Communicanda – 1985-1991
COMMUNICANDA 4
Roma 30 marzo 1986
Gen. 121/86
Carissimi Confratelli,
Nel corso di queste ultime settimane, il Governo Generale ha iniziato la sua riflessione sul Tema Maggiore del Capitolo Generale del 1985» Anche se le nostre idee sono ancora imperfette, noi le vorremmo presentare a tutti e vorremmo invitarvi a partecipare a questa riflessione.
1.La Parola di Dio
Noi abbiamo iniziato la nostra riflessione sul testo del Vangelo di San Luca, citato nella Costituzione 1:
“Lo spirito del Signore e sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore” (Lc 4,18-19).
I Redentoristi devono seguire l’esempio di Gesù. E perciò importante porre tutta la nostra attenzione alla predicazione di Gesù ai poveri.
Un altro testo importante per noi e quello della proclamazione delle Beatitudini, riportato da San Luca:
“Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
Beati voi poveri, perché vostro e il Regno dì Dio.
Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete, perché riderete.
Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi
metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il
vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché ecco, la
vostra ricompensa e grande nei cieli. Allo stesso modo
infatti facevano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione.
Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo
stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti”.
(Lc 6,20-26)
Non abbiamo intenzione di commentare questi testi, ma vi invitiamo a pregare con tali testi e con altri simili del Vangelo e a meditarli.
2.Fase preliminare alla scelta del Tema
2.1 Rinnovamento delle nostre Costituzioni e Statuti: 1963-1969
Durante il Concilio Vaticano II e negli anni seguenti, la Congregazione sì e impegnata con molta energia e redigere le nuove Costituzioni e i nuovi Statuti. I confratelli hanno molto lavorato su problemi particolari e sulle strutture. E’ forse questo il motivo per cui non sono stati abbastanza precisati i destinatari del nostro apostolato. In ogni caso i Capitoli Generali si sono impegnati a trattare dell’evangelizzazione esplicita (Cost. 7-10) e della dimensione comunitaria della nostra vita e del nostro apostolato (Cost. 21-22), più che dei destinatari della nostra predicazione.
Abbiamo pertanto negli Statuti 09-015 un elenco generale della gente da evangelizzare. E in certa maniera se ne tratta anche nell’elenco che enumera le “Forme dell’attività missionaria (Stat. 016-024).
2.2 La scelta delle priorità pastorali e la redazione degli Statuti provinciali e vice-provinciali nelle Province e Vice-province
Dopo la redazione finale delle Costituzioni e Statuti fatta nel Capitolo Generale del 1979, le Province si sono impegnate a redigere i loro Statuti provinciali e ad adattare le loro strutture e la loro organizzazione. Nello stesso tempo hanno dovuto determinare il loro piano dì priorità pastorali, in base alle richieste del Capitolo Generale. Questa duplice operazione ha impegnato le Province a riflettere profondamente su sé stesse. Le decisioni delle Province sono state, per cosi dire un prolungamento del Capitolo Generale del 1979.
La scelta delle priorità pastorali comportava un nuovo elemento: il problema dei destinatari del nostro apostolato e delle forme della nostra evangelizzazione non poteva essere affrontato in un modo cosi generico e cosi poco impegnato come e descritto negli Statuti Generali a riguardo. Era necessario che le Province si decidessero a favore o contro certe forme particolari di attività pastorale.
Sarebbe interessante perciò conoscere quali motivazioni fondamentali abbiano svolto un ruolo decisivo nella scelta delle priorità. Potrebbe porsi la seguente richiesta: in certi casi, le possibilità di personale disponibile, le tradizioni e le esperienze delle Province e Vice-Province, le attività in corso, la posizione delle case, i desideri dei confratelli e gli interessi particolari della Chiesa locale, non sono forse stata la causa per cui la discussione sui destinatari del nostro apostolato fosse appena accennata e messa un poco da parte?
