi, anche noi abbiamo bisogno di fare lo stesso: esplorare lo stile di leadership di Gesù nel suo esempio e nell’insegnamento che offre ai discepoli.
Fare la volontà del Padre
25. Gesù era sempre in profonda unione con il Padre: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30). Durante la sua vita non ha fatto altro che occuparsi dell’opera del Padre e annunciare la buona novella ai più abbandonati (cfr. Lc 4,18-19). Questa scelta gli ha arrecato delle conseguenze: il conflitto con l’autorità stabilita, il superamento dell’immagine di un Dio distante dall’essere umano per chiamarlo Abbà, un Dio che salva tutti. Fare la volontà del Padre l’ha messo in crisi sul Golgota davanti all’ora della croce: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42).
26. Se il servizio di leadership non ha quest’armonia con Dio, questo cercare insieme agli altri il discernimento per realizzare la volontà del Padre, può correre il rischio d’essere l’imposizione di determinate volontà personali e un servizio autoritario che possono annullare i fratelli che camminano insieme.
In un progetto comune
27. Gesù non realizza la volontà del Padre da solo. Egli chiama i discepoli all’ascolto della parola e al servizio degli altri. Attraversando le città e i villaggi, insegnando nelle sinagoghe, curando malattie e vedendo il popolo stanco e abbattuto come pecore senza pastore, dice ai suoi discepoli che la messe è abbondante ma che gli operai sono pochi. Egli stesso chiede ai suoi discepoli: “Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!” (Mt 9,38).
28. Il servizio di leadership consiste nel chiamare (e chiamare tutti) a svolgere la missione in favore dei più bisognosi, invocando il nome di Dio, ragione per cui esiste la missione. Diversamente, sarebbe solo un servizio sociale che può essere realizzato da volontari di buona volontà. Convocare i confratelli per la missione significa chiamarli, come corpo missionario, a portare avanti l’opera di redenzione voluta da Gesù.
L’istruzione necessaria
29. Dopo aver convocato i discepoli, Gesù li istruì. Diede loro un programma da seguire e alcune indicazioni sulle difficoltà e persecuzioni e su come comportarsi di fronte ad esse (cfr. Mt 10,5-36).
30. Il leader deve offrire al gruppo una visione concreta delle sfide, offrendo le chiavi ermeneutiche per leggere la realtà in cui ci si trova. Altrimenti, il gruppo può perdersi, deviarsi dal fuoco e mescolarsi con il lievito dei farisei e dei sadducei (cfr. Mt 16,6). Pertanto, il leader deve avere una visione della realtà, l’umiltà di riconoscere i propri limiti e avere i consigli necessari affinché il suo gruppo possa rispondere a ciò che si è proposto di realizzare.
31. Nella vita consacrata, questa istruzione è impartita attraverso la preghiera, lo studio, la condivisione della vita e la conoscenza della realtà, per trovare con il gruppo il modo migliore di rispondere a ciascuna situazione. “Per uno sviluppo efficiente dell’attività missionaria non basta collaborare con la Chiesa, ma occorre anche una conoscenza esatta e pratica del mondo. Con esso perciò i congregati devono aprire con fiducia un dialogo missionario” (Cost. 19).
L’invio missionario
32. Dopo averli istruiti, Gesù invia i suoi discepoli verso le pecore smarrite della casa di Israele, come agnelli in mezzo ai lupi (cfr. Mt 10,6.16). L’invio ha una missione e un contesto molto chiari. Gesù è l’Inviato del Padre, per questo ha l’autorità di inviare.
33. Anche il quarto Vangelo presenta Gesù come colui che è stato inviato dal Padre al mondo per diventare la via, la verità e la vita dell’umanità. Tutta la vita di Gesù è stata una risposta alla sua vocazione missionaria (cfr. Gv 4, 34).[3]
34. Inviare ricorda la kenosis del Padre che manda suo figlio nel mondo e il Figlio che si mette al servizio degli esseri umani. Pertanto, il servizio di guida nella vita consacrata consiste nel dare potere ai confratelli di fare l’esperienza del distacco e della koinonia che si traduce in diakonia profonda per contribuire alla realizzazione del mistero salvifico di Dio.
Una leadership integratrice
35. La leadership esercitata da Gesù è integratrice. Egli incorpora i discepoli come suoi collaboratori nella missione, e fa lo stesso con quelle persone che sono escluse dalla società. La sua modalità di leadership dà autorità (empowerment) alle persone e dà loro autonomia: di vedere una nuova realtà, di liberarsi dalla paralisi sociale, di salvare la vita e la dignità delle persone. Chi guida con autorità dà autorità al suo gruppo e lo rende autonomo, portandolo a cercare nuovi modi di realizzare il suo servizio agli altri.
Al servizio di tutti
36. Gesù si mise al servizio di tutti fino al punto di dare la propria vita nella croce. Non fece distinzione di persone, di classi sociali o di culture. Questo atteggiamento ci insegna che la leadership è servizio, è spendere la vita in favore della missione (dies impendere pro redemptis) e delle persone, e non beneficiarsi del proprio incarico occupato in favore di se stessi e dei piccoli gruppi d’interesse. Guidare rispondendo agli interessi di gruppo frammenta il proprio gruppo, indebolisce l’autorità di colui che lo guida e crea una cultura di privilegi istituzionali che sterilizza di volta in volta l’annuncio del Vangelo.
37. La leadership, nello stile di Gesù, trova la sua sintesi perfetta nel contesto del suo ministero in Gerusalemme, nella preparazione dell’ora della croce. Nella scena la madre dei figli di Zebedeo, la quale chiede che i suoi figli siedano uno alla sua sinistra e uno alla sua destra, il Maestro avverte che dovrebbero bere dal calice che lui sta per bere e che soltanto il Padre può concedere loro il posto. Mette in guardia la sua comunità per non incorrere nei pericoli del mondo: “Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore” (Mt 20,25-27), e conclude con questa frase d’oro: “Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”(Mt 20,28).
