Il volto del Santo

0
1353
Fig. 2 - Rinn F., Clemente M. Hofbauer (Ritratto acquerello)

Il volto di s. Clemente Ma Hofbauer

Nota sulla prima iconografia

Al suono delle campane dell’Angelus, il 15 marzo 1820, moriva s. Clemente Maria Hofbauer. Rivestita la salma con l’abito redentorista, una stola violacea, ricamata con i simboli della passione, e la berretta, fu traslata nella vuota abitazione del cappellano delle Orsoline per agevolare le visite di compianto. Velocemente la triste notizia si sparse per tutta Vienna e una folla di devoti si accalcò per porgere al Santo l’estremo saluto.

A tarda notte, scemato il flusso dei visitatori, il gesuita p. Friedrich Rinn, uno dei ferventi seguaci del Santo, si accinse a dipingerne il ritratto, apponendovi in fondo la frase dell’Ecclesiastico: “Beati qui te viderunt, et in amicitia tua decorati sunt” (Sir 48,11).

Fig. 1 – Rinn F., Clemente M. Hofbauer (15 marzo 1820)

Da questo dipinto (Fig. 1), come ha annotato il p. Michele Haringer (Vita del beato Clemente Ma Hofbauer, Roma 1888, 332 nota 4), è nata quasi tutta l’iconografia di s. Clemente Maria Hofbauer.

Questa, però, non era la prima immagine del Santo dipinta dal p. Rinn. Infatti, egli lo aveva già ripreso quando era ancora in vita. Si tratta di un piccolo disegno acquerello su cartoncino, conservato nell’Archivio della Provincia Redentorista di Vienna (Fig. 2).

Mentre nel ritratto del 15 marzo 1820, si contempla il Santo nel quieto riposo della morte, nell’acquerello è raffigurato in posa, probabilmente seduto, con la testa rivolta all’osservatore e con la mano sinistra sul braccio desto che poggia su un tavolo immaginario. L’assenza della corretta anatomia del busto e la poca definizione del volto e della mano, induce a supporre che si tratta di un bozzetto, in vista di un successivo dipinto definitivo. Probabilmente il Rinn ha stilato velocemente il Santo, più attento a cogliere le specifiche morfologiche della testa e l’espressione del volto che a curare la correttezza formale.

Fig. 2 – Rinn F., Clemente M. Hofbauer (Ritratto acquerello)

In entrambe le raffigurazioni, comunque è possibile notare che l’espressione del Santo è serena e sorridente. Una caratteristica questa che diversi testimoni al Processo di Canonizzazione hanno tenuto a ricordare. Fra le tante, suor Giacoma de Welschenau, ha sottolineato che: “Sul suo sembiante era impressa un’amabile serietà, una tranquilla allegrezza, ed una pace non disturbata da veruna passione” (Haringer M., o.c., 340).

Dall’iconografia successiva è possibile riscontrare che gli artisti non sempre si sono rifatti solo all’ultimo lavoro del Rinn. Infatti, qualche decennio dopo la morte di s. Clemente, il canonico E. Von Unkrechtsberg, oblato della Congregazione redentorista, commissionava un ritratto avente come riferimento l’acquerello, inviato in foto all’artista Joseph von Führich (1800-1876). Questi, denominato “Il teologo con le matite”, era il più importante esponente in Austria della corrente pittorica dei Nazareni e, dal 1840, professore di composizione storica all’Accademia di Vienna.

Il Von Unkrechtsberg, nella sua missiva, specificava che, nell’acquerello, “ad eccezione, forse, dei capelli, che sono troppo corti e troppo grigi” il “Servo di Dio” era raffigurato con l’inconfondibile lucentezza che aveva prima della morte (Cf. Monumenta Hofbaueriana, XII, 1939, 59).

Fig. 3 – Petrak A., Clemente M. Hofbauer (Incisione)

Esclusa l’incisione di A. Petrak, del 1864 (Fig. 3), che riprende pedissequamente il ritratto del 1820, nei lavori degli artisti successivi, tra i quali: H. Windahausen Jr, H. Burkhardt, G. Gagliardi, solo per citarne alcuni, è possibile verificare che tutti hanno preso a modello le due opere del Rinn, in alcuni casi singolarmente, in altri fondendole in un’unica composizione.

Se dai due ritratti del p. Friedrich Rinn è possibile conoscere i tratti somatici e l’espressione più caratteristica di s. Clemente, dalla dettagliata descrizione della sua prima seguace viennese, Giuseppina Biringer, ci è dato di conoscere anche i connotati della statura fisica, del portamento e dell’abbigliamento. Così la Biringer ha testimoniato al Processo di Canonizzazione: “Egli fu di mezzana statura e di robusta corporatura, il petto e le spalle ebbe larghe, il collo alquanto corto, la testa rotonda e ben formata, il volto piuttosto rotondo che oblungo. Quantunque conservasse sempre un contegno dignitoso, era però amabile e sorridente. Gli occhi teneva ordinariamente socchiusi; ma quando parlava di qualche verità della fede, allora usciva dai medesimi uno splendore a guisa di lampo. Camminava diritto della persona, solo il capo teneva alquanto ripiegato in avanti. Quantunque egli poco mangiasse, e fosse inoltre oppresso da continue fatiche, pure non poteva dirsi macilento; e sebbene lo si scorgesse subito per uomo forte ed energico, né il portamento del corpo, né altro suo movimento aveva punto di altero. Vestì sempre l’abito della sua Congregazione; nell’estate un mantello di panno leggero di color nero col collarino alzato, il quale mantello soleva avvolgerlo alquanto intorno alla persona perché non si vedesse il rosario che ordinariamente teneva in mano; nell’inverno portava un ferraiolo di panno turchino. Il capo, anche andando per le pubbliche strade, aveva coperto con una semplice calotta nera in forma di papalina. Aveva i capelli neri, e negli ultimi anni alquanto grigi” (Haringer M., o.c., 338)

pp. A. Marrazzo CSsR – A. Owczarski CSsR