2.3 Impegno concreto con i poveri
In certe parti della Congregazione, dei confratelli sono impegnati direttamente e concretamente in situazioni di povertà materiale, dì oppressione, di ingiustizia e di sfruttamento. Per questi confratelli, il problema di sapere per chi essi devono lavorare e estremamente chiaro, e le forme della loro evangelizzazione sono determinate da essi stessi dato l’impegno preso. Questi confratelli pongono sempre più maggiori problemi alle altre parti della Congregazione: In quale maniera voi partecipate alla evangelizzazione dei poveri? Questo problema e stato posto esplicitamente dal Capitolo Generale del 1985.
2.4 Conclusioni
Posti questi elementi, e chiaro che con l’affrontare il Tema Maggiore 1985-1991, noi abbiamo cominciato a impegnarci in maniera più netta su un problema capitale che forse finora era stato lasciato in disparte nella riflessione della nostra Congregazione. Una comunità che ha come scopo l’evangelizzazione dei poveri non può ormai evitare di interrogarsi sul problema: Cosa si intende dunque per poveri? Di conseguenza la nostra riflessione sul Tema Maggiore ci condurrà a una discussione di fondo sul modo con cui noi ci realizziamo.
3.Difficoltà possibili e timori suscitati dal Tema
3.1 Ciò che giustifica la vita della Congregazione, non e tanto l’osservanza delle regole, ma il nostro dinamismo missionario che ci spinge ad una ricerca continua e creativa per la redenzione dei nostri fratelli. Il Tema del Capitolo deve favorire questo dinamismo.
Ma spesso questo dinamismo e frenato e addirittura bloccato dal nostro timore di cambiamenti. E ciò può accadere anche nei riguardi del Tema del Capitolo.
Sì potrebbe dire che esiste nei grandi Istituti antichi una tendenza naturale all’ordine e alla stabilita che offrono ai loro membri una certa sicurezza fisica, psicologica e spirituale. Ed e comprensibile temere che tutto ciò sia distrutto dai cambiamenti. Vi e perciò un pericolo: che noi ci consideriamo convertiti e salvati e che non ci poniamo la necessità di convertirci e di cambiare.
3.2 Un’altra difficoltà in questo processo continuo di rinnovamento potrebbe sorgere dal nostro attivismo pastorale. In realtà, il lavoro eccessivo ci può impedire di percepire la necessità di riflettere sui nostri impegni e su ciò che la Congregazione ci domanda oggi e dì farne oggetto della nostra preghiera. Forse temiamo di affrontare i problemi fondamentali sul valore di ciò che facciamo.
3.3 Alcuni potrebbero essere convinti che il Tema in oggetto non riguarda la loro Provincia o Vice-Provincia giacché la mancanza di vocazioni impedisce loro di nutrire speranze per l’avvenire. Al contrario, la riflessione sul Tema potrebbe essere per loro un momento di grazia, un momento dì rinvigorire la loro fiducia in un futuro migliore offerto dal Signore.
3.4 Giacché il Tema ha come oggetto i poveri e la povertà, gli ostacoli potrebbero sorgere dal nostro stile di vita personale o comunitaria. Questi ostacoli sono molto dannosi, giacché in genere essi restano nascosti e non si vogliono affrontare. Una riflessione particolare su questo punto preciso potrebbe condurci ad una conversione personale e comunitaria.
4.La nostra riflessione sul Tema
come mezzo di conversione
personale e comunitaria continua
4.1 Ogni riflessione su un tema centrale riguardante la nostra vita e la nostra attività ci condurrà a convincerci che noi dobbiamo esaminarci sull’idea che noi abbiamo di noi stessi come Congregazione e sulla percezione personale e comunitaria che noi abbiamo di ciò che significa la nostra missione oggi. Non è sempre facile accettare le conseguenze e le implicazioni di una profonda riflessione di questo genere. Noi possiamo alle volte essere molto consapevoli di tutti gli ostacoli che ci attendono nel compiere quello cui ci sentiamo chiamati a fare. Possiamo anche domandarci dove ci condurrà una tale riflessione.
