Testimonianze bibliche dell’Avvento: Simeone e Anna

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Simeone e Anna: un’anzianità matura e generosa: più testimoni che protagonisti

Per la nostra 3a meditazione che potrebbe servire per la nostra buona preparazione alla venuta del Signore – è per preparazione intendiamo il poter riflettere un po’ sulla nostra vita personale e comunitaria con il desiderio di sintonizzarla meglio col Vangelo – propongo di soffermarci sulla testimonianza di Simeone e Anna delineata in Lc 2,25-38. Il Vangelo di Luca ci parla di Simeone ed Anna, due anziani che hanno fatto dell’attesa di Dio la loro ragione di vita – proprio come modello degli anziani credenti. Voglio ricordare qui le parole profetiche di Papa Benedetto XVI «Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta rendano Dio credibile in questo mondo. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini»[1].

1. Simeone

Simeone o Shimon (dall’ebraico Šimʿon) in ebraico significa «Dio ha ascoltato», «Dio sente». Chi era questo Simeone? Gli apocrifi biblici sono ricchi di speculazioni su di lui[2]. Il Protovangelo di Giacomo (testo apocrifo scritto in Greco e datato intorno al 150 d.C.) dice che Simeone doveva essere un sommo sacerdote. GliAtti di Pilato ci dicono che Simeone doveva essere un rabbino. Stava per raggiungere 112 anni di vita quando incontrò Gesù, così dice Pseudo-Vangelo di Matteo. Un altro racconto apocrifo dice che fu il piccolo Gesù a parlare a Simeone e a dirgli che le sue preghiere erano state ascoltate, esaudite. Quindi c’è un bellissimo contrasto narrativo: tra il vecchio, di 112 anni secondo gli apocrifi, e un piccolo bambino; tra un uomo che conclude il viaggio della vita e un bambino che inizia la vita. Il vecchio Simeone rappresenta il popolo d’Israele che sta per finire in questa forma. Allo stesso tempo, però, questo vecchio Israele è, come sentiamo, molto giovane a causa della presenza dello Spirito. Simeone, rappresentante di un Israele che sta per finire, preannuncia un Israele rinnovato, preannuncia cioè la Chiesa che sarà una comunità su cui discenderà lo Spirito Santo, in cui vivrà lo Spirito Santo e che sarà guidata dallo Spirito Santo.

            Simeone viene presentato con due caratteristiche: era «uomo giusto e pio» e «aspettava la consolazione d’Israele» (v. 25). Con la sua attesa della «consolazione» questo vegliardo incarna la grande speranza che anima Israele, l’attesa della consolazione messianica (cf. Is 40,1; 49,13; 52,9). Non può passare inosservata l’accentuazione posta da Luca sullo Spirito Santo nel caratterizzare la persona di Simeone. Il riferimento sullo Spirito Santo ricorre tre volte: «lo Spirito Santo era su di lui» (v. 25); «lo Spirito Santo» gli aveva fatto una rivelazione – non sarebbe morto prima di avere visto l’Unto del Signore(v.26); infine, «mosso dallo Spirito, si reca al tempio» (v. 27).

            Il Vangelo racconta che Simeone «lo accolse [il bambino Gesù] tra le braccia e benedisse Dio» (v. 28).Conviene porre l’attenzione sul fatto che il testo originale non dice che lui «prese» Gesù, ma che «ha ricevuto e accolto Gesù». Questo significato deriva dal verbo greco ἐδέξατο / edeksato qui usato[3] e mette in luce una verità teologica importante, che tutti noi riceviamo (accogliamo) Gesù.