Generatore di vita
38. Infine, il leader è in grado di far sì che il cuore della comunità ritorni ad ardere. Gesù lo fece sulla strada di Emmaus con le sue provocazioni ai discepoli che camminavano con lui. In questo viaggio, egli li aiuta a cambiare i paradigmi del potere, a liberarsi dalla crisi della fede teologica, perché il Dio in cui credevano era morto vittima delle forme di potere (potestas) ed era necessario riscoprirlo dal potere della risurrezione.
39. Inoltre, li aiuta a ritrovare la fede in se stessi e nella comunità, facendo che essi trovino un nuovo significato per la missione: “«Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro” (Lc 24,32-33). In questo modo, superano anche la crisi dell’obbedienza e del discepolato, e riconoscono che la comunità è il luogo principale in grado di far rivivere le migliori energie del gruppo, mettendolo al servizio del Regno.
40. In questo modo, la leadership di Gesù è una guida pedagogica, generatrice di vita e di duro lavoro a favore dei piccoli del Padre: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”(Mt 11,25).
3. “CONDIVIDENDO LE SCRITTURE”: LE NOSTRE COSTITUZIONI E STATUTI
41. Sulla strada di Emmaus, Gesù ricorda (facendo passare attraverso il cuore) alla comunità la memoria delle Scritture. Oltre alla nostra ricca tradizione biblica, non possiamo dimenticare la ricchezza delle nostre Costituzioni e Statuti. Pertanto, nel servizio di leadership redentorista è anche necessario bere da queste fonti per cercare nuovi paradigmi per quel servizio ed esercitarlo con fedeltà creativa.
42. Nelle nostre Costituzioni e Statuti dedicati al Governo della Comunità Apostolica si trova alla fine, dopo aver presentato l’opera missionaria della Congregazione, la comunità apostolica, la comunità apostolica dedicata a Cristo Redentore, e la formazione della comunità apostolica. In un certo senso, potremmo essere tentati di dire che le funzioni del governo non siano importanti. Nello spirito delle nostre Costituzioni, la leadership è qualcosa di molto più ampio e complesso della semplice funzione di governare. Così, la leadership occupa l’intera vita del missionario redentorista, permeando tutta la vita apostolica; mentre un governo è transitorio e svolge la funzione non meno importante di animarla. Tuttavia, se la leadership non è nel sangue redentorista, il ruolo del governo sarà molto difficile perché sarà intesa come una funzione di comando e non come un servizio ministeriale al Popolo di Dio, alla Chiesa e alla Congregazione stessa.
43. Il servizio di leadership nello stile redentorista richiede di essere in profonda comunione con Cristo Redentore. Al suo fianco, sperimenta la dimensione profonda della kenosis, del distacco e della gioia nel seguirlo. Così ci si rende capaci di incarnarsi nella storia del suo popolo e dei suoi confratelli, di condividere le loro gioie e dolori, così come portare le croci e sperimentare le ferite derivate dalla stessa azione umana. Allo stesso tempo, ci rende capaci di diventare sacramento, ricordo vivo di redenzione, che porta la comunità a celebrare il memoriale del Signore, il sacramento per eccellenza. Attraverso questa intimità, aiuta i confratelli e le comunità a recuperare nei loro ricordi profonde esperienze di abbondante redenzione, e ad assumerli nella loro storia personale (cfr. Communicanda 1/2017, n.2-3).
44. In questo senso possiamo capire lo stile di leadership di Alfonso, il quale è riuscito a discernere in ogni momento la volontà di Dio soprattutto attraverso la preghiera e il dialogo con i suoi compagni di missione. Nello stesso modo, egli incoraggiò altri confratelli alla leadership: a De Paola a Roma e a Villani a Napoli; a Clemente oltre le Alpi, con i cambiamenti che questo avrebbe portato alla Congregazione.
3.1 Volto del leader in tre dimensioni
45. Dietro il volto di un leader vi è una persona con la sua storia, la sua visione del mondo, con le sue contraddizioni e con il suo desiderio di fare del bene; una persona che è capace di sorridere e piangere, di avere ragione e torto. Dal dialogo sulla strada di Emmaus e dall’esperienza della nostra Congregazione, possiamo fare un ritratto del leader nello stile di Gesù Cristo, che è caratterizzato dall’essere pastore, animatore e amministratore. Queste tre caratteristiche spiccano in Gesù e a partire da esse esercita la sua autorità nella comunità.
a) Pastore
46. L’immagine del leader come pastore è ben nota nella Bibbia e acquista un nuovo significato con Gesù: è colui che entra attraverso la porta; è colui che conosce le sue pecore ed è da loro conosciuto, e che dall’intimità con il Pastore Supremo – il Padre – è in grado di dare la propria vita per loro (cfr. Gv 10,2.14-15). García Paredes afferma che “Gesù ha sviluppato quest’immagine ancor più dalla prospettiva della perichóresis: conosce tutti per nome, si batte per quelli che gli sono stati affidati, nessuno si perderà e se lo perde lo cercherà e lo troverà e poi lo farà una festa. La pastoralità manifesta il profondo interesse personale di Dio per il suo popolo”.[4] In questo contesto, il superiore deve manifestare un profondo interesse per il bene dei confratelli e non solo per alcuni. Deve sempre ricordare di essere un buon samaritano (cfr. Lc 10,30-37) e colui che, molte volte, salverà ciò che è perduto: la pecora, la moneta e il figlio (cfr. Lc 15).
b) Animatore
47. Il leader deve anche essere un animatore, cioè una persona che ha un’anima, vitalità, fede nella vita e che è capace di comunicare il suo entusiasmo (in + theos = avere Dio in se stesso) a tutti. Lo spirito e l’entusiasmo provengono dall’intimità con Dio che gli conferisce la mistica del servizio agli altri, in modo carismatico, e la forza di superare la propria solitudine derivante spesso dal ruolo e dalle sfide che deve affrontare quotidianamente, specialmente quelle più dolorose.