4.2 Ma, senza sottovalutare del tutto le difficoltà che prevediamo, noi abbiamo bisogno, nel corso di tale riflessione, di ascoltare l’appello di Dio, o per usare una frase di S. Alfonso, di ubbidire alla volontà di Dio. Lo spirito sarà presente in mezzo a noi e ci accompagnerà se noi ci sforzeremo di essere uniti nella ricerca di ciò che noi crediamo che Dio attende dalla nostra Congregazione oggi. E’ quello a cui Dio ci invita, semplicemente di essere aperti all’appello alla conversione personale e comunitaria contenuto nel nostro Terna.
4.3 Le nostre Costituzioni ci richiamano continuamente a convertirci nel nostro comportamento, nel nostro stile di vita e nell’esercizio del nostro ministero apostolico.
– Se le nostre attività apostoliche devono essere caratterizzate più che “da alcune forme di attività, dal suo dinamismo missionario”, noi abbiamo da interrogarci continuamente sulla qualità e la verità del nostro servizio e ministero tra i poveri e gli abbandonati del Popolo di Dio (Cost. 14),
– Una conversione continua del cuore, specialmente nei riguardi del problema della povertà, ci verrà richiesta, se noi dobbiamo essere veramente “liberi e disponibili” nelle scelte che facciamo in relazione alla gente in mezzo alla quale siamo chiamati a lavorare e al modo dì compiere la nostra Missione (Cost. 15)
– La conversione non e unicamente qualcosa di personale, ma una cosa alla quale la comunità congiuntamente deve tendere in “un continuo rinnovamento interiore” per essere più fedele alla sua missione apostolica (Cost. 40; 41.1)
4.4 La conversione del cuore alla quale siamo chiamati dalle nostre Costituzioni e assolutamente necessaria se noi desideriamo affrontare il Tema del Capitolo con lo spirito di Cristo. Allora solamente noi potremo essere più sensibili ai problemi che ci si pongono, alle forze positive e negative che si riscontrano nelle diverse situazioni, come pure all’ispirazione dello Spirito quando vogliamo tradurre il Tema del Capitolo nella realtà concreta della nostra vita e del nostro ministero apostolico.
5.I poveri nella Tradizione Redentorista
5.1 Alfonso de’ Liguori scriveva al Papa Benedetto XIV la seguente supplica:
“essendosi per più anni esercitato nelle sante missioni come fratello della Congregazione delle Apostoliche Missioni, eretta nella Cattedrale di Napoli, ed avendo osservato il grande abbandono, in cui si ritrova la povera gente, specialmente delle campagne, ne’ vasti paesi del Regno, fin dall’anno 1732, si uní con detti sacerdoti suoi compagni, sotto la direzione del fu Monsignor Falcoia, vescovo di Castello a Mere, affine di impiegarsi nell’aiutare colle missioni, istruzioni ed altri esercizi le anime de’poveri della compagna, che sono i più destituiti di soccorsi spirituali, mancando spesso chi loro ministri i santi sacramenti e la Divina parola; tanto che molti di loro, per mancanza d’operai, giungono alla morte senza sapere neppure i misteri necessari della Fede, poiché pochi sono quei sacerdoti che attendono di proposito alla coltura de’poveri contadini… (Supplica del 30 marzo 1748, Lettere di S. Alfonso, Roma 1887, I, 149-151)
5.2 Non vi e nella Congregazione una tradizione uniforme sui destinatari della nostra attività pastorale. Il povero, al quale deve essere predicato il Vangelo, e inteso differentemente, secondo le diverse situazioni.
Nondimeno si notano delle caratteristiche particolari comuni a tutta la Congregazione:
– Tradizionalmente la nostra preferenza e per la povera gente. Senza eccezioni, noi non abbiamo particolarmente curato le alte classi nel campo della scienza, della ricchezza o dell’influsso.
