Laudate deum: c’è un futuro per la vostra speranza?

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Otto anni dopo la pubblicazione della Laudato Si’, torna la voce profetica di Papa Francesco sul grave problema ambientale. Più che un problema sociale, per Francesco è una questione che tocca profondamente l’identità umana nelle sue relazioni, così come la sopravvivenza concreta dell’umanità in questo mondo; una questione che non riguarda un futuro lontano, ma un presente in cui stiamo concretamente soffrendo le conseguenze di una crisi. Laudate Deum, la nuova esortazione apostolica, è piuttosto breve (solo 73 paragrafi) e ha un carattere pragmatico-pastorale, senza perdersi in riflessioni alte, ma toccando concretamente la realtà.

Francesco si rende conto che, nonostante le molte voci autorevoli che hanno affrontato la questione negli ultimi anni, purtroppo non sono stati compiuti i passi necessari per arginare il peggioramento della situazione e per realizzare il necessario cambiamento di mentalità e di paradigma. Anche con tanti sforzi per risolvere la disinformazione e l’ovvietà delle evidenze, ci sono ancora tanti racconti disarticolati e “fake news” che circolano per sostenere o minimizzare il problema e le conseguenze sempre più gravi del riscaldamento globale.

In questo breve articolo, ci limiteremo per ora a presentare la riflessione papale in modo molto sintetico, con l’obiettivo di avviare dialoghi futuri. Cercheremo di presentare i punti principali che abbiamo appreso dalla lettura dell’esortazione apostolica e, alla fine, offriremo un brevissimo commento critico.

Elementi principali

Danno irreversibile?

Piuttosto che una lettura pessimistica o ottimistica dell’attuale fase della crisi ambientale in cui ci troviamo, Francesco privilegia un’analisi prevalentemente realistica (nn. 5-19). Nonostante i vari fenomeni di disinformazione che sono ancora molto diffusi a vari livelli sociali, compresa la Chiesa, gli effetti della crisi ambientale sono chiaramente percepiti con una forza mai sperimentata prima.

Così, ci rendiamo conto che molti dei danni già causati dall’azione umana non possono più essere riparati nel breve termine. L’acidificazione delle acque degli oceani, l’aumento della loro temperatura e del loro volume, lo scioglimento dei ghiacciai, i periodi di siccità più intensi e l’irregolarità delle precipitazioni, ecc. sono chiari esempi di questo danno che, per essere recuperato, non richiederà decenni, ma secoli.

Il realismo di Francesco sull’argomento spinge a una sensibilizzazione mirata e razionale, che chiama davvero alla responsabilità per il futuro della Creazione. Si tratta quindi di una lettura equilibrata che tiene conto della complessità dei danni già causati e delle possibili azioni pratiche da intraprendere, tenendo presente l’urgenza dettata da un possibile punto di non ritorno, già molto vicino sotto molti aspetti.

Il paradigma tecnocratico

A nostro avviso, il punto nodale etico-morale dell’esortazione apostolica risiede nella consapevolezza che ciò che Francesco aveva già chiaramente nominato e concettualizzato nella Laudato Si’ ovvero il paradigma tecnocratico che è ancora presente e in crescita. Questa nefasta ideologia, che è utilitaristica e distorce la realtà, impone una visione del mondo che genera sfruttamento e scarto, soprattutto per le realtà più fragili e abbandonate. Si basa su una falsa visione che idolatra una certa comprensione della tecnologia e del mercato dalla quale, a sua volta, scaturisce una forma di esercizio del potere che genera morte.

Il Papa ci esorta quindi a ripensare l’esercizio del potere per combattere questa nefasta posizione ideologica, recuperando al suo posto forme di relazione sane ed equilibrate, in cui gli esseri umani si riconoscono nella loro fondamentale correlazione di comunione con ogni realtà creata. Ripensare le dinamiche dell’uso del potere umano richiede una sana riflessione sui suoi limiti reali, così come sulla stessa identità umana e sulla sua responsabilità per il futuro della propria specie e del mondo.

Disarticolazione della politica globale

Nella Laudate Deum, Francesco tocca anche il problema attuale della crisi dell’articolazione politica globale. Nonostante l’attuale quadro di globalizzazione, le recenti crisi economiche e pandemiche, invece di portare a nuove forme di azione multilaterale tra i vari governi, hanno finito per far emergere movimenti unilaterali nazionalisti e ultranazionalisti latenti e posizioni estremamente segnate da visioni di individualismo dannoso. Ciò ha prodotto un contesto che rende inefficace o impossibile l’azione degli attuali organismi multinazionali di dialogo istituzionale.

