Vivere la vocazione nella fedeltà al Signore e nella riconciliazione

0
330

Ieri, nella cattedrale di Madrid, sono stati beatificati i dodici Redentoristi morti martiri nel 1936. In questo modo la Chiesa ha proclamato solennemente che il modo in cui vissero e morirono era testimonianza della loro unione con Cristo ed esempio del fecondo compimento della nostra vocazione battesimale e religiosa. Cosa può dirci oggi la testimonianza dei martiri?

“Nel 1936 c’erano due comunità Redentoriste a Madrid: una nel Santuario di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso e l’altra nella Basilica di San Miguel” – dice padre Marek Raczkiewicz CSsR, professore all’Università Cattolica Comillas di Madrid. – “Il 20 luglio i rivoluzionari hanno cominciato a bruciare chiese e monasteri e ad arrestare sacerdoti, religiosi e laici cattolici. I Redentoristi, per ordine dei loro superiori, cominciarono a cercare rifugio presso la famiglia e gli amici. Nel pomeriggio i due religiosi hanno lasciato il monastero nella Basilica di San Miguel. Tuttavia, in un angolo trovarono un gruppo di militanti che cominciò a gridare: “Fascisti, fascisti”. I Redentoristi hanno risposto con calma: “No, siamo religiosi”. Lo stesso giorno sono stati fucilati nel parco di Casa de Campo. Il religioso cieco Nicesio, 77 anni, dopo il suo arresto ha dichiarato: “Non possiamo separarci nell’odio. Lascia che ti abbracci.” Ha abbracciato tutti, li ha benedetti e poi ha detto: “Mira bene!” Padre Vincent Renuncio si è nascosto sotto falso nome, ma alla fine è stato arrestato. Fu sorpreso di sentire il suo vero nome tra quelli da giustiziare. Ha sacrificato la sua vita per la Chiesa, la Congregazione e per la Spagna”.

P. Antonio Quesada CSsR, vice-postulatore per la causa, fa notare che i martiri beatificati a Madrid sono i primi Redentoristi nella storia della nostra Congregazione che hanno mostrato la loro fedeltà a Cristo in circostanze così drammatiche.

“Fino al 20 luglio 1936 la Congregazione del Santissimo Redentore aveva subito diverse persecuzioni religiose, ma nessuno dei Redentoristi era morto martire. A partire dai tre fratelli morti martiri il 20 luglio 1936, nella Congregazione si apre una porta che si concluderà un anno dopo. Qual è l’incontro del Vangelo con il totalitarismo. Qui in Spagna furono martirizzati 20 confratelli. Oggi celebriamo la beatificazione di 12 di loro. E poi, beh, saranno i martiri dell’Ucraina, quelli della Polonia e anche quelli della Slovacchia.

P. Antonio Quesada, CSsR, Antonio davanti alla targa che ricorda i martiri di Cuenca, beatificati nel 2013.

Alla domanda sul significato della beatificazione per la nostra Congregazione Redentorista, P. Antonio Quesada risponde:

«Significa, allora, che il nostro carisma evangelizzatore e missionario ha saputo vivere il suo voto di perseveranza in mezzo a circostanze tragiche, e ha vissuto quella fedeltà al Signore alla vocazione, senza abiurare la propria fede, testimoniando con la propria vita di quel prezioso per il quale si erano consacrati al Signore. E per la Chiesa spagnola e per la Chiesa universale, perché ci chiama a vivere con passione la nostra fede. Ci invita a vivere la nostra vocazione nella fedeltà al Signore. E vivere la nostra vita con generosità. In modo tale da non anteporre mai nulla alla chiamata del Signore. Ed è anche un invito, quindi, alla riconciliazione e alla fratellanza di tutti i popoli, poiché tutte le vittime si stringono la mano”.

(sulla base del materiale inviato da P. Marek Raczkiewicz CSsR)