– In questa linea si collocano la voluta semplicità e lo stile popolare della nostra predicazione: era un atteggiamento che esigeva S. Alfonso all’inizio della Congregazione che noi abbiamo sempre conservato. Questa semplicità va dallo stile stesso della predicazione fino agli esercizi della pietà e della religiosità popolare.
– Inoltre, e nostra tradizione andare verso la gente e non attendere che la gente venga da noi, Ed e per questo che nessun luogo per l’evangelizzazione e troppo piccolo o troppo grande per noi. I criteri che servono a caratterizzarci sono contenuti nell’antica formula “le anime più abbandonate delle campagne” e nel sistema della predicazione itinerante. Ciò che inoltre ci caratterizza e la nostra disponibilità ad accettare campi missionari
– Più recentemente noi abbiamo cominciato a sperimentare, in alcune regioni, un movimento crescente verso i poveri sociologicamente e verso gli emarginati.
6.La Missione particolare della Congregazione
nella Chiesa d’oggi
Come Redentoristi, noi partecipiamo alla Missione affidata a tutta la Chiesa, “Come universale sacramento di salvezza, e di sua natura tutta missionaria”. (Cost. 1)
All’interno dì questa missione della Chiesa universale, la Congregazione ha una missione particolare che si esprime sotto tre differenti aspetti:
– evangelizzazione nel senso stretto: la proclamazione esplicita, profetica e liberatrice del Vangelo,
– la preferenza data a situazioni con urgenze pastorali,
– e, nell’ambito di questa, una speciale preferenza per i poveri, i diseredati, gli oppressi.
Questi tre aspetti congiunti sono “la nostra stessa ragion d’essere nella Chiesa e il distintivo della nostra fedeltà alla vocazione ricevuta”. (Cost. 5)
6.1 La proclamazione esplicita del Vangelo
“La nostra missione principale nella Chiesa e in effetti la proclamazione esplicita della Parola di Dio in vista della conversione fondamentale” (Cost. 10)
II Capitolo Generale del 1979 ha insistito su questo aspetto e lo ha dato come Tema Maggiore alla Congregazione per il sessennio 1979-1985: “La proclamazione esplicita della Parola di Dio, specialmente straordinaria” (Communicanda 41, del 17.11.1979 – Gen. 293/79)
Nella linea di questo Tema Maggiore, la Congregazione ha ricevuto il compito speciale di fissare il piano delle sue priorità pastorali.
6.2 La preferenza per le urgenze missionarie
I Redentoristi hanno come centro delle loro attività pastorali “le urgenze pastorali a favore dei più abbandonati” (Cost. 1). La Congregazione e inviata ai popoli “più privi e destituiti di spirituali soccorsi” (Cost. 09)
“Gli uomini più abbandonati ai quali in modo speciale e inviata la Congregazione, sono:
– coloro che non hanno potuto avere ancora dalla Chiesa mezzi sufficienti di salvezza,
– coloro che non hanno ascoltato mai il suo messaggio, o non lo ascoltano più come “Buona Novella”,
– coloro infine che sono danneggiati dalla divisione della Chiesa.” (Cost. 3)
6.3 I poveri
“Tra i gruppi più bisognosi dì aiuti spirituali cercheranno con più premura i poveri, i deboli, gli oppressi” (Cost. 4). Nel contesto delle urgenze pastorali verso i più abbandonati, la Congregazione indirizza le sue attività apostoliche specialmente verso i poveri, (cfr. Cost. 1). La preferenza per le urgenze pastorali e precisata più avanti con “l’opzione a favore dei poveri” (Cost. 5), “la gente di umile condizione e gli oppressi” (St. 09).
