Novità editoriale

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Sant’Alfonso Maria De’ Liguori, Traduzione De’ Salmi e De’ Cantici che si contengono nell’Officio Divino, a cura di Adriano Virgili, Phronesis Editore, Palermo 2023, pp. 386.

Di sant’Alfonso, autore di Liturgia, poco si è scritto in questi ultimi decenni. Le sue opere sulla Messa, le Sacre Cerimonie e la Liturgia delle Ore, non sono ristampate da troppo tempo. Probabilmente, ritenendole, per ovvi motivi, legate alla sua epoca e ad una tradizione liturgica ormai sempre più lontana dalla nostra, non si sono più riproposte. Si è privilegiata piuttosto – e a ragione – la sua produzione spirituale, considerando che fosse la più attuale per i cristiani di oggi. Ma sant’Alfonso, siamo consapevoli, che non è soltanto autore di testi ascetici, o di Teologia Morale, è molto altro e molto di più!  Infatti nella tormentata pagina di Storia della Chiesa in epoca illuminista, Alfonso può essere considerato anche un pioniere del risveglio liturgico, secondo una calzante espressione di Tiberio Massaro (I Tredici anni di episcopato di S. Alfonso M. De Liguori a Sant’Agata dei Goti, ristampa del 2023, 161). 

Il suo attaccamento al Rito Romano e al rinnovamento liturgico promosso dal Concilio di Trento, contro le pretese radicali dei giansenisti, non è difficile da individuare, come non è faticoso dimostrare il suo costante interesse per la teologia, la spiritualità e la celebrazione della Messa. Lo denotano, oltre a numerosi episodi della sua biografia, alcune pubblicazioni più specifiche sull’argomento: Considerazione per l’apparecchio e ringraziamento della Messa (1758), La Messa e l’Officio strapazzati (1769), Cerimonie della Messa (1769), che da sole basterebbero a dimostrare la sua sensibilità liturgica. Considerandoli come “classici”, e fatta la necessaria contestualizzazione, i testi ricordati conservano anche per noi una innegabile validità, per la ricchezza del loro contenuto e le originali riflessioni di cui sono corredate, frutto della spiccata sensibilità pastorale e della robusta riflessione teologica del loro Autore. 

Se ancora, per grandi linee, sono ricordate le sue opere sulla Messa, poco o quasi niente si conosce di un’altra sua pubblicazione, inerente la Liturgia delle Ore, e che può essere tranquillamente annoverata tra i testi che ne costituiscono la storia, in epoca moderna: la Traduzione de’ Salmi e de’ Cantici. Fu l’ultimo libro che sant’Alfonso pubblicò da vescovo, all’età di settantotto anni, quello che in un certo senso corona la sua intrepida opera di rinnovamento pastorale e liturgico, perseguito nei tredici anni di episcopato. 

L’opera ebbe una genesi travagliata: sembra che all’inizio sant’Alfonso si fosse proposto di tradurre solo i passaggi difficili dei salmi, ma in seguito decise di realizzare una versione integrale del salterio (Nota introduttiva, p. 5).

Le difficoltà di questo lavoro, che gli era costato un’enorme fatica, – e la consultazione di oltre quaranta commentatori, – rischiarono di scoraggiarlo, come egli stesso dichiara: Vi ho dedicato più di un anno, e con pene incredibili. C’è da perdere la testa, tra tutti questi commentatori di cui ciascuno presenta un suo particolare significato. Spesso restavo ore in apprensione davanti ad un versetto senza sapere quale interpretazione prendere, né a quale interprete dare la preferenza. Adottavo infine generalmente il significato più accettato, e più conforme alla Volgata. Del resto, si deve riconoscere che certi versetti restano avvolti in una misteriosa oscurità. Senza un’ispirazione particolare dello Spirito Santo, nessuna intelligenza creata ne saprebbe sondare la profondità. Sarebbe sufficiente soltanto questa citazione per evidenziare l’amore del Santo verso la Sacra Scrittura e la sua preoccupazione scientifica per la sua interpretazione, con uno sguardo costante rivolto alla Tradizione e alle indicazioni del Magistero. 

L’intento, più volte ribadito nella parte introduttiva però, non è meramente scientifico, ma pastorale: fornire al clero della sua Diocesi uno strumento che ne facilitasse la vita spirituale. Era infatti consapevole della difficoltà di molti ecclesiastici del tempo con il latino, come asserisce nella Dedica a Clemente XIV: Intanto spero che la Santità Sua gradirà questa mia fatica, che può giovare a tutti coloro che poco intendono il linguaggio latino e il significato delle parole e tantomeno il senso dei Salmi; quando all’incontro i Salmi per la maggior parte sono così difficile a comprendersi che appena si capiscono dai dotti affinché tutti intendessero quel che dicono e così recitassero le ore canoniche con maggior attenzione (p. 7).

Le altre difficoltà metodologiche incontrate durante la redazione sono espresse dal Santo nell’Intento dell’Opera. Egli afferma che nonostante l’abbondante provvista da me fatta di eccellenti espositori; ponendo poi le mani in pasta, l’ho ritrovata difficilissima e molto faticosa, in modo che in più luoghi sono stato alle volte confuso e sospeso in determinarmi a quale spiegazione doveva appigliarmi fra tante diverse esposizioni che ne facevano i commentatori. 

