Un solo corpo: Come corpo missionario

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Introduzione

Continuando a riflettere sul messaggio che il XXV Capitolo Generale ha rivolto alla Congregazione, leggiamo che siamo invitati a creare un solo corpo missionario. Questa consapevolezza dovrebbe portarci a scelte e decisioni concrete che ci consentano di vivere davvero una vita comunitaria appassionata. Una tale comunità esamina la sua “salute” osservando attentamente se stessa, chiedendosi se essere creativamente fedeli al Vangelo sia ancora la sua priorità. Se siamo fedeli al Vangelo, la nostra comunità sarà in grado di leggere attentamente i segni dei tempi e di rispondere coraggiosamente alle sfide secondo le sue reali possibilità e capacità. Leggiamo questo passo tratto dal documento finale:

Per attuare la sua missione nella Chiesa la Congregazione riunisce degli uomini che, vivendo in comune, formano un solo corpo missionario (Cost. 2). Tutti i redentoristi ci sappiamo membri di un progetto comune con tutta la Congregazione. Quindi incoraggiamo tutti a prendersi cura del senso di appartenenza e a coltivare la vita comunitaria. La comunità che vogliamo è luogo di inclusione di tutti i confratelli, anziani e giovani, con le loro ferite e le loro virtù, e anche spazio per la corresponsabilità.

Questa comunità legge i segni dei tempi, mantiene la sua fedeltà creativa al Vangelo e promuove sempre nuove iniziative per animare la vita spirituale e comunitaria dei confratelli. Poiché la legge fondamentale per la vita dei congregati è vivere nella comunità e, per mezzo della comunità, svolgere l’attività apostolica, incoraggiamo che si prenda in considerazione l’aspetto comunitario ogni volta che si accetta un lavoro missionario (Cf. Cost. 21).

In questa prospettiva, la comunità redentorista diventa il primo strumento per proclamare la Buona Novella nella misura in cui i suoi membri sono fedeli al Vangelo e vivono una vita comunitaria. La stessa comunità redentorista diventa la prima proclamazione e il primo messaggio che viene predicato a coloro che sono abbandonati e dimenticati. Prima di predicare un sermone, noi rendiamo testimonianza e annunciamo il Vangelo attraverso il nostro modo di vivere e agire insieme.

Sperimentiamo questo ogni giorno, ossia che la nostra gente prima ci guarda e poi ci ascolta. Per noi Redentoristi non c’è niente di peggio che una vita non corrispondente alle parole che poi annunciamo.

Questo è vero a livello individuale ed è vero anche a livello comunitario. È di cruciale importanza che i Redentoristi siano coscienti che sia una legge essenziale per la nostra vita il vivere in comunità e agire come comunità. La nostra vita come comunità, come comunità missionaria, deve rendere testimonianza a Cristo e alla potenza del Vangelo. Se questa testimonianza è autentica, allora spiana la strada affinché le persone siano aperte alle nostre parole.

La vita comunitaria non può essere ridotta a mera convivenza. Essa piuttosto è senso di appartenenza a una famiglia e luogo di vere relazioni fraterne; questo non può essere teorico. Deve essere reale e concreto. Comincia con la nostra convivenza, nonostante molte difficoltà legate al nostro modo di fare le cose e al nostro modo di giudicare la realtà. Qui alcune cose piccole e apparentemente insignificanti possono giocare un ruolo molto importante. Si tratta poi di discernere e accettare i nostri progetti missionari, i quali devono includere un aspetto comunitario. Molto spesso questo viene omesso quando vengono applicate soluzioni private e più vantaggiose.

Questo senso di appartenenza va oltre la mia comunità locale, e le relazioni fraterne vanno oltre la mia comunità. È una lotta costante tra il pensare globalmente e l’agire localmente. Non possiamo essere indifferenti alla nostra missione condotta in molte parti del mondo anche se questa non tocca la nostra comunità; al contempo, dobbiamo ricordare che la qualità della nostra missione nel mondo dipende dalla fedeltà ai nostri impegni locali.

La parola di Dio è la luce per il nostro cammino

Romani 12, 1-8 (lettura del testo)

Paolo inizia il suo discorso, indirizzato ai suoi fratelli, con una forte affermazione: “Vi esorto… per la misericordia di Dio” e li invita a diventare “un sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”.

Invita i suoi fratelli a entrare in un processo di discernimento. Li chiama a non conformarsi alla situazione attuale ma a ricercare la volontà di Dio usando le nostre capacità umane.