7.Il compito affidato dal
XX Capitolo Generale del 1985
“Il Capitolo Generale del 1985 vuole continuare il tema delle priorità pastorali deciso dal Capitolo del 1979. Ora, noi vogliamo mettere l’accento sull’annunzio esplicito, profetico e liberatore del Vangelo ai poveri, lasciandoci interpellare da essi (evangelizzare pauperibus et a pauperibus evangelizari), secondo il carisma della nostra Congregazione espresso nelle Costituzioni 1, 3, 4, 5 e negli Statuti 09 e 021″.
“Il nuovo Tema intende prolungare e continuare quello del precedente sessennio. Se, nel 1979 il Capitolo ha posto l’accento sull’annuncio sopratutto esplicito del Vangelo (evangelizare), noi vogliamo, questa volta, porre la nostra attenzione particolare ai poveri (pauperibus).
II problema più importante che deve porsi pertanto ciascuna unità della Congregazione e questo: Chi sono i poveri menzionati nel testo citato?
7.1 Situazioni di povertà e di oppressione
II Capitolo ha posto a tutta la Congregazione la seguente richiesta: A quali situazioni di povertà e d’oppressione vogliamo noi rivolgere una attenzione missionaria particolare, in base al nostro Tema Maggiore?” (DF, 09)
I confratelli vivono e lavorano in differenti paesi, in condizioni sociali, politiche ed ecclesiali diverse: perciò la nostra esperienza della povertà e dell’oppressione e diversa. Nondimeno ciascuno di noi e chiamato ad essere profondamente sensibilizzato alla situazione della gente e della società nella quale vive e a scoprire le situazioni di povertà e di oppressione che sollecitano la nostra risposta di Redentoristi.
Questa sensibilità ai problemi e ben messa in rilievo nello St. 044: “Perciò i congregati, come membri di un Istituto consacrato all’evangelizzazione dei poveri, siano particolarmente sensibili alla povertà e ai gravi problemi sociali che oggi travagliano quasi tutta l’umanità. Ogni specie di povertà, materiale, morale e spirituale, deve stimolare il loro zelo apostolico. Facciano proprie le aspirazioni legittime dei poveri”.
Ciò ci deve stimolare ad approfondire la consapevolezza che noi abbiamo della realtà che ci circonda. Questo confronto con la realtà ha un significato spirituale perché Dio ci parla attraverso tale realtà. “La nostra comunità deve essere cosi aperta al mondo, da scoprire, attraverso i contatti umani, i segni dei tempi e dei luoghi, per rendersi più disponibile alle esigenze dell’evangelizzazione” (Cost. 43).
O ancora, come dice la costituzione 10: “interpretando con fraterna solidarietà i problemi che travagliano gli uomini, cerchino di discernere in essi i veri segni della presenza e del disegno di Dio”.
7.2. poveri sono dei volti, degli uomini concreti (DF, 05)
II fatto di esaminare situazioni di povertà potrebbe rimanere qualche cosa di molto astratto, se noi non lo rendiamo umano e personale con l’incontro effettivo dei poveri che sono esseri umani come noi, come richiede il Documento finale.
Un esempio dell’attitudine che dobbiamo avere e descritto nel seguente testo di Puebla:
“Questa situazione di estrema miseria che si estende sempre più ha dei volti molto concreti nella vita reale. Noi dobbiamo scoprire in questi volti i tratti dolorosi di Cristo che ci invita a riflettere e ci interpella:
– Sono i volti dei bambini, rovinati dalla povertà, già prima della loro nascita, le cui possibilità di sviluppo personale sono ridotte al minimo per delle deficienze fisiche e mentali irreparabili. Sono i volti di fanciulli erranti, nelle nostre città, che sono spesso sfruttati: conseguenze della povertà e della disorganizzazione morale della famiglia.
– Sono i volti dei giovani preoccupati perché non riescono a trovare un posto nella società, frustrati, sopratutto nelle campagne e nelle periferie delle città, giacché non hanno la possibilità di conseguire una formazione e di trovare un lavoro.