            Simeone è un testimone della verità rivelata, espressa in modo narrativo dall’evangelista Luca: chi cammina lasciandosi guidare dallo Spirito Santo è sempre al posto giusto, al momento giusto e così è in grado di ricevere/accogliere Gesù. E ricevendo Gesù, si riceve il conforto e la gioia, proprio come si aspettava Simeone: «Lui aspettava la consolazione d’Israele» (v. 25). Quest’attesa della consolazione è la caratteristica più importante di Simeone. Egli incarna la grande speranza che animava Israele, l’attesa della consolazione messianica (cf. Is 40,1; 49,13; 52,9). Per questo, avendola ricevuta in Cristo, Simeone canta la gioia degli occhi che hanno visto e possono ormai chiudersi: «ora lascia, o Signore che il tuo servo vada in pace perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza (…) luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele (vv. 29-32). Gli occhi di Simeone vedono in Gesù la luce che è destinata a brillare davanti al volto dei pagani[4]. Simeone, l’avanzato nella età “uomo toccato da Dio” testimonia che «attraverso una fede illuminata e vissuta» si mette in evidenzia la presenza di Dio nella storia.

2. Profetessa Anna

Diversamente da Simeone, che viene al tempio per le circostanze, mosso dallo Spirito Santo, la profetessa Anna è già nel luogo sacro. Luca la presenta in maniera concisa: era la figlia di Fanuel (il nome di suo padre richiama Penuel, cioè «volto di Dio»: Gen 32,21). Questo nome indica l’identità di un profeta. Il profeta è infatti «il volto di Dio». Gli ebrei, che provenivano da una vita nomade, privi di un elaborato vocabolario filosofico, quando parlavano della presenza di una persona, parlavano di un volto. Così, quando gli israeliti dicevano: «sto davanti al tuo volto», con questa frase intendevano dire: «sto alla tua presenza». Quindi, essere un profeta significa «essere il volto di Dio». Apprendiamo anche che la profetessa Anna proveniva dalla Galilea, da quella Galilea gentium (dei pagani) disprezzata dai farisei, dai sadducei e dagli scribi. Questa sua origine conferma che chiunque, a prescindere dalla sua provenienza, può essere riempito di Spirito Santo.

            La casa di questa donna, in età avanzata, è diventato il tempio: «non si allontanava mai dal tempio» (v. 37). Questa osservazione attesta che Anna ha fatto della lode di Dio il senso e la ragione della sua vita quotidiana. L’evangelista Luca mette anche in chiara evidenza che lei – invecchiata nel digiuno e nella preghiera – ha svolto una chiara opera evangelizzatrice poiché «parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme» (v. 38). Il profetismo di Anna consisteva in un parlare entusiastico di Gesù a tutti coloro che aspettavano la redenzione[5].

            Simeone non ha consumato la vita a rimpiangere il passato, ma si è rivolto verso il futuro, teso ad accogliere e presentare al mondo colui che è «Luce delle genti». Anna nella vecchiaia tendeva all’essenziale e rimaneva forte nella speranza. Per entrambi, la vecchiaia non era diventata un tempo di delusione o di impotenza, ma il tempo dell’attesa, della speranza. Simeone e Anna sono quindi i testimoni della bellezza della vecchiaia, quando non si vive nel rimpianto del passato, ma nella speranza e nel desiderio di incontrare Dio.

            Non è una casualità che la chiesa ha scelto proprio il vangelo della presentazione del Signore per celebrare la vita religiosa. Difatti: vivere a lungo nel tempio per ascoltare la Parola del Signore; rimanere fedele alla preghiera e all’intercessione per il mondo; accettare di dimorare nell’attesa, sono dei tratti essenziali della vita religiosa. Ma c’è soprattutto un altro elemento che è molto più importante. Luca ci dice che Simeone e Anna non erano guidati dai loro pensieri o dai loro sentimenti, ma dallo Spirito Santo. Così, l’evangelista ci ricorda che la spiritualità non è niente altro che vivere sotto la guida dello Spirito di Dio, ascoltare lo Spirito di Dio.

