La donna e il miracolo della vita

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(dal Blog dell’Accademia Alfonsiana)

A più di cento anni si “celebra” la donna l’8 marzo. Senza disconoscere il valore dei passi fatti in avanti, è fuori discussione che la donna è ancora violata e discriminata.

Troppe donne sono vittime di violenze e di maltrattamenti persino nell’ambito familiare, e altrettante quelle costrette a vendere, assieme al corpo, la loro dignità. Purtroppo, la pandemia e “l’isolamento” connesso ha rinchiuso tante donne, vittime di disumana violenza, in autentiche gabbie. Già 5 anni orsono anche Papa Francesco in Amoris Laetitia aveva scritto che se è vero che notevoli passi avanti sono stati fatti localmente nel riconoscimento dei diritti della donna, a livello globale la strada da fare è ancor tanta (Cfr. AL, n. 54). Ogni forma di violenza sulla donna, sia essa fisica, verbale o sessuale, non è “una dimostrazione di forza mascolina bensì codardo degrado” (AL, n.54).

La Chiesa ha il dovere di schierarsi in prima linea, perché nel disegno di Dio la bellezza della diversità è creazione molto buona per volontà e constatazione di Dio stesso (cfr. Gen 1,27-28). Basterebbe riflettere su questo punto per comprendere che ogni discriminazione rappresenta una profanazione nei confronti di Dio.

Occorre lottare per rivendicare la verità, la bellezza della diversità. Come in ogni battaglia sono tanti gli innocenti che muoiono. La giornata internazionale della donna è collocata nel mese della primavera e dell’Annunciazione. Primavera è la stagione della rinascita, l’annunciazione è l’evento che fa passare il compimento della Salvezza per il concepimento. Per la donna quello della gravidanza è tempo meraviglioso e difficile, tempo in cui: “la madre collabora con Dio perché si produca il miracolo di una nuova vita” (AL,n. 168). Troppe donne, oggi, annoverano tra i loro diritti quello sulla vita e sulla morte. E si oscilla dal: “voglio un figlio a tutti costi”, al: “questo figlio non lo voglio, lo Stato mi deve concedere di abortire”. Tra questi due estremi oscillano svariate pratiche. Gli uomini ricercano, studiano, operano ciò che la tecnica consente, ma il tutto avviene nel corpo della donna.

Occhio non vede, cuore non duole. È una massima saggia, ma sempre valida? Limitandosi all’aborto, viste le reazioni alla Legge che in Polonia vieta l’aborto. Si può riflettere. Abortire è impedire a un bambino di nascere. Non ha chiesto di essere concepito, ma qualcuno sceglie che non dovrà nascere. Occhio non vede cosa accade nel corpo della madre, ma il cuore non duole? La donna è costitutivamente madre. La prima donna della storia biblica è ricordata per la sua collaborazione al peccato, ma è dimenticato che ella si chiama Eva perché è la madre dei viventi (cfr. Gn 3,20), oscurando così il senso più profondo della femminilità. Per lo stesso fatto di essere donna si è madre, grembo che accoglie, nutre, protegge, dona, educa, accompagna, lascia andare. È l’essenza della donna.

Diverse e drammatiche possono essere le motivazioni che spingono una donna ad abortire. Può il cuore non dolersi se ella va contro sé stessa? Compiere questo atto drammatico su un freddo tavolo operatorio o nella meschinità di una pillola e lasciata alla vulnerabilità della propria casa promuove la libertà della donna e ne tutela la salute? O piuttosto la espone fisicamente, psicologicamente, ontologicamente alla solitudine, alla chiusura, all’abbandono? Può una società disinteressarsi di come la libertà si va sviluppando? Rispetto della libertà è abbandonarla a sé stessa? Una società che vuole essere semplicemente umana dovrebbe onestamente interrogarsi!

Filomena Sacco