– Sono i volti dei contadini; come gruppo sociale essi vivono in esilio quasi dappertutto nel nostro continente, privi della terra, ridotti in uno stato di dipendenza interna ed esterna e sotto posti a sistemi commerciali che li sfruttano.
– Sono i volti degli operai che sono spesso mal pagati e che hanno delle difficoltà per organizzarsi e difendere i loro diritti.
– Sono i volti dei sotto-impiegati e dei disoccupa ti, licenziati a causa delle crudeli esigenze della crisi economica e spesso a causa dei sistemi di crescita che riducono gli operai e le loro famiglie in situazioni economiche disperate.
– Sono i volti di certi abitanti dì città emargina ti e stanchi, la cui mancanza di beni materiali e uguale alla splendida ostentazione di ricchezza da parte di altre classi della società.
– Sono i volti di persone anziane, il cui numero e in continuo aumento e che spesso sono emarginate in una società orientata verso forme di sviluppo che non considerano per niente le persone che non producono”. (31-40)
Se guardiamo in tal modo la realtà che ci circonda, incontreremo tali volti dappertutto nei luoghi dove viviamo. La nostra ricerca non si deve fermare ad una semplice discussione, ma deve andare alla scoperta “dei più deboli, soprattutto dei poveri” (Cost. 1)
8.Interpelati dai poveri
Per molti di noi, la prima parte del Tema, cioè l’accento particolare messo sui poveri, come i destinatari privilegiati della nostra evangelizzazione, e molto impegnativo.
La seconda parte, espressa in latino “a pauperibus evangelizzari“, e in italiano “lasciarsi interpellare dai poveri” va molto più lontano.
8.1 A un primo livello ciò suppone che noi consideriamo l’evangelizzazione come un processo in due sensi, cioè come un “dialogo missionario” (Cost. 19) nel quale le due parti sì arricchiscono vicendevolmente. E” pertanto una regola generalmente accettata nel lavoro di evangelizzazione, specialmente nell’ambiente della cultura e della psicologia pastorale. In realtà, la maggioranza di noi abbiamo fatto, nei diversi nostri generi di lavoro, l’esperienza di questo arricchimento con la gente dove noi esercitiamo il nostro ministero e presso la quale lavoriamo.
Ma quale senso ha questa evangelizzazione per i poveri? (nel senso qui inteso)? In quale maniera essi ci evangelizzano? Come ci interpellano? E quali sono per noi i risultati? Quale risposta abbiamo loro data?
8.2 E’ accaduto che in alcune parti del mondo, i poveri, i deboli e gli oppressi si sono rivolti ai sacerdoti e ai religiosi – perciò a nostri confratelli – per chiedere loro un sostegno morale nella loro lotta per un miglioramento della loro condizione economica, per una migliore giustizia sociale e anche per la liberazione dall’oppressione politica della tirannia. Dovendo rispondere a tali richieste, i nostri confratelli, sono stati interpellati in molteplici modi.
Alcuni si sono accorti che la teologia che avevano appreso era inadeguata, compresa la loro conoscenza della Bibbia. Non potevano essere adottati particolari comportamenti pastorali, per cui bisognava restare neutrali davanti ai conflitti sociali. Percepivano che alcune manifestazioni della religiosità popolare, che essi erano portati a disprezzare, in realtà avevano un grande valore sociale ed erano frutto di fede profonda.
Alcuni atteggiamenti, come la ricerca della sicurezza personale o strutturale, hanno avuto bisogno di evoluzione davanti alla constatazione dei rischi che i poveri affrontavano nella loro lotta per la giustizia. Alcuni sono stati condotti a scoprire delle dimensioni della vita umana che essi non avevano abbastanza riconosciute nel passato, come il ruolo delle strutture nel condizionamento degli o atteggiamenti, i valori, il comportamento della gente nella società, ivi compresa la loro maturazione.
