Il pellegrinaggio: metafora esistenziale

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Pellegrinaggio a Kokhavyna, 2021 (foto: archivio di Scala News).

L’articolo di prof. Filomena Sacco, pubblicato sul Blog dell’Accademia Alfonsiana. La serie sulle parole-chiave del Giubileo 2025: Pellegrinaggio – Post 1/2.

Per i credenti il pellegrinaggio è parte essenziale dell’espressione di fede. Si parte verso una città, un fiume sacro, un monte, una fonte, la tomba di qualcuno. I motivi sono diversi: ringraziamento, richiesta di supplica, intercessione, purificazione. Il più delle volte il pellegrino cerca Dio e, in Lui, sé stesso. In realtà il pellegrino è un cercatore. Tante testimonianze raccontano che dopo un pellegrinaggio si cambia, si ritrova l’armonia, la gioia e la pace. Il pellegrinaggio è una pratica che accumuna i credenti dei tre grandi monoteismi: Cristianesimo, Islam e Ebraismo. I luoghi meta per i cristiani sono diversi; in questo anno Giubilare in particolare sono meta prediletta le Basiliche papali in Roma, mentre in genere per i Musulmani è la Mecca, per gli Ebrei Gerusalemme. Ma andando a fondo scoveremo un senso profondo di questa pia pratica.

Gabriel Marcel (1889-1973) ha descritto l’uomo come homo viator, un viandante alla ricerca del senso della suo esistere: «è l’uomo in cammino, esso desidera e spera così si apre al futuro»[1]. Il pellegrino è un viaggiatore. In effetti se consideriamo il viaggio con le sue peculiarità comprendiamo e condividiamo l’intuizione dell’esistenzialista francese. Ogni viaggio non conduce solo in un luogo, ma è occasione di incontro, di relazioni, si fa esperienza dell’altro, inteso a tutto tondo. 

Prima di partire si sceglie una meta e il mezzo per raggiungerla. Si mette in conto anche lo sforzo, la fatica che comporta, ma il desiderio supera ogni disagio. Si prepara il bagaglio, si porta con sé qualcosa, spesso solo l’essenziale per lasciare spazio in valigia per gli acquisiti dei “prodotti locali”. Ogni viaggio, infatti, è occasione per cambiare qualcosa. Dalla t-shirt con la stampa della città visitata al cambiamento delle personali conoscenze. Continuità e trasformazione, siamo sempre noi, gli stessi ma diversi, arricchiti dall’incontro con persone, luoghi, cultura, sapori, spiritualità, religione nuovi. 

Così il pellegrinaggio è un’esperienza che comporta mettersi in gioco, abbandonare comodità e certezze per andare verso una meta che non è solo e non tanto geografica, quanto spirituale. Il pellegrinaggio apre all’epifania del Mistero che bussa alla porta del cuore. L’incontro trasforma lo stupore in amicizia, amore, responsabilità. Così l’homo viator cambia, cresce, si arricchisce. 

In questo anno giubilare il Santo Padre Francesco ci ha chiamato a riflettere sul nostro essere “Pellegrini di speranza”. Qual è il legame tra essere pellegrini e la virtù della speranza cristiana?  

Il pellegrinaggio è segno del cammino di speranza che, illuminato dalla parola di Dio, accomuna i credenti[2]. È uno dei segni forti del Giubileo: «Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita. Il pellegrinaggio a piedi favorisce molto la riscoperta del valore del silenzio, della fatica, dell’essenzialità»[3]. Non solo, ma il pellegrinaggio è anche: «icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza»[4].

Dunque, ha ragione Marcel nel sostenere che l’essere umano è viator, un viandante lungo le strade della storia che incede fiero verso la sua realizzazione e lasciando il segno del suo passaggio su questa terra. La stessa speranza cristiana è un cammino tra il “già” e il “non-ancora” del compimento. L’uomo è pellegrino di speranza perché chiamato a percorrere giorno dopo giorno un tratto di strada verso il futuro di Dio, senza stanchezza e senza affanni perché: «Quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi» (Is 40,31).

Quando si cammina ognuno ha il suo passo, il suo ritmo personale[5]. La cultura odierna tentata dal “così fan tutti” travolge nel vortice del conformismo, così il passo del singolo o è come quello della massa, o è lasciato indietro. Invece, non è importante andare piano o andare veloce, lo è andare a ritmo, il proprio ritmo. Certo non si può sempre camminare sa soli, anche la sapienza biblica lo attesta: «Un amico fedele è una protezione potente, chi lo trova, trova un tesoro. Per un amico fedele, non c’è prezzo, non c’è peso per il suo valore» (Sir 3,14-15). Nel rispetto della propria e altrui unicità è bello avere e farsi compagni di viaggio. 

Occorre anche avere il bagaglio giusto, troppo pesante rallenta il cammino, troppo leggero può far lasciare a casa qualcosa di importante. La fretta non è una buona compagna, occorre gustare il cammino, passo dopo passo, è un camminare con Dio. Ma se il pellegrinaggio è una metafora esistenziale vengono in mente le parole del salmista: «Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio» (Sal 83,6).

Si evince che il punto di partenza è il cuore ma allo stesso tempo è anche il mezzo di trasporto, cuore inteso biblicamente, come interezza dell’interiorità della persona. Il biglietto è di sola andata. Niente di quello che Dio dona a ogni esperienza lascerà indifferenti. Quindi l’atteggiamento di ascolto umile è indispensabile per rendere fruttuoso il tempo. Il bagaglio è la propria esperienza. Lo Spirito è la mente e l’anima di ogni cammino. A Lui affidiamo i nostri passi, affinché plasmi la nostra intelligenza e ci faccia ardere nuovamente il cuore nel petto, ci faccia essere pellegrini di speranza, a servizio della carità per la vita del mondo. 


[1] G. Marcel, Homo viator, Traduzione a cura di L. Castiglione e M. Rettori, Borla, Roma 1980.

[2] Francesco, Bolla di indizione del Giubileo ordinario 2025 «Spes non confundit» (9 maggio 2024), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2024, n. 6.

[3] Spes non confundit, 5.

[4] Francesco, Bolla di indizione del giubileo straordinario della Misericordia «Misericordiae vultus» (11 aprile 2015), in AAS107 (2015), 399-420, n. 14.

[5] Cf. Francesco, Esortazione Apostolica postsinodale «Amoris laetitia» [AL] (19 marzo 2016), in AAS 109 (2017) 311-446, nn. 294-295.