48. Il pastore animato cerca e dà senso a ciò che fa e aiuta il gruppo a scoprire il significato di ciò che fa. Non è forse la mancanza di animazione e di significato che fa sì che tanti confratelli restino in zone di sicurezza e conducano una vita mediocre, dimenticando la vita fraterna e pastorale, o finiscano per lasciare la vita consacrata? Incoraggiare è stimolare il gruppo a cercare e rinnovare la propria vocazione e vedere in essa le provocazioni del Signore che ha fatto sì che ogni membro lasci il proprio luogo di origine, scelga questo stile di vita e dia senso a ciò che fa come consacrato.
49. La funzione di leadership consiste nell’animare i confratelli nella lettura costante dei segni dei tempi e nei movimenti dello Spirito. E ciò avviene, in tutta la Chiesa, nella Vita Consacrata e, per noi Redentoristi, nella ristrutturazione e nella conversione per la missione a cui siamo chiamati in questo momento.
50. Una delle funzioni fondamentali dell’animatore è chiamare i membri della comunità a esercitare una comune responsabilità per la missione che tutti condividono insieme come comunità, così come chiamarli ad essere responsabili della vita apostolica e del ministero che esercitano come parte di quella missione.
b) Amministratore
51. La Congregazione possiede i propri beni che devono essere amministrati dalle (vice)Province per sostenere i confratelli e l’opera evangelizzatrice (cfr. Cost. 144). Ma la più grande ricchezza della Congregazione sono i suoi membri professi, i laici che condividono il nostro carisma, e i feriti di questo mondo, a cui è inviata. Perciò, come pastore e animatore, il superiore è anche il primo amministratore (cfr. Cost. 139).
52. Come amministratore, il pastore deve fare in modo che ogni confratello trovi il posto migliore dove, mettendo i suoi doni al servizio, adempia nella sua vocazione e contribuisca a portare avanti la missione della Congregazione.
53. Allo stesso modo, il superiore deve agire con altre risorse che la Congregazione ha. Proprio una delle maggiori preoccupazioni nel processo di ristrutturazione è la solidarietà economica. Non tutte le Unità o le stesse comunità hanno accesso alle risorse necessarie per il proprio sostentamento e per l’evangelizzazione. Spetta ai responsabili garantire un’equa distribuzione dei nostri beni, consentendo a tutti una vita decente e un’accorta attenzione ai bisogni dei più abbandonati.
54. Nell’impegnativo servizio di leadership, molte volte, oltre alla gestione delle risorse, devono essere gestite altre realtà meno importanti che spesso danneggiano la vita e la missione della comunità, come i conflitti umani. Affrontare i conflitti è emotivamente estenuante e provoca ferite. In generale, nella nostra formazione, non siamo stati addestrati per gestire i conflitti personali e di gruppo. L’arte di risolvere i conflitti richiede pazienza, equilibrio emotivo, dialogo, diplomazia, ferma decisione; e fa parte delle funzioni di leadership quotidiane.
3.2. Principi che regolano la leadership redentorista
55. Questo pastore, animatore e amministratore, percorre le strade di Emmaus e dirige il suo governo e la vita di coloro che sono sotto la sua responsabilità sulla base di principi che presentano le nostre Costituzioni e Statuti.
56. È bene ricordare ora alcuni di quei principi, che sono ampiamente sviluppati nella “Guida pastorale per i Superiori” e che conferiscono valore umano e apostolico alle norme stabilite nei nostri documenti carismatici.
a) L’autorità in funzione della missione (Cost. 1-2; cfr. 54, 97, SG 091)
57. La Congregazione esiste in vista della missione, espressa dalla Vita Apostolica: che comprende allo stesso tempo la vita di speciale consacrazione a Dio e l’attività missionaria dei Redentoristi (cfr. Cost. 1).
58. Le comunità sono stabilite e strutturate in modo da servire e rispondere ai bisogni della missione. Pertanto la missione è il principio più fondamentale e, allo stesso tempo, più generale che richiede tutta l’autorità e tutta l’animazione nella Congregazione. Quest’idea fondamentale permea tutte le nostre Costituzioni e Statuti.
b) Solidarietà e comunione
59. Questo principio afferma l’unità fondamentale che sta alla base della nostra vocazione redentorista. Nessun confratello è prima membro di una certa Unità e poi membro della Congregazione. Al contrario, è prima Redentorista e, solo in secondo luogo, membro di una certa Provincia, Vice-Provincia o Regione. Ciò non invalida il fatto che ciascun confratello si assume concretamente le responsabilità della propria Unità e della sua comunità locale.
60. La solidarietà missionaria è fondamentalmente legata alla comunione ed è molto più che condividere le risorse economiche. È intimamente legata alla condivisione della vita e della missione (cfr. Cost. 21,22) e ci unisce in solidarietà con la partecipazione concreta alla realtà delle vite di coloro ai quali siamo inviati in missione.
c) Corresponsabilità e collegialità
61. Il termine “corresponsabilità” presente nelle Costituzioni evoca questo significato ampio affermando che “tutti insieme, confratelli e superiori, sono corresponsabili e solidali nel compiere la missione apostolica della Congregazione” (Cost. 73). Quindi, la leadership è legata alla capacità di discernimento del gruppo e assume la capacità di rispondere alla chiamata dello Spirito a guidare insieme a favore del Vangelo, nel nostro caso, a favore della copiosa apud eum redemptio. Così, tutto il corpo è chiamato, in comunione con i suoi superiori, ognuno a modo suo (cfr. Cost. 35) ad esercitare questo dono che lo Spirito offre a ciascuno per il bene comune (cfr. 1Cor 12,7).
62. Un altro principio che regola l’esercizio dell’autorità e l’animazione che i superiori devono esercitare nella Congregazione è quello della collegialità. La Costituzione 100 afferma: “I Capitoli e i superiori hanno la potestà ricevuta, per ministero della Chiesa, per governare le comunità e i congregati […] Ma i superiori devono esercitare questa potestà in uno spirito di collegialità, insieme con i Consiglieri, che rappresentano la partecipazione della base al governo.” La collegialità è fondamentale per la comunità redentorista; vale a dire, una comunità di fratelli che lavorano insieme e condividono le loro vite, che costruiscono a partire dal dialogo, e che riflettono e prendono decisioni contando sugli organi di governo e di consulenza che esistono nella Congregazione.
d) Decentramento e sussidiarietà
63. La Costituzione 93 stabilisce che ogni parte, sotto la guida del Governo Generale, deve dirigersi nel modo di governare, coordinare la vita dei confratelli e mantenere l’unità con altre parti della Congregazione e con la Chiesa locale in cui siamo inseriti. Il decentramento include l’idea che il potere e l’autorità nella Congregazione non risiedono solo in una persona, né in un ufficio. Potere e autorità sono distribuiti e condivisi.
