Il Natale: dobbiamo risvegliare in noi l’umanita

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– “Il Natale è la possibilità data a ciascuno di noi di rinascere nella propria carne e di risvegliare in noi l’umanità addormentata che ha bisogno di alzarsi, credere in sé stessa e camminare nella speranza” – ha detto p. Rogerio Gomes CSsR, superiore generale,  nella sua omelia tenuta durante la messa della notte di Natale del Signore. 

P. Generale ha presieduto la messa concelebrata con la comunità redentorista nel Santuario della Madre del Perpetuo Soccorso a Roma, il 24 dicembre, ore 22.30.

Nell’omelia il Generale ha riferito della sua recente visita in Polonia e Ucraina e del suo incontro con le persone colpite dal male della guerra. 

Dio ha accolto la natura umana nel mistero dell’incarnazione, valorizzando il corpo umano. Al contrario, l’egoismo e la guerra sono una negazione di questo valore, un colpo al valore e alla dignità della persona umana, ha affermato.

P. Generale ha ricordato le parole di Sant’Alfonso de Liguori: “nell’opera dell’Incarnazione è stata necessaria tutta l’onnipotenza e la sapienza infinita di un unico Dio, affinché la natura umana si unisse a una Persona divina e una Persona divina assumesse la natura umana”. 

P. Rogério ha incoraggiato i confratelli e i tutti partecipanti della liturgia a vivere ogni giorno il messaggio del Natale:  – “Da questo mistero dobbiamo trarre la lezione di umanizzarci, di essere esperti di umanità nelle nostre relazioni comunitarie e nel servizio che rendiamo al Popolo di Dio, specialmente ai più poveri e abbandonati”. 

Il testo completo dell’omelia del Padre Generale si trova sotto la galleria fotografica.

Testo completo dell’omelia del Padre Generale:

Carissimi Confratelli,
Cari partecipanti di questa celebrazione di Natale.

La pace che scaturisce del Principe della Pace sia con voi!

  1. In questa Notte santa, come comunità credente, celebriamo la Solennità del Natale del Signore, l’Emmanuele, il Dio con noi, il grande paradosso del Dio che si fa uomo e pianta la sua tenda in mezzo a noi (cf. Gv 1,14). Nonostante il dolore e la sofferenza nel mondo, dobbiamo festeggiare con gioia e speranza, perché siamo araldi e missionari della speranza.
  2. Se Dio si è fatto carne, il Vangelo si fa carne nelle persone reali con le loro storie di salvezza. Allora, vorrei iniziare con una pagina del Vangelo vivente che P. Stanula, il mio vicario, e io abbiamo incontrato a Cracovia, dopo nostra visita a Ivano-Frankivsk, Ucraina. Nell’albergo per rifugiati, una signora ucraina di 84 anni, di nome Anastasia, che ha perso tutto a causa della guerra. Lei era la sintesi della sofferenza di un popolo! Questa signora era cieca conseguenza della cataratta. Dal bombardamento le è rimasta solo la sua piccola casa. Essendo cieca e vivendo da sola, quando ha cercato di cucinare, ha accidentalmente messo fuoco alla sua stessa casa. È finita per strada e tra i rifugiati di guerra che partirono per la Polonia. Nel suo viso, con i segni del tempo, la domanda che ci ha fatto: “dove andrò dopo? Non ho nulla!”, lei mi ha detto! Ma Anastasia, quando è arrivata al nostro albergo per rifugiati in Polonia, dopo un intervento di cataratta, ha iniziato a vedere. Questa pagina viva del Vangelo mi ha fatto riflettere. Quella donna anziana, con i segni del tempo sul viso, era la paradossale incarnazione del Natale.
     
