Chiamati alla comunione del Figlio, p. Réal Tremblay, Redentorista

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1690

“Un dono da dove scaturisce una vita morale che si incarna in un servizio incondizionato verso i fratelli…”

Chiamati alla comunione del Figlio.

Aspetti teologici e etici della vita filiale

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Descrizione dell’opera

Il titolo di questo libro fa allusione ad una “chiamata”, parola sovente utilizzata in teologia al punto di devenire banale. Ma le cose cambiano se si considera il contesto della parola e chi chiama. Il contesto, in questo caso, è legato allo statuto d’essere o, se si vuole, al tratto fondamentale dell’identità dell’uomo cristiano che implica una dignità assolutamente unica che nessuno in questo mondo può attribuirsi. Qui è in gioco lo spessore divino dell’uomo che dalle origini del mondo ha interessato la creatura umana fino a cadere nella trappola del diavolo, il quale, conoscendo bene i suoi desideri innati, le offre falsamente la possibilità di alzarsi da sola alla cima del divino.
Dico: “falsamente” perché la “chiamata” come la sua realizzazione ha, come già suggerito, bisogno di un più che l’uomo può solamente ricevere, mai darsi. Ricevere da chi? Dall’unico uomo in questo mondo che è vero Dio, Gesù di Nazareth, il Figlio del Padre rivelato come Amore illimitato capace di far passare l’uomo, piccolo, allo statuto d’infinitamente grande o, con Paolo, di “creature nuova”, cioè di una “altra specie” di quella puramente terrena.
Da questo dono scaturisce una vita morale che supera il puro umano e che prende i tratti essenziali dell’adorazione o del culto che si incarna in un servizio incondizionato verso i fratelli.

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Accademia Alfonsiana

 

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