64. La sussidiarietà è legata al decentramento e ha come oggetto chiamare i confratelli e le comunità alla responsabilità e alla partecipazione, in ciò che a loro corrisponde, nelle decisioni governative (Cfr. Cost. 94). Non possiamo essere realmente responsabili della vita e del lavoro della Congregazione, o di qualsiasi altra Unità o comunità, se tutte le decisioni che riguardano la vita e il lavoro sono semplicemente imposte dall’alto. In questo senso, vi è una tensione creativa tra decentramento e sussidiarietà che favorisce il dinamismo della nostra vita missionaria incarnata nella diversità multiculturale della Congregazione.
3.3. Leadership personale e comunitaria
65. Quando parliamo di leadership, di solito ci riferiamo a persone specifiche che devono svolgere un incarico pastorale o di governo. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che la società e i credenti, in un’atmosfera di individualismo esagerato, si aspettano da noi una testimonianza di leadership comunitaria.
66. Non solo abbiamo bisogno di persone, ma anche di comunità che, a causa del loro stile di vita e delle relazioni tra i loro membri, siano un riferimento e un modello per le persone che li circondano.
67. È urgente creare nelle nostre comunità un nuovo stile che presenti al mondo un nuovo modo di metterci in relazione e rendere possibile il regno di Dio. Ecco come le nostre Costituzioni ci ricordano:
“La comunità religiosa è per i congregati la prima e fondamentale comunità. Questa però deve essere così aperta al mondo da saper scoprire, attraverso i contatti umani, i segni dei tempi e dei luoghi per rendersi più disponibile alle esigenze dell’evangelizzazione (cfr. Cost. 19). I congregati infatti appartengono in qualche modo anche alle altre comunità, specialmente ai gruppi in cui lavorano.
In questo modo essi non evadono dalla propria comunità, ma partecipano agli altri la gioia del Vangelo da cui sono pervasi, così da divenire fermento del mondo e testimoni viventi della speranza” (Cost. 43).
68. Le comunità stesse, per via dello stile di vita dei suoi membri e per il compromesso nella costruzione del regno di Dio, sono la testimonianza più credibile per gli uomini e donne dei nostri tempi.
3.4. Nuova leadership per la ristrutturazione e il multiculturalismo
69. Per portare avanti la sua opera apostolica, la Congregazione si è dotata di una nuova struttura che, cercando di tenere in salvo il carisma dell’Istituto, si sta adattando alla diversità di ogni missione. La principale novità è incarnata nelle Conferenze e nell’elaborazione di un Piano Apostolico per ognuna di esse, e di un Piano di Riconfigurazione delle Unità che le prepari per le nuove sfide che la missione si propone.
70. Ecco perché, come abbiamo già detto nella Communicanda 1, “la missione della Congregazione non può neanche essere sostenuta senza un buon governo, una leadership e un’amministrazione responsabile delle nostre risorse, in modo da prestare servizio al nostro piano apostolico e di ristrutturazione come Congregazione, come Conferenze, e in ciascuna Unità. Ciò è particolarmente importante in un periodo di diminuzione delle risorse umane. Da come è riportato nelle Decisioni del XXV Capitolo Generale, durante il corso del sessennio il Governo Generale, le Conferenze e i Superiori (V)Provinciali si confronteranno anche con queste questioni di particolare interesse” (cfr. n.54).
71. Questa tappa si presenta particolarmente attraente a causa della novità e della ricchezza che comporta, ma porterà con sé le sfide inerenti alla diversità dei retroterra e delle culture, che richiederanno una nuova mentalità per vivere insieme e portare avanti la missione comune della Congregazione.
72. Atteggiamenti chiave per questa nuova fase sono: corresponsabilità, dialogo, solidarietà, disponibilità personale, obbedienza al progetto comune e fiducia nella presenza del Signore in questo specifico momento della vita della nostra Congregazione.
4. 5 Formazione adeguata per la leadership
73. La maggior parte delle Unità della Congregazione si trova di fronte a una grave mancanza di persone qualificate a essere animatori locali o pastori, e ad una carenza ancora maggiore di persone disposte, che seppur qualificate per la posizione, siano disponibili ad accettare la responsabilità d’essere un pastore o superiore locale.
74. Alcune Unità hanno un qualche tipo di programma organizzato attraverso il quale coloro che esercitano la leadership possono individuare possibili futuri leader. Hanno anche un programma progettato per preparare le persone ad assumere e svolgere questi incarichi.
75. Incoraggiamo, tanto nella Formazione Iniziale quanto nella Formazione Continua, i confratelli che siano istruiti sulle qualità necessarie per essere un Superiore locale, come la capacità di far sì che un determinato gruppo raggiunga il consenso, di svolgere correttamente una consulta senza manipolazione o minaccia, la gestione efficace di un conflitto sorto in una riunione di gruppo, ecc.
76. Sembra chiaro che la leadership richieda un processo di formazione per poter esercitare l’incarico affidato e rispondere alle situazioni che si presentano. Per questo, sia coloro che hanno un dono naturale per la leadership, quanto coloro che sono chiamati ad esercitare un qualche tipo di leadership, hanno bisogno di imparare e sperimentare per diventare dei buoni leader (cfr. Decisione 26, XXV Capitolo Generale).
III. “Il ritorno in galilea”, la sfida di CONDURRE oggi la missione
“Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno»”(Mt 28,10).