Egli indica che un solo corpo è composto da molte membra, e che l’intera struttura trova le sue fondamenta solo se è radicata in Cristo. In tal modo egli considera la dimensione universale e individuale della Chiesa, ma sottolinea che è Cristo a dare unità a questa composizione. L’unità e la diversità sono apprezzate e intese come modo per comprendere, nella fede, la volontà di Dio sia per le realtà globali che locali. Queste dovrebbero completarsi e sostenersi a vicenda.

È interessante osservare come si sviluppino i temi dei paragrafi che costituiscono il capitolo 12 della lettera di S. Paolo ai Romani. Il capitolo inizia con un invito al sacrificio del corpo e della mente; poi tratta della composizione della Chiesa, e alla fine Paolo indica la forza trainante che dovrebbe animare e dare vita all’intera struttura: l’amore reciproco. Formano insieme una sequenza che potrebbe servire come modalità di approccio e di analisi di ogni realtà complessa, come la chiesa, la congregazione, la comunità, ecc.

Dalla nostra fonte

Padre Joseph W. Tobin, alla fine del suo mandato come Superiore Generale della nostra Congregazione, ha scritto una Communicanda dal titolo: Lettera ai Confratelli. In questa lettera descrive lo stato della Congregazione. Tra molte osservazioni importanti ce ne sono alcune che possono aiutarci a riflettere sulla vita e la missione dei Redentoristi nella Chiesa e nel mondo come un corpo missionario.

Communicanda 3 – 2009 (73-76):

Mi sembra che dobbiamo essere d’accordo sul fatto che per noi seguire Cristo in un mo-do o in un altro non è qualcosa di arbitrario. In tema di vocazione non c’è nulla di arbitrario. Ogni cristiano deve seguire la sua vocazione, vale a dire, la volontà di Dio nel suo caso specifico e, una volta che l’ha trovata, al pari dell’uomo nella parabola di Gesù, “pieno di gioia, vende tutti i suoi averi” per vivere in fedeltà alla chiamata del Signore (Mt. 13,44). Per la mia mamma e il mio papà, la loro vocazione come sposi e genitori è superiore a tutte le altre poiché è la loro vocazione, vale a dire, l’unica alla quale essi erano chiamati. Per me, essere Redentorista è il modo migliore di vivere, poiché è l’unico a cui Dio mi ha invitato.

In forza della nostra professione, abbiamo risposto a Dio col dono totale di noi stessi e ci siamo dedicati a cercare la volontà di Dio dentro una concreta comunità ecclesiale, la Congregazione. La nostra obbedienza a Dio, qualcosa di invisibile, ha luogo nel contesto della nostra comunità visibile.

Proprio come non possiamo affermare di amare Dio che non vediamo, se disprezziamo il fratello che vediamo (cf. 1Gv 4,20-21), i Redentoristi non possono affermare che cercano la volontà di Dio se questa ricerca non avviene dentro la comunità visibile della Congregazione. Così, le norme che guidano il discernimento e il processo decisionale sono di cruciale importanza per evitare il rischio di ridurre la missione della Congregazione ad un lavoro o ad una carriera intrapresa principalmente per affermare il proprio prestigio e così da essere gestito più o meno dal singolo.  Le nostre Costituzioni propongono che la ricerca della volontà di Dio è un compito per il quale ogni membro della Congregazione è corresponsabile.

Nessun Redentorista si può escludere dall’aiutare a creare una comunità obbediente, poiché a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito al servizio del bene comune (Cost 92; cf. 1Cor. 12,7; Cost 72). Pertanto, un servizio cruciale per chi ha l’autorità è incoraggiare le comunità nel loro sforzo di ascoltare, discernere e realizzare la volontà di Dio, “guidando i confratelli in modo che essi cooperino con obbedienza attiva e responsabile all’adempimento dei loro compiti e nel dare vita a nuove iniziative” (Cost 72).

Per la riflessione e la discussione:

  1. Cosa ne pensi della qualità della vita comunitaria nella tua comunità?
  2. Puoi elencare dei punti positivi sulla nostra vita e sul nostro lavoro comunitario?
  3. Come possiamo migliorare la nostra vita e la nostra missione come comunità?

UN SOLO CORPO è un testo mensile di preghiera proposto dal Centro di Spiritualità Redentorista. Per maggiori informazioni:

Fr. Piotr Chyla CSsR (Direttore del Centro di Spiritualità –  fr.chyla@gmail.com). Il testo è stato tradotto da: Massimiliano Mura CSsR