3. Testimoni di una vecchiaia dotata di vigilanza spirituale

La forma che lo Spirito Santo concede alla vita consacrata è la «profezia». I consacrati/e sono chiamati ad essere profeti. Dobbiamo essere grati a Papa Francesco perché, nella sua Lettera in occasione dell’anno della vita consacrata, ha finalmente messo fine a una ambiguità troppo a lungo coltivata: «La radicalità evangelica non è solamente dei religiosi: è richiesta a tutti». La nota che contraddistingue la vita consacrata, la sua specificità non è la radicalità, ma la profezia: «I religiosi seguono il Signore in maniera speciale, in modo profetico»[6]. Tutti sono stati amati radicalmente da Dio, tutti sono chiamati ad amarlo radicalmente. Chi di noi consacrati oserebbe dire che le nostre mamme sono state o sono tuttora meno radicali di noi nell’amore, nel donarsi, nel servizio? Dobbiamo, anzi, qualche volta vergognarci perché la nostra vita, in fondo, è più comoda di quella dei nostri papà e delle nostre mamme. Quale profezia è dunque affidata alla vita consacrata? Consacrati dalla scelta dei valori evangelici, essi devono, come i profeti nella Bibbia, «risvegliare il mondo» ai valori del regno di Dio[7]. I consacrati sono testimoni di un modo diverso di agire e comportarsi nel mondo. I consacrati, infatti, vengono dal futuro e mostrano come sarà l’umanità quando la redenzione sarà pienamente compiuta. Il profetismo del consacrato consiste proprio nel «mostrare al mondo “su sé stesso’’ (…) che la nuova creazione è effettivamente avvenuta e sta instancabilmente costruendo per l’umanità redenta quella casa a cui ogni cuore umano anela»[8].

            Nella 5a Catechesi sulla Vecchiaia intitolata La fedeltà alla visita di Dio per la generazione che viene, il Santo Padre Francesco ha affrontato la questione della società odierna «che coltiva l’illusione dell’eterna giovinezza» e «l’anestesia dei sensi spirituali» – dovuta all’eccitazione e allo stordimento di quelli del corpo – affermando che abbiamo più che mai bisogno di testimoni di «una vecchiaia dotata della vigilanza spirituale, della sensibilità dell’anima».La sensibilità dell’anima (ossia dei sensi spirituali) – esponeva poi – non riguarda semplicemente il pensiero di Dio o della religione, ma anche la compassione e la pietà, la fedeltà e la dedizione, la tenerezza e l’onore, la responsabilità propria e il dolore per l’altro. Oggi abbiamo tanto bisogno, di questa sensibilità dello spirito, della maturità dello spirito, abbiamo bisogno di anziani come Simeone e Anna: saggi, maturi nello spirito che ci diano una speranza per la vita. E in questa catechesi relativa al cammino verso la pienezza della vecchiaia Francesco ha detto una cosa rilevante: «le persone che accettano che “la visita di Dio si incarna nella loro vita”, accettano di non essere più protagonisti, ma solo testimoni»[9]. La vecchiaia che ha coltivato la sensibilità dell’anima spegne ogni invidia tra le generazioni, ogni risentimento, ogni recriminazione per un avvento di Dio nella generazione che viene, che arriva insieme con il congedo della propria.

            È bene rivolgere l’attenzione anche all’Esortazione post-sinodale “Christus vivit” rivolta ai giovani e a tutta la Chiesa. Nel testo è ricorrente l’incoraggiamento agli anziani ad accompagnare i giovani nella loro vita quotidiana, ascoltandoli mentre loro scoprono i misteri della vita e della fede. Francesco ci ricorda che questo rapporto, questo dialogo tra generazioni, è un tesoro da preservare e rafforzare. «Se i giovani e gli anziani si aprono allo Spirito Santo, insieme producono una combinazione meravigliosa»[10]. È veramente bello rendersi conto, che Francesco nelle sue raccomandazioni agli anziani parla in prima persona al plurale, parla quindi anche di sé, quando risponde alle tre domande importanti: Cosa noi anziani possiamo dare ai giovani, dire e insegnare loro?