77. Gesù, dopo aver percorso tutta la strada con i discepoli, ricordato la passione, morte e risurrezione e condiviso il pane con loro, rende possibile che la comunità cambi la sua visione. Ora sono pronti a continuare la missione. Quindi le parole del Signore: “di questo voi siete testimoni” (Lc 24,48). È ora di mettere in pratica gli insegnamenti del Maestro-ermeneuta. In vista della via di Emmaus, il Signore ci invita a un servizio di guida che ci permetta di essere “testimoni del Redentore: solidali per la missione in un mondo ferito”.
78. Questi sono alcuni ambiti particolarmente sensibili nei quali, oggi, dobbiamo esercitare la leadership.
1. Il processo di ristrutturazione per la missione
79. Il XXV Capitolo Generale ha richiesto che il Governo Generale svolga, in armonia con i Coordinatori e le Unità della Congregazione, il processo di ristrutturazione con tutte le sue implicazioni (cfr. Dec.1). Pertanto, il Governo Generale, in quanto organismo di animazione della vita redentorista, con la partecipazione di tutti i Superiori e degli altri confratelli, deve operare in questa direzione.
80. Il servizio di leadership in questo processo di ristrutturazione deve essere mistagogico e pedagogico. Mistagogico perché deve aiutare i confratelli nel processo di conversione delle menti e dei cuori, di superamento delle paure, di apertura alla novità dello Spirito e alla nuova realtà a cui viene chiamata la Chiesa: essere più semplice, più vicina alle persone, ministeriale e non clericale, e in uscita. La dimensione mistagogica aiuta a recuperare i valori della vita consacrata, ricordando che è sempre esodale. La pedagogia consiste nell’iniziare, insieme alle nuove Unità, processi che facilitano i passi necessari per la riconfigurazione, come la stessa ristrutturazione interna, la coscientizzazione dei confratelli e la ricerca di nuove strutture che siano più agili ed efficaci.
81. Ci sono alcune sfide che devono essere affrontate con i confratelli: aiutarli a riflettere sul cammino della vita religiosa, come sperimentare in prima persona il perdono e la riconciliazione; l’apertura alla solidarietà nella Congregazione e per la missione, come cambiare le strutture pesanti con strutture più agili e inclusive; la vita comunitaria; l’aiuto nel dialogo generazionale; il coinvolgimento dei giovani confratelli nel processo di leadership; la promozione della formazione continua e iniziale inclusiva, dialogica e samaritana; essere creativi nell’annunciare il Vangelo in questi nuovi tempi; il lavoro in rete e la condivisione dei carismi con i laici e con la famiglia Redentorista.
82. Nel documento “Per vino nuovo otri nuovi” della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica si legge: “Un rinnovamento incapace di toccare e cambiare anche le strutture, oltre che il cuore, non conduce ad un cambiamento reale duraturo… Esso richiede l’apertura mentale ad immaginare modalità di sequela, profetica e carismatica, vissuta in schemi adeguati e, forse, inediti”.[5]
2. Il Piano Apostolico e di Riconfigurazione per la missione
83. Considerando il Piano Apostolico della propria Conferenza (cfr. Dec. 5, XXV Capitolo Generale; Communicanda 1/2017), ogni Unità dovrà scegliere le priorità per rispondere fedelmente alla missione e concentrare le proprie risorse umane e finanziarie. I superiori maggiori, insieme ai coordinatori delle Conferenze, i loro consigli e i superiori locali, devono incoraggiare i confratelli a compiere passi concreti nella direzione intrapresa e, allo stesso tempo, trovare i modi più efficaci che favoriscano la leadership delle nuove Unità che siano costituite con lo scopo di agevolare la solidarietà e garantire il buon sviluppo del lavoro missionario.
84. Per tutto ciò il discernimento pastorale è importante. La domanda fondamentale è: dove, come Redentoristi, dovremmo essere localizzati e che cosa ciò implica? Rispondere a questa domanda richiede da noi molto realismo, coraggio, fare delle scelte chiare, concrete e audaci, soffermarci sull’essenziale, concentrare le forze formando un unico corpo missionario e lasciare luoghi in cui la nostra presenza non è più essenziale. Dobbiamo superare il concetto di grandi territori pastorali e assumere il concetto di presenza qualificata e trasformatrice. La nostra azione deve cambiare la realtà in cui siamo. Questo esige da noi maggiore chiarezza nei nostri progetti pastorali. In questo senso, i nostri capitoli e le nostre assemblee devono essere più audaci, propositivi e obiettivi. Avremo il coraggio necessario di chiederci dove sono le periferie nelle nostre Unità? Saremo disposti a mostrare la nostra disponibilità missionaria?[6]
3. Accompagnamento alle comunità cristiane
85. Come missionari abbiamo ricevuto l’incarico di accompagnare il Popolo di Dio nella sua vita di fede, annunciando il Vangelo con il nostro sigillo carismatico e celebrando i sacri misteri con i fedeli a cui siamo inviati.
86. È urgente formare religiosi e laici che condividano la nostra missione in uno stile di guida che accompagni col dialogo e il rispetto profondo le persone a noi affidate, creando così comunità vive e impegnate in cui nessuno è più importante di altri e in cui ognuno trova il suo posto.
87. Abbiamo bisogno di leader che “perdano il loro tempo” camminando con la gente, condividendo lotte e speranze, godendo e soffrendo con le gioie e le sofferenze del loro popolo.
5. Discernimento comunitario e Progetto di Vita Comunitaria
88. Oggi, una delle sfide per la leadership è quella di aiutare i confratelli a fare un buon discernimento comunitario. La Costituzione 38 ci illumina in questo senso: “questa unione di volontà in Cristo, questa reciproca stima, permette di scegliere con facilità ciò che è richiesto dal bene comune in ordine alla carità fraterna e al lavoro missionario”.
89. Non è facile fare un discernimento comunitario se non vi è nelle varie comunità (vice)provinciali un Progetto di Vita Comunitaria (di seguito indicato con PVC). Il XXV Capitolo Generale afferma che il Governo Generale offrirà degli orientamenti per la sua elaborazione, sebbene offra già alcune linee guida importanti: “Il PVC presterà particolare attenzione alla solidarietà comunitaria, alle riunioni della comunità, ai tempi di preghiera, ai ritiri mensili e annuali, così come all’esame di vita. A tutte le comunità della Congregazione verrà chiesto di attuare questo progetto” (Dec. 21). Il PVC è un modo corresponsabile che la comunità ha di esercitare la propria leadership, aiutando i superiori locali e maggiori nella loro missione di incoraggiare l’opera missionaria. Pertanto, chiediamo che tutte le comunità della Congregazione abbiano il proprio PVC. Le Linee Guida del Governo Generale arriveranno alle comunità nelle prossime settimane.
