Alfonso de’ Liguori maestro di misericordia pastorale
Guariti dalla medicina di Dio
Al termine del giubileo straordinario della misericordia Papa Francesco, nella lettera apostolica Misericordia et misera, ci ha ricordato che ora «è tempo di guardare avanti e di comprendere come continuare con fedeltà, gioia ed entusiasmo a sperimentare la ricchezza della misericordia divina» (n. 5). L’invito del Pontefice sollecita la Chiesa intera a ripensare e riprogettare la pastorale avendo come obiettivo l’annuncio dell’abbondante redenzione.
È innegabile che oggi davanti agli operatori pastorali si presenta una societas che vorremmo che fosse ancora christiana ma che in pratica vive valori eterogenei non sempre riconducibili all’annuncio della Parola. In questo contesto pluriforme, segnato da ferite e fragilità ma con grandi potenzialità inesplose, è urgente annunciare l’unica Parola che salva. Per fare ciò Papa Francesco ci invita a ripartire dalla misericordia come «l’architrave che sorregge la vita della Chiesa» (Misericordiae vultus, n. 10).
Alfonso de’ Liguori (1696-1787), santo, dottore della Chiesa e patrono dei confessori e dei moralisti, è ricordato come dottore zelantissimo, per il suo vasto contributo scientifico, ma soprattutto come maestro della benignità pastorale in campo missionario e teologico. La proposta alfonsiana — portata avanti ancora oggi a livello pastorale e teologico dai redentoristi — offre notevoli stimoli in questo cammino tracciato da Papa Francesco.
Nell’esperienza alfonsiana la misericordia ha determinato un cammino esodale che lo ha portato ad abbandonare la rigida sentenza per convertirsi a una pastorale improntata alla benignità. Questa conversione è avvenuta per mezzo della pratica pastorale e l’annuncio del Vangelo agli uomini che vivevano ai margini della società del suo tempo.
Il de’ Liguori (del quale il 27 settembre ricorre l’anniversario della nascita, ndr) articola la sua proposta teologica a partire dalla chenosi come amore sconfinato di Dio manifestatosi pienamente nel Figlio. La chenosi in questa visione è sì abbassamento di Gesù Cristo, ma per innalzare l’uomo a Dio. È svuotamento della gloria della divinità del Figlio di Dio per innalzare l’uomo alla divinità. Per Alfonso la misericordia è il ristabilimento pieno della comunione tra Dio e l’uomo attraverso la redenzione che è pazzia d’amore di Dio verso l’uomo. Per il santo il vero pazzo è chi non comprende l’amore misericordioso di Dio. Nella sua opera evangelizzatrice Alfonso declina la misericordia come annuncio d’amore da cui scaturisce l’esigenza della riconciliazione.
La copiosa redemptio è per Alfonso dono totale di Dio per l’umanità che apre strade nuove all’incontro tra l’uomo e Dio. Quando permettiamo al Figlio di Dio di incontrarci si aprono nella vita orizzonti sempre nuovi così come scrive Papa Francesco nell’Evangelii gaudium. Solo grazie all’incontro «con l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità. Giungiamo a essere pienamente umani quando siamo più che umani, quando permettiamo a Dio di condurci al di là di noi stessi perché raggiungiamo il nostro essere più vero» (n. 8).
Per Alfonso la piena comunione con Dio si ha uniformandosi alla volontà del Redentore. «Se dunque vogliamo compiacere appieno il cuore di Dio, procuriamo in tutto di conformarci alla sua divina volontà; e non solo di conformarci, ma uniformarci a quanto Dio dispone. La conformità importa che noi congiungiamo la nostra volontà alla volontà di Dio; ma l’uniformità importa di più che noi della volontà divina e della nostra ne facciamo una sola, sì che non vogliamo altro se non quello che vuole Dio, e la sola volontà di Dio sia la nostra» (Opere ascetiche, vol. 1, Roma, 1933, p. 286).
Questo dinamismo di comunione totale alla volontà di Dio garantisce la comprensione del bene attraverso il discernimento. La dinamica prudenziale del discernimento permette di comprendere e intraprendere la strada della misericordia come cammino privilegiato per vivere e agire con una logica d’amore nuova. Letta in questa prospettiva la misericordia prima che essere un atto di perdono è la fonte stessa da cui l’uomo attinge l’amore per donare amore. Questa dinamica non è altro che il senso profondo della charitas in Dio.