  • «Ai giovani di oggi che vivono la loro miscela di ambizioni eroiche e di insicurezze, possiamo ricordare che una vita senza amore è una vita sterile».
  • «Ai giovani timorosi possiamo dire che l’ansia per il futuro può essere superata».
  • «Ai giovani eccessivamente preoccupati di sé stessi possiamo insegnare che si sperimenta una gioia più grande nel dare che nel ricevere, e che l’amore non si dimostra solo con le parole, ma anche con le opere»[11].

            Il Pontefice cerca così di rinnovare in noi la certezza: «se camminiamo insieme, giovani e anziani, potremo (…) frequentare il futuro, per alimentare l’entusiasmo, far germogliare i sogni, suscitare profezie, far fiorire le speranze»[12].

            Proprio nel momento in cui stavo finendo di lavorare su questa meditazione mi è arrivato un messaggio via Whatsapp: «Il nostro Fr. Władysław Drozd C.SS.R. ha raggiunto la Casa del Padre a Gliwice alle ore 14.00. Requiescat in Pace!». (Infatti – noi redentoristi della Provincia di Varsavia – abbiamo su Whatsapp il gruppo MEMORES, denominato così da un confratello che l’ha creato e lo sorveglia ogni giorno. Quotidianamente riceviamo da lui l’avviso di chi della provincia è passato all’Eternità in quel determinato giorno. MEMORES è anche un mezzo per comunicare la scomparsa dei nostri confratelli o dei nostri parenti e per avere memoria e vivere in comunione con chi si trova ormai presso Dio). Immediatamente dopo questa informazione della morte del fratello redentorista polacco Władysław ci sono state frasi di cordoglio da parte di molti confratelli che hanno dichiarato di pregare per lui. Un fratello giovane di nome Krzysztof lo ha ricordato con belle parole: «È venuto a mancare una leggenda. “FRATELLO” Władysław, grazie per il tuo esempio di vita religiosa, per la tua gentilezza, cordialità e sorriso. Il tuo esempio di vita ha contribuito molto al fatto che oggi anch’io sono un Redentorista. Che Gesù ti ricompensi!”». Ho riportato questo per confermare la vera e sacra verità che il rapporto tra generazioni è «un tesoro da preservare e rafforzare, perché gli anziani testimoni possono dare, dire e insegnare tanto ai giovani».

Prospettive e domande ulteriori per la propria riflessione:

Al termine di questa 3a meditazione, rivolgo a tutti l’invito ad una breve riflessione personale e comunitaria. Questa volta facciamoci aiutare dalla COMMUNICANDA N° 3 intitolata Scopriamo il vino migliore alla fine. Riflessioni sulla terza età, scritta il 8 dicembre 2000 dal padre Generale Joseph W. Tobin, C.Ss.R.

  1. Il nostro fondatore, Sant’Alfonso – leggiamo nella Communicanda – «propone un cammino per acquisire una più grande libertà spirituale: ridurre la forza eccessiva delle circostanze della vita che limitano la persona, in modo che questa diventa progressivamente più libera di amare Dio. Questo duplice movimento – allontanarsi da un attaccamento eccessivo e slancio verso l’amore di Dio – Alfonso lo chiama distacco. (…) Ciò che Alfonso tenta di fare è questo: dobbiamo esaminare onestamente le nostre vite e comprendere dove il nostro cuore è maggiormente attirato. È nei nostri cuori che Dio desidera ardentemente di abitare. Nel capitolo 11 della Pratica, Alfonso chiede: “Avete un cuore abbastanza vuoto affinché lo Spirito Santo lo possa riempire?”» (n. 26-27).

Cerco di avere un cuore abbastanza vuoto affinché lo Spirito Santo lo possa riempire, per poter rendere Dio credibile, come lo faceva Simeone?