6. Accompagnamento della Formazione iniziale e animazione della Formazione continua
90. I superiori sono i primi promotori, tanto della formazione iniziale quanto della formazione continua. Nel caso della formazione iniziale, il superiore deve scegliere formatori qualificati, far rispettare i programmi di formazione, visitare le case di formazione e accompagnare i processi in ogni fase (Cfr. Cost. 82-83; Guida pastorale per i superiori, 2002, p. 31-32).
91. Se la formazione iniziale è garantita nella Ratio Formationis e dai Programmi di Formazione delle Unità, non si può dire lo stesso della formazione continua. Abbiamo molte difficoltà nel campo della formazione continua: mancanza d’interesse, carenza di programmi concreti e pedagogici a livello di comunità e personale.[7]
92. Nella vita consacrata non possiamo delegare la responsabilità soltanto per la formazione iniziale[8]. La Ratio Formationis ci ricorda che “la formazione è per i redentoristi un cammino continuo fino al termine della vita e non tanto dei passi disarticolati… La teologia e la spiritualità che danno fondamento alla nostra vita religiosa è la stessa in tutte le tappe” (RF 9).
93. Amedeo Cencini ci dice che “è anche importante riflettere sulla responsabilità che il sacerdote e la persona consacrata hanno davanti alla comunità dei fedeli di cui sono servitori; per loro, entrambi devono prendersi cura della formazione permanente”.[9] Questo è un compito e una responsabilità molto redentorista! In questo senso, la Costituzione 90 chiede a tutti i congregati e ai superiori (maggiori e locali) l’impegno di formarsi e di promuovere la formazione in diverse aree, provinciali e comunitarie, per un rinnovamento spirituale, scientifico e pastorale.
94. I superiori maggiori e locali promuovano formazioni, incoraggino, e facilitino la partecipazione dei confratelli in diversi modalità formative. La formazione accademica e specialistica è importante e deve formare parte del nostro curriculum per servire meglio. Vi è però un’altra formazione molto importante che è quella di aiutare i confratelli all’integrazione, nella vita spirituale e nella discussione dei problemi della realtà per offrire loro una visione critica, per aiutarli ad avere “una conoscenza esatta e una esperienza del mondo” (Cost. 19), e per facilitare loro il discernimento pastorale.
6. Corresponsabilità, lavoro in squadra e in rete
95. Sebbene viviamo in comunità, spesso abbiamo difficoltà a lavorare in gruppo con i nostri confratelli e anche con altre persone dell’ambiente in cui svolgiamo il ministero. I nostri progetti pastorali dovranno essere condivisi con altri partner: laici, altre congregazioni, in particolare quelli che fanno parte della famiglia redentorista, e altre istituzioni, per evitare il rischio di ripetere la crisi dei grandi progetti congregazionali isolati che sono scomparsi nel corso della storia, spesso perché autoreferenziali. È necessario lavorare in rete e assumere nuovi modi di annunciare il Vangelo. In questo senso, la ristrutturazione per la missione ci porta a lasciare le nostre zone di comfort, a espandere le nostre reti e a realizzare progetti missionari comuni (cfr. Dec.7, XXV Capitolo Generale).
96. Molte volte succede che non siamo disposti a dialogare, a fare proposte, a cercare accordi e in questo modo perdiamo delle opportunità importanti. Preferiamo creare lo stesso nelle nostre Unità, invece di unirci ad altre che hanno lo stesso tipo di esperienza pastorale. Quindi, ripetiamo le cose, ci frammentiamo sempre di più e perdiamo la capacità di annunciare il Vangelo in modi diversi e con un impatto maggiore.
7. Salvaguardia, protezione di persone vulnerabili e abuso
97. La decisione n. 28 del XXV Capitolo Generale ha deciso che ogni Unità della Congregazione rediga delle procedure per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, così come anche un protocollo per affrontare le eventuali accuse che dovessero insorgere. È importante che i superiori maggiori tengano conto di tutti i documenti prodotti dalla Santa Sede, dalle Conferenze Episcopali, dalle Conferenze dei Religiosi e dalle istituzioni civili. È dovere, come Congregazione, la protezione delle persone vulnerabili e agire e proteggere i diritti legittimi di quelli che accusano e di coloro che sono accusati. Per questo motivo, è importante promuovere un lavoro di consapevolezza e di un dialogo trasparente che inizi con la formazione iniziale nelle nostre comunità ed anche con tutti i nostri collaboratori.
98. Papa Francesco ha insistito sulla tolleranza zero. Per lui, insieme all’abuso sessuale, si verificano altri abusi: quello del potere attraverso lo stato clericale o religioso, quello finanziario che compra il silenzio delle vittime, e quello morale, attraverso l’imposizione della paura. La lettera ai vescovi del Cile, il discorso di Natale alla Curia Romana e ai Vescovi Americani in occasione della sua assemblea, evidenziano il buon posizionamento e l’intenzione di Francesco di rompere con la visione dell’occultamento e con la cultura dell’abuso che è una ferita alla credibilità della Chiesa[10]. Affrontare questo problema in modo responsabile e trasparente risponde fedelmente al Vangelo.
8. Amministrazione dei beni: trasparenza e responsabilità
99. Amministrare i beni della Congregazione in modo che rispondano al loro scopo, questa missione, è molto importante. È essenziale stare all’erta perché l’uso e l’amministrazione dei nostri beni siano trasparenti. Oltre alle esigenze fiscali dei governi di ogni paese, per noi, la cura, la trasparenza e la responsabilità sono segni della nostra testimonianza, onestà e credibilità davanti al popolo di Dio che, con la loro gentilezza e generosità, ci aiuta. Non possiamo permettere che la corruzione economica si insinui nelle nostre comunità e istituzioni, e cominci a trasformarsi in un ethos che ci corrompa, compri le persone e diventi fonte di tanti abusi di potere. Pertanto, è essenziale che ognuno promuova, ovunque agisca, la trasparenza nell’uso dei beni, e sia responsabile nella loro cura.