E’ accaduto similmente in alcuni paesi che la crisi dei poveri ha condotto delle comunità religiose a ripensare profondamente le forme e le strutture della loro vita religiosa. In alcuni casi, sono stati condotti a riscoprire il carisma originale del loro fondatore e una maggiore fedeltà a tale carisma nella scelta delle loro priorità pastorali e nelle forme della loro vita religiosa: anche con il risultato dell’aumento del numero delle vocazioni. Un certo numero di nostri confratelli hanno fatto questa esperienza in diversi paesi.
8.3 Queste esperienze e altre simili hanno provocato delle discussioni teologiche sul “mistero dei poveri come mezzo di salvezza”. Alcune di queste discussioni non sono che idealismi e spesso elementi di una teologia e di una spiritualità che sono ancora allo stadio di maturazione» Un esempio, forse, e la teologia della liberazione che non può risolversi se non con una duplice esperienza, la povertà e l’oppressione da una parte e la esperienza di fede nel Signore della storia dall’altra.
Cosi, mentre la Gerarchia sta discutendo in questi giorni “alcuni elementi” di questa teologia, il suo valore fondamentale come teologia, non e più messo in discussione, come ha recentemente affermato il Papa Giovanni Paolo II. Si tratta di una teologia che e nata nelle strutture del Terzo Mondo e che ha posto delle ramificazioni anche in altri paesi, ivi compresi quelli del primo mondo.
8.4 Le nostre Costituzioni e Statuti ci spingono a “indagare con diligenza quali sono gli uomini più bisognosi di aiuti spirituali, specialmente se poveri, deboli e oppressi” giacché “i Redentoristi non possono lasciare inascoltato il grido dei poveri e degli oppressi” (St. 09).
Forse la risposta ai problemi da noi posti qui non può venire che dall’esperienza concreta del lavoro in mezzo a questa gente. Noi, perciò, invitiamo i confratelli che hanno fatto questa esperienza a far conoscere le loro idee sul modo come essi sono stati interpellati e arricchiti dai poveri. Siamo sicuri che ciò che essi ci diranno sarà ancora più interessante che le stesse riflessioni da noi suggerite.
9.Problemi per la riflessione
9.1 Sensibilizzazione e coscientizzazione
“Perciò i congregati, come membri di un Istituto consacrato all’evangelizzazione dei poveri, siano particolarmente sensibili alla povertà e ai gravi problemi sociali che oggi travagliano quasi tutta l’umanità” (St. 044).
La considerazione del Tema Maggiore ci potrebbe condurre a una presa di coscienza globale e ad una percezione più profonda delle nostre diverse situazioni particolari. Giacché noi siamo una Congregazione internazionale, le nostre preoccupazioni devono raggiungere le dimensioni del mondo intero.
Dobbiamo dunque domandarci:
– Cosa conosciamo noi delle diverse situazioni di povertà di oppressione nelle differenti parti del Mondo? Ci interessiamo veramente a questo problema? Quali sono i nostri canali di informazione su queste situazioni?
– Da chi e da che cosa e influenzata la nostra opinione politica ed ecclesiale sui problemi politici e sulla situazione della Chiesa nei diversi paesi?
– Cosa sappiamo dei nostri confratelli redentoristi che si trovano in certe situazioni di povertà e di oppressione o addirittura dì persecuzione?
– In qual maniera manifestiamo per loro la nostra fraterna solidarietà?
9.2 Povertà e zelo apostolico
“I Redentoristi non possono lasciare inascoltato il grido dei poveri e degli oppressi. Essi debbono cercare tutti i mezzi per venire in loro aiuto”. (St. 09)
“Ogni genere di povertà, materiale, morale e spirituale, deve stimolare il loro zelo apostolico” (St. 044).
Oltre la presa dì coscienza generale già citata, noi dobbiamo avere una sensibilità speciale per la povertà di coloro in mezzo ai quali operiamo e lavoriamo. Come Redentoristi, noi non dobbiamo aspettare che i poveri vengano a noi; il nostro carisma tradizionale ci spinge ad andare incontro ai poveri e a orientare il nostro zelo apostolico verso i loro particolari bisogni.