  • «Nel novembre 1774, mentre stava per lasciare Sant’Agata, sant’Alfonso scriveva: “Quando sarò tornato in una delle nostre case, potrò essere utile ai soggetti, specialmente ai giovani”. Può darsi che Alfonso si vedesse come un tutore degli studenti per l’omiletica o per la teologia morale. I suoi biografi dicono che l’esempio della sua vita da anziano aveva un forte impatto sui giovani confratelli. Un Redentorista anziano che non si lascia abbattere dalle sofferenze e dai limiti dell’età, ma che conserva la gioia, l’amore e la speranza, è una guida ineguagliabile per i giovani confratelli» (n. 33).

Conservo la gioia, l’amore e la speranza possibilmente in ogni circostanza? Parlo ad altri in maniera “entusiastica” di Gesù, di Dio, come presente hic et nunc, qui e ora, come lo faceva la profetessa Anna?

  • «Alla fine della vita, tutto ciò di cui avremo bisogno, è l’amore: amare Dio come deve essere amato e amarci vicendevolmente come fratelli. L’amore di un Redentorista anziano, manifestato molto semplicemente, può lasciare un ricordo indelebile sui suoi confratelli, specialmente sui giovani. (…) Al termine di una vita, l’amore ci darà dolcezza e profumo e non il sapore aspro dell’aceto» (n. 35-36).

Sono un Redentorista nella cui presenza i fratelli si sentono accolti, ascoltati, amati con «l’amore di Gesù»?

P. Krzysztof Bielinski, CSsR
Accademia Alfonsiana, Roma


[1] J. Ratzinger/Benedetto XVI, «L’Europa nella crisi delle culture», in: P. Azzaro – C. Granados, La vera Europa. Identità e missione, Edizioni Cantagalli, Siena 2021, 235-247, qui 246-247.

[2] Gli Apocrifi sono scritti storici esclusi dal canone biblico. L’esclusione dal canone si fonda sulla negazione dell’ispirazione divina di questi libri.

[3] Il tema dell’accoglienza di Gesù, del suo messaggio e dei suoi discepoli è centrale nel terzo vangelo (Lc 8,13; 9,5.48.53; 10, 8.10; 18,17).

[4] Cf. E. Bosetti, Luca. Il cammino dell’evangelizzazione, EDB, Bologna 1995, 53-54.

[5] Cf. E. Bosetti, Luca, 54-55.

[6] Francesco, Lettera apostolica a tutti i consacrati in occasione dell’Anno della Vita Consacrata, 21 novembre 2014, n. 2 in: https://www.vatican.va/content/francesco/it/apost_letters/documents/papa-francesco_lettera-ap_20141121_lettera-consacrati.html [accesso: 10.11.2023].

[7] Cf. A. Wodka, «Proroctwo życia osób konsekrowanych: „być domem” odkupionych relacji ewangelicznych»[La profezia della vita dei consarati: „essere casa” per le relazioni evangeliche redente], in: A. Dudek – R. Kantor (edd.), Życie konsekrowane znakiem wiarygodności Kościoła, Uniwersytet Papieski Jana Pawła II w Krakowie, Kraków 2016, 88–104, qui 90.

[8] A. Wodka, «Proroctwo życia osób konsekrowanych», 104.

[9] Cf. Francesco, Catechesi sulla Vecchiaia – 5. La fedeltà alla visita di Dio per la generazione che viene, Udienza Generale, Aula Paolo VI, Mercoledì, 30 marzo 2022, in:

https://www.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2022/documents/20220330-udienza-generale.html [accesso: 15.11.2023].

[10] Francesco, Esortazione apostolica post-sinodale „Christus vivit” ai giovani e a tutto il Popolo di Dio, Loreto 25 marzo 2019, no 192, in:https://www.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/documents/papa-francesco_esortazione-ap_20190325_christus-vivit.html [accesso: 16.11.2023].

[11] Francesco, Christus vivit, no 197.

[12] Francesco, Christus vivit, no 199.