9. Leadership dei confratelli giovani
100. Avviene sempre più spesso nella nostra Congregazione il distanziamento tra i confratelli adulti e quelli più giovani a causa del divario generazionale. Molte volte, questa situazione è fonte di conflitto nelle nostre comunità religiose. Da un lato vi sono i confratelli più adulti che hanno una lunga memoria della vita della (vice)Provincia, dei diversi lavori che hanno esercitato e persino delle funzioni di leadership; e dall’altro, i giovani che arrivano e che hanno altri tipi di esperienza, modi di concepire il mondo, di riflettere, di pensare e di lavorare, e che usano nuove tecnologie e nuovi linguaggi. Questa tensione, in molti casi, crea due gruppi isolati che perdono la ricchezza del complemento, e delle tensioni nell’esercizio del potere. È importante che i superiori maggiori promuovano i meccanismi che portino le generazioni a dialogare e a percepire la ricchezza di ciascuno, e su come possono arricchirsi a vicenda.
101. Nello stesso modo, è importante che le Unità coinvolgano i fratelli più giovani nell’esperienza della leadership e li aiutino a capire che si tratta di un ministero che deve essere esercitato con gratuità, spiritualità e pastorizia senza interessi personali. Come ci ricordano Le Orientazioni “Per vino nuovo otri nuovi” : “Si riscontra nei giovani una disponibilità alla trascendenza, una capacità di appassionarsi per cause di solidarietà, di giustizia, di libertà. La vita religiosa, con i suoi stili standardizzati – troppo spesso fuori contesto culturale – e l’affanno forse eccessivo per la gestione delle opere, rischia di non interpretare il desiderio più profondo dei giovani. Questo crea un vuoto che rende sempre più difficile il ricambio generazionale e troppo faticoso il dialogo intergenerazionale”.[11]
102. In questo contesto, dobbiamo ricordare le parole della Regola di San Benedetto Abate: “spesso, è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore” (Regula Benedicti, III,3). L’esperienza di vita e la conoscenza degli adulti, così come l’audacia e l’entusiasmo dei più giovani, sono elementi importanti per una leadership dialogica ed equilibrata.
10. I Fratelli nel processo di leadership
103. È importante che i superiori non dimentichino di promuovere la vocazione del Fratello religioso e anche il modo in cui questi possa esercitare la sua leadership. In questo senso, la decisione 27 del XXV Capitolo Generale afferma che: “Il Governo Generale cercherà i modi per garantire che ai fratelli sia data la stessa possibilità di esercitare tale corresponsabilità nella leadership presso l’Unità, nella Conferenza, e a livello di Governo Generale”. Questa visione deve essere attuata, a cominciare dalle comunità religiose. La figura del Fratello religioso ha subìto trasformazioni qualitative ed è importante che i superiori creino spazi affinché anche loro possano offrire, all’interno delle proprie competenze, il loro contributo al servizio pastorale, all’animazione e all’amministrazione nella Congregazione.
11. Promuovere la leadership dei laici
104. Dal Vaticano II, il protagonismo dei laici è stato accentuato. La Congregazione si sta aprendo a questo in forma graduale e, poco a poco, i laici partecipano alle nostre istanze decisionali. La partecipazione al Capitolo Generale, nelle Assemblee delle Conferenze e nei Capitoli e Assemblee di alcune Unità sono spazi privilegiati. Tuttavia, sono ancora molto timidi, poiché la partecipazione è ridotta a una mera presenza senza capacità decisionale. È importante estendere questo lavoro con i laici, affinché possano essere imbevuti del nostro carisma e partecipare più attivamente alla nostra vita, addirittura a livello di decisioni. I laici che hanno un’intensa vita spirituale, la formazione e l’amore per la Congregazione possono aiutarci nel processo di leadership, per mantenere vivo il carisma e per diffonderlo oltre i nostri tradizionali lavori missionari.
12. Capitoli, Assemblee e Consigli
105. I Capitoli, le Assemblee e i Consigli sono forme corresponsabili di esercizio della leadership nella nostra Congregazione. Sono strumenti di decisione per il governo nella vita consacrata. È importante che i superiori maggiori aiutino i Capitoli, le Assemblee e i Consigli a essere più obiettivi e proattivi nelle loro decisioni. Molte decisioni rimangono per essere dei semplici buoni consigli; altre per i governi (vice)provinciali risultano impossibili da mettere in pratica. Di conseguenza, è di vitale importanza che coloro che svolgeranno questo servizio capitolare, nelle assemblee o nei consigli, si preparino, dialoghino con altri confratelli, e conoscano bene i contesti in modo che molte decisioni siano più plausibili ed eseguibili. Allo stesso modo, i superiori maggiori e i loro consigli devono applicare le decisioni per il bene maggiore della (vice)provincia, anche nel caso in cui abbiano visioni discordanti.
13. Garantire le transizioni necessarie per il bene della missione
106. La leadership che ha “visione” è in grado di considerare il lavoro degli altri, in particolare quello dei loro predecessori. Nelle nostre comunità, molte volte la discontinuità dei processi pastorali in corso è un problema. Tutto è trasformato, tutto torna a zero; sembra che colui che arriva abbia bisogno di lasciare la sua impronta. Dobbiamo rompere con questa visione e dare continuità alle buone iniziative pastorali, per migliorarle e qualificarle.
107. È importante, quando ci sono cambiamenti nei nostri diversi campi di attività pastorale, avviare processi di transizione in modo responsabile, perché chiunque assuma la nuova missione possa continuare nel miglior modo possibile. Preparare una transizione significa “lasciare la casa organizzata”, senza debiti, informando sulle questioni essenziali che sono pendenti e che richiedono attenzione. Dunque, è importante che, sempre, nell’ultimo semestre di ogni quadriennio, tutti i confratelli che esercitano la funzione di leadership possano preparare i processi di transizione per garantire la qualità del servizio che offriamo al popolo di Dio.