Questa certezza sperimentata nel vissuto pastorale, nel ministero della riconciliazione, portano il santo dottore a ripensare l’annuncio missionario e di conseguenza la proposta morale nella prospettiva della misericordia. In questo cammino il discernimento pastorale e sacramentale determina scelte e azioni a favore degli uomini più bisognosi di aiuti spirituali. Vissuto in questa logica il discernimento diventa la capacità di pensare e agire in Dio così come afferma Papa Francesco nell’esortazione apostolica Amoris laetitia (cfr. n. 3).
Solo questo dinamismo, capace di coniugare la vita spirituale con quella morale, porta la coscienza a comprendere la verità e a viverla attingendo dal grande tesoro della misericordia. Alfonso lo afferma nella sua Theologia moralis: «È duplice la regola degli atti umani: l’un vien detta remota, l’altra prossima. Remota, cioè materiale, è la legge divina. La prossima, ovvero formale, è la coscienza. Sebbene infatti la coscienza debba conformarsi in tutto alla legge divina, tuttavia la bontà o malizia delle azioni umane ci viene rivelata secondo l’apprendimento che di essa ne ha la coscienza» (edizione critica di padre Léonard Gaudé, Roma, 1905, libro 1, tractatus 1, capitolo 1, n. 1, p. 3). In questa visione la coscienza «è il giudizio o il dettame pratico della ragione, con il quale giudichiamo che cosa qui e ora deve essere fatto perché bene o deve essere evitato perché male». La coscienza in quanto dettame pratico si differenzia dalla «sinderesi, che è la conoscenza speculativa dei principi universali per il vivere bene (ibidem, cap. 1, n. 2, p. 3). Le stesse istanze ci sono indicate dalla Dignitatis humanae dove è affermato che il dovere di ricercare la verità spetta alla coscienza degli uomini che «coglie e riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza» (n. 3).
Nel discernimento la ricerca e l’adesione sincera alla verità si fondono con le esigenze della vita concreta. Ponendosi nella prospettiva dell’uomo chiamato a vivere il bene, Alfonso indica nella coscienza l’inizio della vera vita morale. L’esperienza pastorale gli ha fatto toccare con mano il cuore dell’uomo fragile che vive con nostalgia la lontananza da Dio ed è desideroso di ritornare a Dio per vivere in pienezza di comunione. È consapevole che l’uomo può intraprendere questo cammino quando inizia a interrogarsi e a ricercare la volontà di Dio. Il peccato ferisce l’uomo e lo rende fragile, non distrugge il volto di Dio che è in lui e la sua capacità di ritornare a Dio.
Per Alfonso la misericordia è la medicina di Dio che guarisce lentamente le ferite e che permette questa pienezza di comunione tra l’uomo e Dio. Infatti nella sua proposta morale ci ricorda che, se il peccato ha deturpato il volto dell’uomo, la redenzione, come primo frutto della misericordia, ha offerto all’uomo la strada per il ritorno al Padre. La misericordia, essendo donata gratuitamente e per sempre, precede l’idea di peccato da riparare o di giustizia da soddisfare, altrimenti sarebbe vana la chenosi redentiva per mezzo dello Spirito santo.
Lo stesso Papa Francesco in Amoris laetitia ci sprona ad aver fiducia nel criterio della misericordia di Dio: «A volte ci costa molto dare spazio nella pastorale all’amore incondizionato di Dio. Poniamo tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e questo è il modo peggiore di annacquare il Vangelo […]. Dobbiamo dire che la misericordia è la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio. Pertanto, conviene sempre considerare “inadeguata qualsiasi concezione teologica che in ultima analisi metta in dubbio l’onnipotenza stessa di Dio, e in particolare la sua misericordia”» (n. 311).
Il riconoscere le proprie fragilità è il primo passo verso l’adesione a Cristo e alla sua volontà. In questo cammino — ci insegna sant’Alfonso de’ Liguori — la misericordia apre e incarna la speranza.
ALFONSO AMARANTE, CSsR
Questo articolo è pubblicato in L’Osservatore Romano (CLVII) n. 221, p. 6 (27.09.2017)