L’articolo del prof. Martin Carbajo-Núñez OFM, publicato sul Blog dell’Accademia Alfonsiana
Il Sinodo 2021-2024 ha riconosciuto che la vita consacrata ha sviluppato numerose “pratiche di vita sinodale” nel corso dei secoli e che ancora oggi “molte comunità sono come laboratori di vita interculturale”. Allo stesso tempo, il Sinodo incoraggia i leader della vita consacrata “a rafforzare le relazioni per dare vita a uno scambio di doni al servizio della missione comune”[1].
Ciò è particolarmente necessario oggi che la vita consacrata si trova ad affrontare trasformazioni significative guidate da cambiamenti socioculturali, crisi vocazionali e invecchiamento dei membri, soprattutto in Occidente. Ciò ha portato gli istituti religiosi ad impegnarsi in una profonda riflessione sulla loro missione e identità.
1. I leader non devono concentrarsi solo sulla custodia e sull’amministrazione.
Oggi le persone consacrate possono trovarsi di fronte allo scoraggiamento e a un senso di inevitabile declino, perdendo lo spirito profetico, la speranza e la creatività e aggrappandosi alla nostalgia. Per superare questo periodo di difficoltà, devono ravvivare la loro speranza e la loro visione di rinnovamento.
“Più che un esercizio di archeologia o di coltivazione della semplice nostalgia, si tratta di seguire le orme delle generazioni passate per cogliere gli alti ideali, la visione e i valori che le hanno ispirate, a partire dai fondatori e dalle fondatrici e dalle prime comunità”[2].
Molti leader religiosi hanno cercato di affrontare le sfide attuali dando la priorità alla conservazione delle attività tradizionali piuttosto che all’esplorazione di approcci nuovi e innovativi. Spesso hanno adottato una visione nostalgica, cercando di far rivivere i successi del passato, talvolta importando vocazioni da altri continenti senza sufficiente discernimento o integrazione.
Questo approccio, spesso definito “metodo di programmazione”, dà la priorità alla conservazione delle attività tradizionali che non sono più socialmente essenziali, poiché molte sono state rilevate dalle autorità civili. L’attenzione rimane concentrata sulla conservazione e sul miglioramento degli stili di vita e delle routine consolidate, piuttosto che sull’adozione di nuove prospettive di trasformazione. Quando infine si rendono conto che queste attività sono diventate insostenibili, la risposta si sposta spesso sulla riconversione degli edifici per ricavarne un reddito, ad esempio attraverso il turismo religioso, piuttosto che sulla reimmaginazione e sulla rivitalizzazione della loro missione.
Il Sinodo sulla sinodalità sottolinea invece la necessità di sviluppare leader a ogni livello della Chiesa che possano promuovere “una cultura del discernimento ecclesiale incentrata sulla missione” (S23df 86).
2. I leader religiosi devono promuovere un processo di trasformazione
Sebbene la pianificazione e la riflessione siano necessarie, la leadership religiosa deve servire una visione spirituale più elevata, ispirando tutti ad abbandonare modi di vita compiacenti. Per rimanere fedeli alla loro vocazione, i consacrati hanno bisogno di sogni, visione e “audacia”.
Le sfide attuali richiedono una fedeltà dinamica al proprio carisma spirituale, trascendendo una prospettiva puramente pragmatica o incentrata sui numeri. La vera minaccia per la vita consacrata non sta nel calo dei membri, ma nell’erosione degli ideali e nell’abbraccio della mediocrità. C’è infatti una profonda differenza tra l’essere un “piccolo resto” biblico e l’essere “un avanzo”.
3. Più che di un programma, i consacrati hanno bisogno di una visione, di un ideale.
La vita consacrata “non è sopravvivenza, ma vita nuova”[3]. La vita religiosa deve abbracciare la novità e il cambiamento come suo scopo principale, concentrandosi sul rinnovamento piuttosto che sulla sopravvivenza. Ciò richiede una profonda trasformazione strutturale. Come organismi viventi, gli istituti religiosi devono adattarsi continuamente alle varie influenze. Non possono sopravvivere senza questo processo di trasformazione.
Più che di un programma, i consacrati hanno bisogno di una visione, un ideale che incanali le loro energie e li ispiri a rimanere pienamente aperti all’opera trasformatrice dello Spirito Santo. Ciò richiede discernimento per abbracciare il novum della storia e affrontare le sfide che incontrano, in un rapporto dialettico tra tradizione e innovazione, carisma e profezia.
Conclusione
All’interno della Chiesa, il ruolo primario della leadership è quello di ispirare e motivare, svelando la bellezza dell’ideale cristiano per promuovere un discepolato entusiasta di Cristo – uno scopo che supera le preoccupazioni per l’efficienza o la gestione impeccabile.
Il cambiamento culturale richiede che gli istituti religiosi si rinnovino continuamente per affrontare le sfide emergenti, superando lo scoraggiamento e l’attaccamento a routine obsolete. In questo contesto in evoluzione, essi devono articolare costantemente il loro “perché” – il loro ideale e la loro visione di fondo – per coinvolgere pienamente tutti nella sua realizzazione.
La leadership e la vita fraterna sono essenziali per questo rinnovamento. Ispirati dalla profonda fede e speranza che hanno animato i fondatori, i Consacrati sono chiamati a riscoprire l’essenza del loro carisma e a risvegliarla attraverso un profondo processo di trasformazione.
[1] XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, “”Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione, missione”. Documento finale” (26 ottobre 2024), [S23df] 65, n. 65. I paragrafi seguenti sono tratti dall’articolo: Carbajo-Núñez Martín, “Leadership in una Chiesa sinodale e nella vita religiosa”, in Religious: Journal of Religious and Cross-cultural Studies 9/2 (2024).
[2] Francesco, “Lettera apostolica a tutti i consacrati” (21 novembre 2014), I,1, in AAS 106 (2014) 935-947.
[3] Francesco, “Omelia” (2 febbraio 2019) in OR 29 (4-5 febbraio 2019) 11; García Paredes J.C.R., Otra comunidad es posible. Bajo el liderazgo del Espíritu, Claretianas, Madrid 2018.
(originale nel inglese)