14. Assenza e uscita dei confratelli
108. Alla fine di questa Communicanda, qualcosa di non meno essenziale, ma che deve farci riflettere, è la quantità di confratelli che hanno richiesto il permesso di assenza o hanno lasciato la Congregazione negli ultimi tempi. La richiesta di assenza, che è un diritto, deve essere molto ponderata dai superiori, e il confratello deve essere aiutato, specialmente se sta attraversando le sue “notti oscure”. Quando si rilascia un permesso di assenza, è importante accompagnare la persona, specialmente quando si tratta di discernimento vocazionale. I tanti confratelli che ci lasciano e vanno nelle diocesi devono farci riflettere sul valore della vita consacrata. In molti casi, sembra che non vi sia differenza alcuna tra l’essere religioso o l’essere diocesano. Qual è la qualità della vita consacrata che stiamo vivendo nelle nostre Unità? Com’è la nostra fraternità e vicinanza con chi vive i suoi momenti di crisi interna? Molte volte conosciamo la situazione in cui vive il confratello e non interveniamo. E vi è chi nemmeno si lascia aiutare, anche quando la comunità religiosa gli offre il sostegno necessario. Questi sono problemi che non possono passare inosservati a chi svolge la funzione di pastore, animatore e amministratore della comunità.
IV. Conclusione
109. Questa Communicanda cerca di incoraggiare i confratelli nella missione di leadership in questi nuovi tempi vissuti dalla Congregazione. Deve aiutarci, insieme alle decisioni del XXV Capitolo Generale, ad essere “testimoni del Redentore: solidali per la missione in un mondo ferito” con le sue urgenze e i suoi appelli, e con la necessità di leader che possano incoraggiare il popolo di Dio. Possa il Maestro – ermeneuta e compagno guidarci attraverso le vie di Emmaus della Congregazione e aiutarci a trovare nuovi paradigmi di leadership e, condividendo con noi il pane, far brillare i nostri occhi e ardere i nostri cuori, affinché siamo leader carismatici e discepoli nel suo stile, facendo sempre la volontà del Padre.
110. I superiori maggiori, i coordinatori delle conferenze, i superiori delle comunità, i formatori sono chiamati a incoraggiare tutti i confratelli, soprattutto quelli in fase di formazione, a questo bellissimo e impegnativo processo in cui la Congregazione è chiamata a continuare a rispondere alla chiamata dello Spirito. Non abbiamo paura! Ogni confratello, per corresponsabilità, per il suo totale impegno nella missione di Gesù Cristo e l’abnegazione della croce del Signore, e per la sua profonda disponibilità, è chiamato a essere segno della forza della risurrezione di Cristo (cfr. Cost. 51) e della sua nuova vita che ci chiede di dare nuove risposte a questi tempi. Inoltre, i laici Redentoristi e tutti i membri della Famiglia Redentorista sono coinvolti in questo processo e sono invitati a pregare lo Spirito perché ci aiuti a prendere le migliori decisioni per questo momento.
111. Che Maria, Madre della speranza, il nostro perpetuo soccorso, ci faccia uscire per proclamare le meraviglie della Redenzione e, attraverso la nostra buona e attiva leadership, visitare e guarire con la forza dello Spirito e del Redentore le ferite di questo mondo, nelle nostre Unità e comunità, e nei nostri confratelli. Tutti insieme, come “apostoli di fede robusta, di speranza gioiosa, di ardente carità e di ardente zelo” (cfr.. Cost. 20), porteremo a termine con successo questa missione di ristrutturare noi stessi per la missione e di rivitalizzare la nostra vita consacrata in modo da diventare memoria incarnata e trasformatrice della redenzione che ci è pervenuta in Gesù Cristo.
In nome del Consiglio Generale,
Vostro fratello nel Redentore
P. Michael Brehl, C.Ss.R
Superiore Generale
Roma, 25 febbraio 2019
Anniversario dell’Approvazione delle Congregazione e della Regole
[1] CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA. Il Servizio dell’autorità e l’obbedienza. Faciem tuam, Domine, requiram. Istruzione (2008), n. 13.
[2] Cfr.. SUPERIOR GENERALIS. Elezioni per il Governo nella Congregazione del Santissimo Redentore, Roma, 14 maggio 2014. Festa di S. Mattia. Prot. N° 0000 078/2014. E lettera del Superiore Generale (20 maggio 2018), Prot. N. 0000 070/2018.
[3] Cfr. García Paredes, José Cristo Rey. “El reto del liderazgo en la vida consagrada”. UISG – Bollettino nº 149, 2012, p. 26.
[4] García Paredes, José Cristo Rey. “El reto del liderazgo en la vida consagrada”. UISG – Bollettino n° 149, 2012, p. 30.
[5] CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA. Per vino nuovo otri nuovi. Dal Concilio Vaticano II la vita consacrata e le sfide ancora aperte. Orientamenti. Città del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 2017, n. 3.
[6] Cfr. Messaggio del XXV Capitolo Generale, n.9.
[7] Cfr. CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA. Per vino nuovo otri nuovi, n. 35, p. 68-69.
[8] Cfr.. CENCINI, Amedeo. La formación permanente. 4ªed. Madrid: San Pablo, 202, p. 39.
[9] CENCINI, Amedeo. La formación permanente, p. 54.
[10] FRANCISCO. Felicitaciones navideñas de la Curia Romana.
http://w2.vatican.va/content/francesco/es/speeches/2018/december/documents/papa-francesco_20181221_curia-romana.html; L’OSSERVATORIO ROMANO. La cultura dell’abuso una ferita alla credibilità della Chiesa. Anno CLIX n.2 (48.030), 04.01.2019, p. 4-5.
[11] CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA. Per vino nuovo otri nuovi, n. 12, p. 35.
Communicanda 2-IL SERVIZIO DELLA LEADERSHIP NELLO STILE DI GESÙ CRISTO PDF