Occorre quindi un ripensamento urgente della multilateralità della politica globale, ossia un dialogo efficace e impegnato tra le varie forze politiche mondiali, che valorizzi anche l’azione dei vari organismi presenti nella società civile, al fine di costruire il bene comune, applicando principi fondamentali come la solidarietà tra i popoli e la sussidiarietà, tenendo sempre presente il carattere irrinunciabile della dignità umana.

In modo molto concreto, questo evidenzia anche l’inefficacia pratica delle numerose conferenze globali sul clima. Anche se c’è la buona volontà di tanti uomini, donne e organizzazioni attive, ma mancano la volontà politica e l’azione concreta, gli accordi stipulati rimarranno inattuati, come semplici lettere su una carta. Riguardo alla COP28, che si terrà a Dubai, Francesco scrive:

Se c’è un sincero interesse a far sì che la COP28 diventi storica, che ci onori e ci nobiliti come esseri umani, allora possiamo solo aspettarci delle forme vincolanti di transizione energetica che abbiano tre caratteristiche: che siano efficienti, che siano vincolanti e facilmente monitorabili. Questo al fine di avviare un nuovo processo che sia drastico, intenso e possa contare sull’impegno di tutti. Ciò non è accaduto nel cammino percorso finora, ma solo con un tale processo si potrebbe ripristinare la credibilità della politica internazionale, perché solo in questo modo concreto sarà possibile ridurre notevolmente l’anidride carbonica ed evitare in tempo i mali peggiori (LD, 59).

Una spiritualità che ripensa l’umanità

Francesco termina la sua esortazione apostolica proponendo una visione di spiritualità di comunione, che parte da una comprensione dell’identità umana come relazione. L’eredità che abbiamo ricevuto, basata sulla valorizzazione e sulla centralità dell’essere umano nella Creazione, è oggi provocata a riscoprirsi in modo situato. Non c’è più spazio per una lettura antropocentrica totale, ma piuttosto è necessario un certo indebolimento salutare di questa centralità umana, aprendosi alla comunione con la grande sinfonia del creato, di cui Dio è il maestro d’orchestra.

Infatti, «noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile». Questo non è un prodotto della nostra volontà, ha un’altra origine che si trova alla radice del nostro essere, perché «Dio ci ha unito tanto strettamente al mondo che ci circonda, che la desertificazione del suolo è come una malattia per ciascuno, e possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione». Così mettiamo fine all’idea di un essere umano autonomo, onnipotente e illimitato, e ripensiamo noi stessi per comprenderci in una maniera più umile e più ricca (LD, 67-68).

Infine: «”Lodate Dio” è il nome di questa lettera. Perché un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso» (LD, 73).

Un breve commento conclusivo

Un’esortazione breve, ma profonda. Non perché sia composta da alte citazioni teologico-accademiche, ma per la sensibilità di un pastore che comprende di essere responsabile non solo del suo gregge diretto, ma della vita e della ricchezza di una Creazione ricevuta come Dono da Colui che ha creato tutto e ne ha riconosciuto l’intrinseca bontà. Francesco incarna ancora una volta ciò che è stato definito come la missione della Chiesa in Gaudium et Spes, n. 1, e che non dovrebbe essere mai scordato: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (GS, 1).

La sensibilizzazione e l’azione sulla questione ambientale sono urgenti. Stiamo soffrendo sempre più intensamente per i danni causati da un rapporto utilitaristico con il creato, soprattutto nell’ultimo secolo. Il recentissimo studio Copernicus ha rivelato che il settembre 2023 è stato il mese più caldo mai registrato.

L’aggiornamento della Laudato Si’ proposto da Francesco nell’ottavo anno della sua pubblicazione invita ogni essere umano di buona volontà a impegnarsi profondamente nella costruzione del bene comune, una realtà che negli ultimi tempi ha perso la sua presa sul cuore umano. Da un punto di vista sociale, viene messa in luce il disgregarsi della politica che stiamo vivendo e la necessità di ripensare l’identità umana di fronte a tante sfide reali, così come le nostre azioni nel mondo e il nostro esercizio del potere nelle relazioni allargate.

Il cuore di teologo morale redentorista di chi scrive, spera che la Laudate Deum sia l’inizio di riflessioni e, soprattutto, una provocazione all’azione pratica per il bene comune che coinvolge ognuno di noi. Come Francesco ha spesso provocato il mondo redentorista, così lo fa ora con tutta l’umanità, invitandoci a “sporcarci le mani” per costruire un futuro di vita per tutti. Questo, affinché possiamo rispondere insieme: sì, c’è un futuro per la nostra speranza.

P. Maikel Dalbem, CSsR