(dal Blog dell’Accademia Alfonsiana)
La franca denunzia della guerra come falsa risposta ai problemi si è fatta più pressante in questi ultimi mesi nel magistero di Papa Francesco. In Fratelli tutti (nn. 256-262) viene ribadita con forza, dando ulteriori stimoli non solo alla riflessione teologica, ma soprattutto all’impegno di tutti per la pace come condizione ineludibile per costruire futuro.
«La guerra non è un fantasma del passato, ma è diventata una minaccia costante. Il mondo sta trovando sempre più difficoltà nel lento cammino della pace che aveva intrapreso e che cominciava a dare alcuni frutti» (FT, n. 256). La durezza di quanto sta accadendo, soprattutto il rischio di una catastrofe atomica, rende quanto mai urgente l’impegno a tutti i livelli. In tutte le forme occorre ribadire che la guerra è sempre una non risposta ai problemi che si vorrebbero risolvere: «Non possiamo più pensare alla guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori all’ipotetica utilità che le si attribuisce. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Mai più la guerra!» (FT, n. 258).
Non è possibile però limitarsi a ribadire delle affermazioni di principio. L’opzione incondizionata per la non violenza è per i credenti una esigenza imprescindibile della sequela Christi e criterio decisivo della loro identità: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). E questo perché, prima che responsabilità e impegno di ognuno e dell’intera comunità, è dono e possibilità nuova anticipata dallo Spirito: va accolta con gioia fiduciosa in modo da plasmare la mentalità e porsi come criterio di discernimento a tutti i livelli.
Credo che sia responsabilità di ognuno fare che tutto questo si affermi in maniera più chiara. Occorre un sentire sociale nuovo, che rifiuti di legittimare atteggiamenti e prassi ispirati alla contrapposizione e alla violenza: da quelli presenti nel linguaggio e nei comportamenti quotidiani a quelli riguardanti i rapporti tra gruppi e nazioni. È illusorio pensare di poter dire un convinto e costruttivo no alla guerra quando gli stili di vita non si lasciano plasmare dalla logica della reciprocità, del dialogo, del camminare insieme.
Per questo è importante una maggiore condivisione dell’impegno per rifiutare, dimostrandone l’infondatezza e la pericolosità sociale, le pseudo giustificazioni, che vengono spesso propagandate in modi diversi, soprattutto sfruttando abilmente le capacità dei media: «Facilmente si opta per la guerra – ricorda ancora Papa Francesco – avanzando ogni tipo di scuse apparentemente umanitarie, difensive o preventive, ricorrendo anche alla manipolazione dell’informazione» (FT, n. 258). Più importante però è la proposta in positivo della cultura della pace, come l’unica che permette effettivamente di costruire autentico futuro.
Come tutti i valori, anche la non violenza, per essere effettivamente efficace, deve diventare discernimento, cogliendo con fiducia i passi possibili. Dovrà essere espressione di dialogo e di confronto sincero. Il monito di Gaudium et spes resta attuale: «Sarà la stessa visione cristiana della realtà che li orienterà, in certe circostanze, a una determinata soluzione. Tuttavia, altri fedeli altrettanto sinceramente potranno esprimere un giudizio diverso sulla medesima questione, come succede abbastanza spesso e legittimamente» (n. 43).
Sabatino Majorano, CSsR
Professore emerito dell’Accademia Alfonsiana