Comprendere con empatia

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(dal Blog dell’Accademia Alfonsiana)

Comprendere con empatia chi ci ha offeso da una prospettiva etica e psico-spirituale (1/2)

Osservare questa icona del giubileo della misericordia (2015-16), nella quale lo sguardo di Gesù si confonde con quello della persona ferita, ci aiuta a capire come la comprensione empatica della sofferenza dell’altro favorisce l’adozione di atteggiamenti compassionevoli e misericordiosi: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati» (Lc 6,37).

Per poter integrare questo insegnamento etico di Gesù nel quotidiano dei nostri giudizi morali, può essere utile accogliere l’approccio terapeutico psico-spirituale del perdono proposto dal sacerdote e psicologo canadese Jean Monbourquette. A partire dalle tredici tappe del suo modello[1], la settima si rivela pertinente per aiutarci a vivere un perdono empatico verso chi ci ha offeso[2]. Infatti, questa tappa consiste nell’adottare uno sguardo empatico verso il proprio offensore, per riuscire a capire meglio il “perché” del gesto offensivo. Quindi, per essere empatico con l’offensore, la persona ferita ha bisogno: a livello cognitivo, di assumere la prospettiva dell’offensore, cioè “mettersi nei suoi panni”; ed a livello affettivo, di sentire le emozioni dell’offensore. Pertanto, suggerisce quattro atteggiamenti etici che possono illuminare il nostro giudizio morale.

1) Comprendere con empatia l’offensore implica cessare di biasimarlo, per poter identificare l’aspetto della mia dinamica psicologica e personale che è stata ferita attraverso il gesto offensivo. In definitiva, questo sguardo empatico sulla situazione dell’offensore ci fa capire l’importanza di essere empatici con noi stessi per riconciliarsi con la nostra ombra[3]. Cioè ammansire gradualmente gli aspetti negativi della propria personalità che a volte abbiamo difficoltà a riconoscere e accettare i propri difetti, ferite, fragilità, vulnerabilità.

2) Per comprendere con empatia l’offensore, risulta illuminante conoscere meglio il suo vissuto passato e la sua storia di vita. Perché «una migliore comprensione dei precedenti familiari, sociali e culturali di una persona, anche se non giustifica il suo comportamento negativo, per lo meno lo spiega in parte»[4].

3) Comprendere con empatia l’offensore significa cercare la sua intenzione positiva. Perché «in ogni individuo si trova una volontà irriducibile di crescita, anche nei gesti di grande cattiveria»[5]. Per esempio, il desiderio di affermazione di se stesso, di essere riconosciuto, dell’autostima, della fiducia in se stesso, ecc.

4) Comprendere con empatia l’offensore significa riconoscere il suo valore e la sua dignità. Cioè provare a vedere una persona umana, al di là dell’atto cattivo del l’offensore[6]. In questo senso, secondo Giusti e Corte, «l’empatia e la capacità di capire la prospettiva dell’offensore sono facilitate se questo è percepito come essere umano distinto, separato dai propri bisogni e desideri»[7].

Perdonare, secondo Monbourquette, è dunque un processo graduale che mira, da una parte, a una guarigione psicologica della persona ferita; e dall’altra, a un cammino spirituale di apertura dell’anima alla grazia di Dio, per vivere un amore incondizionato verso chi ci ha offeso. Pertanto, questa comprensione empatica, cognitiva ed affettiva ci consentirà:

  • di avere una migliore consapevolezza di noi stessi;
  • di capire meglio la situazione e la dinamica personale dell’offensore;
  • di crescere nel processo di perdono, di riconciliazione e di guarigione psico-spirituale[8];
  • di illuminare i nostri giudizi morali di misericordia e di compassione quando siamo offesi;
  • infine, di «non giudicare, per non essere giudicati, e non condannare, per non essere condannati» (Lc 6, 37).

Mario Boies, C.Ss.R., M.Ps.


[1]    Cf. J. Monbourquette, L’arte di perdonare: guida pratica per imparare a perdonare e guarire, Paoline, Milano 201513, 85-218.

[2]    Cf. Ibid., 154-163.

[3]    Cf. Ibid., 156-157.

[4]    Ibid., 158.

[5]    Ibid., 158-159.

[6]    Cf. Ibid., 160.

[7]    E. Giusti – B. Corte, La terapia del per-dono: dal risentimento alla riconciliazione, (Psicoterapie & Counseling, 73), Sovera Edizioni, Roma 2009, 105.

[8]    Cf. J. Monbourquette, Chiedere perdono senza umiliarsi: guida pratica, Paoline, Milano 2008, 173-176.