(dal Blog dell’Accademia Alfonsiana)
Aristotele ci dice che un modo per capire un dato termine è capire il suo opposto. Qual è il contrario di “altro”? Un dizionario potrebbe indicare “stesso”. In fenomenologia, questa distinzione apparentemente banale ha assunto proporzioni epocali, soprattutto grazie al pensiero di Emmanuel Levinas (1906-1995).
Un tema chiave del pensiero di Levinas è la nostra radicale incapacità di fare spazio all’altro, per ciò che non è uguale a noi. Egli denuncia con forza questa tendenza cronica a totalizzare il sé. Il totalitarismo del nazismo, per esempio, (che ha conosciuto indirettamente attraverso l’uccisione di alcuni membri della sua famiglia) è per lui l’ultima espressione esteriore di una forma molto più banale di totalitarismo che domina la vita umana.
Facciamo un semplice esempio. Due donne sono nel reparto oncologico di un ospedale:
Jean: Tesoro, come stai oggi?
Ann: Non troppo bene. Il braccio sinistro mi fa molto male. È come se bruciasse.
Jean: Conosco molto bene questo dolore. Non hai idea di quanto mi facesse male il piede ieri sera…
Ciò che è rappresentato su scala nanometrica in questa scena avviene quotidianamente, ogni ora, su scala micro, meso e macro nelle nostre vite private e pubbliche: ognuno di noi, se scaviamo un pò sotto la superficie, è un pò come Jean.
Levinas attribuisce questo alla storia della civiltà occidentale. Questa cultura, o queste culture, ci formano, soprattutto attraverso il linguaggio, “all’egologia” fin dalla tenera età. L’egologia è un problema filosofico e morale molto più profondo del semplice egoismo. L’egoista probabilmente ha qualche vago senso della sua mancanza di cura per l’altro, l’egologista – per definizione – è così assorbito da sé da essere incapace persino di porsi questo problema.
Che fare?, si chiese una volta un grande egologista. Non molto, secondo Levinas, la nostra condizione è abbastanza critica. Il meglio che “l’io” può sperare sono alcuni momenti fugaci in cui io, non figurativamente, ma realmente, riconosco che il mondo, l’altro e Dio non sono uguali a me.
p. Martin McKeever, CSsR