  3. Anastasia, in greco Ἀναστασία, significa resurrezione, risveglio, risorgere, colei che ha la forza di risorgere, risorta, un nuovo svegliarsi, che si mette in piedi. Nella tradizione cristiana il Natale e la Pasqua sono due eventi in cui si celebra una nuova vita. E la vita nasce dal dolore, ma non rimane nel dolore. Il dolore del mondo non sarà totalmente eliminato, conviviamo con il dolore giorno per giorno, ma il dolore più terribile, è quello della disumanità. Il dolore della disumanità nessun essere umano lo dimentica, e può anche perdonarlo; il dolore delle nostre perdite naturali è guarito dal tempo, seppure la nostalgia rimane… 
  4. Anastasia è l’incarnazione del dolore e della nuova vita che irrompe nell’oscurità! Ha perso tutto quello che aveva, ma ha riacquistato la vista, poteva vedere nuovamente le persone, il mondo accanto a lei. Nonostante il suo dramma esistenziale, lei era gioiosa. E come si può essere gioioso di fronte all’assurdità della guerra? Questa donna mi ha comunicato, nonostante tutte le incertezze, la sua forza. Senza dirmi, la sua presenza mi parlava che la vita continua e va vissuta con tutta la sua intensità. Alla fine dell’incontro, mi ha abbracciato maternamente e mi ha augurato un felice Natale. Sono rimasto perplesso e ho ricambiato l’augurio. Per essere sincero non sapeva cosa dire a lei.
  5. Con la sua capacità di risorgere, Anastasia mi ha comunicato riconciliazione, gioia e speranza. Lei non ha perso la sua umanità, anzi, era la vittima della disumanizzazione. Disumanizzarsi significa perdere la propria carne e chiudersi nell’egoismo che provoca la morte totale dell’essere umano e si impone come forma di potere capace di non rispettare l’umanità dell’altro. Quest’è la logica di coloro che provocano la violenza e la guerra. Loro hanno abbandonato la propria carne. Fanno esattamente il contrario di ciò che celebriamo, il Natale, un Dio che si incarna. 
  6. È dalla forza che proviene dalla kenosi amorosa di Dio Padre, manifestata nel Verbo incarnato, un essere umano, soggetto a vincoli e leggi temporali (cf. Mt 1, 1-25), che traiamo la forza necessaria per la novità che si sta dispiegando davanti a noi. Come ci ricorda Santo Alfonso: “nell’opera dell’Incarnazione è stata necessaria tutta l’onnipotenza e la sapienza infinita di un unico Dio, affinché la natura umana si unisse a una Persona divina e una Persona divina assumesse la natura umana. In questo modo Dio si è fatto uomo e un uomo è stato fatto Dio”.[1]  Da questo mistero dobbiamo trarre la lezione di umanizzarci, di essere esperti di umanità nelle nostre relazioni comunitarie e nel servizio che rendiamo al Popolo di Dio, specialmente ai più poveri e abbandonati
  7. Per noi Consacrati, la comunità religiosa, nella sua essenza, diversità e complessità, è un luogo teandrico, da cui deve scaturire molta vita che si presenta a noi nei diversi contesti della realtà con le sue gioie, sofferenze, dolori, speranze ed esperienze di Dio. Per questo celebriamo in comunità.  Altrimenti, neghiamo la tenerezza divina del Bambino di Betlemme che esiste in ognuno di noi e il primo annuncio – p il nostro essere testimoni – viene compromesso dai nostri atteggiamenti personali che disincarnano il nostro essere e lo frammentano! Il nostro essere frammentato è vulnerabile e si impoverisce perché perde gradualmente la sua mistica e, di conseguenza, la dimensione dell’unità e della fraternità e diventa sterile
  8. La immagine del Natale è quella del bambino-Dio e del Dio bambino.  La nascita di un bambino, dal concepimento in poi, è coinvolta in una serie di eventi silenziosi e nella materialità di un’attesa; la nascita, il dono, la materializzazione di un mistero che si apre, carico di aspettative, di desideri, di sogni, di orizzonti da tracciare e di attese, di anastasis… Il Natale è la tenera misericordia del nostro Dio, che ci ha visitato per dare luce a coloro che abitano nelle tenebre e nell’ombra della morte, e per guidare i nostri piedi nelle vie della pace.
  9. Il Natale tocca profondamente la carne umana. Non è un evento metafisico, un’idea. Rivela il paradosso del mistero. Da un lato non possiamo capire che un Dio si faccia umano, ma dall’altro è un Dio concreto che assume la realtà umana nella sua interezza e integralità. Così il Natale è la possibilità data a ciascuno di noi di rinascere nella propria carne e di risvegliare in noi l’umanità addormentata che ha bisogno di alzarsi, credere in sé stessa e camminare nella speranza. È un’anastasi che celebriamo ogni anno.
  10. Maria, Madre del Redentore, Nostro Perpetuo Soccorro, insegnaci a camminare sulle orme del tuo Figlio Gesù, essendo messaggeri, missionari di speranza, di riconciliazione e di pace. Così sia! Amen. Buon Natale a tutti!

P. Rogério Gomes, C.Ss.R
Superiore Generale


[1] AFONSO M. DE LIGORIO. Meditações. Tomo III. Friburgo em Brisgau: Herder, 1922, p. 410.