– Chi sono coloro vicini a noi che vivono nella povertà materiale, morale e spirituale? Siamo capaci di identificarli? Andiamo alla loro ricerca?
– Quali sono le strutture o sistemi inumani e di oppressione che esistono nel nostro paese? Andiamo in cerca delle persone che ne soffrono?
– Quali sono coloro che la Chiesa locale abbandona o non cura nel nostro paese?
– Quale posto hanno questi poveri nelle nostre priorità pastorali?
– Quale posto hanno essi nella nostra vita di preghiera e nella nostra predicazione?
9.3 Vita comunitaria e solidarietà con i poveri
“Perché la vita comune dei congregati corrisponda alla mentalità di ogni regione e offra una testimonianza efficace di povertà e di solidarietà con i poveri… (St. 046, 2)
Il nostro stile di vita in comunità deve avere un tenore corrispondente alle condizioni della gente in mezzo alla quale viviamo e lavoriamo. Ciò esige anche il nostro adattamento. La nostra scelta per i poveri richiede anche una semplicità di vita che renderà autentica la nostra evangelizzazione in mezzo ai poveri.
– Il nostro stile di vita corrisponde alla nostra solidarietà con i poveri ai quali predichiamo il Vangelo?
– Le nostre comunità sono accoglienti e aperte alla gente alla quale siamo inviati?
– Vediamo noi qualche possibilità di condividere la penuria e lo stato di insicurezza dei poveri più disagiati, come è suggerito nello St. 045?
– Come ci comportiamo nei riguardi del denaro (nel nostro modo di possedere, di investire, di dare)?
– Come noi pratichiamo la solidarietà con i poveri nell’ambito della nostra Congregazione?
9.4 Formazione e nostra scelta per i poveri
“Il Capitolo chiede pili particolarmente che la formazione degli studenti sia in stretto legame con le priorità pastorali… chiede inoltre ai responsabili di organizzare per i nostri studenti uno stile di vita e una formazione che tengano conto della nostra scelta a favore dei poveri e che non li isolino dalla vita e dai problemi dei poveri” (DF, 13).
Oltre la prima formazione, noi dobbiamo orientare la nostra formazione continua nell’approfondimento di una spiritualità che tenga conto della nostra opzione per i poveri.
– Quale influenza hanno i poveri nei nostri programmi di formazione teologica, spirituale e umana?
– Vi e una relazione tra questi programmi e le priorità pastorali?
– Quali misure vengono prese nei programmi della formazione per sviluppare la presa di coscienza del nostro impegno a favore dei poveri.
10.Conclusioni
Dopo avere presentato qui queste idee sul Tema Maggiore del sessennio, noi le sottoponiamo alla vostra riflessione e vi domandiamo dì volerle discutere nelle vostre comunità, nei vostri capitoli, e nei governi provinciali e vice-provinciali.
Comprendiamo bene la necessità di studi supplementari sui problemi contenuti nel Tema, per es. sul significato biblico di “poveri”, sui poveri” nella nostra storia redentorista, sull’analisi della povertà e dell’oppressione nelle differenti situazioni del mondo, sul significato teologico di “evangelizare pauperibus” e “a pauperibus evangelizari“.
Siamo però convinti che esistono nella nostra Congregazione degli esperti che potranno dare il proprio contributo per uno studio approfondito dei principali problemi del Tema Maggiore. Questi contributi specializzati da parte loro saranno molto apprezzati. Siccome si tratta di un processo nel quale tutta la Congregazione e impegnata, noi desidereremmo conoscere la vostra reazione alle prime riflessioni che vi abbiamo presentato in questo Communicanda.
Con i miei fraterni saluti, uniti a quelli del Consiglio Generale,
P.Juan Lasso de la Vega, C.Ss.R.
Superiore Generale