La sua principale preoccupazione in fondo è per i destinatari, ai quali facilita l’utilizzo del suo testo: per tanto ho pensato, per maggior comodità di chi è tenuto a dir l’officio divino, di esporre questa mia traduzione, non secondo stanno i salmi registrati nel Salterio, ma secondo stan posti nel breviario (p.10).

Tra le diverse versioni dei Salmi a sua disposizione, egli sceglie quella della Vulgata, pur consapevole che la migliore sarebbe quella ebraica, tanto più che ella fu in uso nella primitiva chiesa (p. 11). Affronta, fra le altre difficoltà, anche la questione del genere: se i salmi siano stati composti in versi o in prosa, optando per la spiegazione che ne dà don Saverio Mattei, tra i suoi autori di riferimento (p. 12).

Ma ritorna con insistenza sul motivo principale dell’Opera, ossia facilitare la preghiera liturgica dei sacerdoti, per i quali l’anziano vescovo aveva avviato un radicale processo di riforma. Il suo spirito di osservazione e la sua lunga esperienza di missionario gli avevano consentito di avere una visione abbastanza realista della condizione spirituale del clero del suo tempo, di cui in poche colorite battute ci dà una raffinata descrizione letteraria: È una compassione vedere con quale strapazzo alcuni recitano le ore canoniche, recitandole in mezzo ad una strada o affacciati ad un balcone guardando chi passa o in conversazione con amici ridendo e scherzando e tramischiando tra le divine lodi parole impertinenti e facezie senza affatto badare a quel che dicono […] All’incontro molto grande è il merito e l’utile che traggono dall’officio quelli che lo dicono con attenzione (p. 13). 

Basta scorrere le traduzioni dei singoli salmi, versetto per versetto, per rendersi conto della ricchezza esegetica e del senso spirituale che il Santo riesce ad applicare anche ai passi più difficili da spiegare, almeno alla sua epoca e con gli strumenti a sua disposizione. Non si può pretendere di trovare nell’Opera i criteri dell’esegesi contemporanea o un commento nel senso letterale del termine. Essa si presenta principalmente come un supporto alla comprensione dei salmi del Breviario, una sorta di parafrasi chiarificatrice. Un breve regesto che inquadra il contenuto del salmo in questione, fa da cappelletto introduttivo ad ogni singola traduzione. In esso si anticipa l’interpretazione cristologica, ecclesiale e spirituale dei singoli versetti numerati in progressione. I criteri di schematicità e brevità connotano tutta l’Opera. Le note a margine sintetizzano questioni esegetiche complesse, che se da un lato rivelano l’ampiezza dello studio dell’autore, dall’altro sono state volutamente collocate fuori dal testo, per garantirne la scorrevolezza, e nello stesso tempo per offrire ai lettori, il sunto di alcune questioni specifiche, che supportano le scelte di contenuto dell’Autore.  

Il libro ebbe un notevole successo, come dimostrano le tre prime edizioni vivente l’Autore, (Napoli 1774; Bassano 1775; Napoli 1777). Fu apprezzato dai contemporanei, come possiamo ravvisare dall’elogio che ne fece l’Avvocato della Causa di beatificazione, dopo molti anni: Certamente Dio diede il suo aiuto allo scrittore; egli stesso annota che molti versetti sono talmente impenetrabili che senza un’ispirazione particolare dello Spirito Santo non si saprebbe scoprire il senso nascosto. Ora egli, nella traduzione, ha superato così felicemente le difficoltà, che il lettore può credere che non ve ne siano. Comprenderanno questo prodigio solo coloro che hanno meditato sui salmi e riflettuto sui loro innumerevoli commentari (Berthe, Vita di Sant’Alfonso, II, 302). Numerose furono anche le edizioni postume. L’ultima, annotata dal De Meulemeester, è del 1887! 

La fortuna dell’Opera non si attribuisce alla semplice traduzione dei salmi ma piuttosto alle note apposte dall’Autore, che ne fanno una vera e propria guida alla loro comprensione (p. 5). 

L’editrice Prhonesis, che nel proprio catalogo annovera la ristampa di altri testi alfonsiani, ha preso come riferimento l’edizione del 1777, pur tenendo in debita considerazione anche le precedenti e le successive, con il ripristino della Dedica a Clemente XIV eliminata dall’Autore dopo che il suddetto Pontefice aveva soppresso l’ordine dei gesuiti (p. 5).

Il formato della ristampa (28x22cm), la scelta dei caratteri e la qualità dei materiali adottati, favorisce una equa distribuzione del testo e ne facilita la lettura, con il merito di restituire al lettore un’Opera, altrimenti di difficile reperibilità (cartacea!) Offre ancora l’opportunità di poter conoscere e apprezzare un altro genere della vasta produzione alfonsiana, che, a sua volta, ci restituisce un ulteriore tassello per comprendere, al di là dei luoghi agiografici, la complessa fisionomia umana, spirituale ed ecclesiale del Santo Dottore.  

P. Vincenzo M. La Mendola C.Ss.R.