La struttura economico-finanziaria globale dopo il Covid-19

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Fondazione Merloni

(dal Blog dell’Accademia Alfonsiana)

Lo scorso 6 luglio 2020, 120 Vescovi di tutto il mondo hanno sottoscritto un appello del CIDSE (Coopération Internationale pour le Développement et la Solidarité), che è l’organizzazione fondata nel 1967 per coordinare l’impegno verso alcuni traguardi indicati dal Concilio Vaticano II come importanti per promuovere la pace nel mondo, tra cui prendersi cura dei poveri e degli oppressi e promuovere la giustizia a livello planetario. A questo fine il CIDSE è una struttura che raggruppa e coordina le agenzie cattoliche per la promozione dello sviluppo e della solidarietà dell’Europa e del Nord America.

L’appello richiama l’urgente necessità di una due diligence ovvero di un’attività di investigazione e di approfondimento di dati e di informazioni per individuare le criticità connesse alla catena di approvvigionamento globale (supply chain) che, collegando le fabbriche di tutto il mondo, supera i confini nazionali. Il fine di tale investigazione è quello di predisporre adeguati strumenti di tutela per evitare gli abusi, garantire la solidarietà globale e il rispetto dei diritti umani. Infatti, sempre più spesso, vi sono imprese “irresponsabili” che con la loro attività si rendono complici di situazioni di ingiustizia, di violazione dei diritti umani e di sfruttamento di lavoratori dal cui lavoro, tuttavia, dipende una gran parte del mondo.

È un dato di fatto che negli ultimi anni sono scoppiati vari scandali che hanno coinvolto imprese multinazionali e transnazionali mettendo in questione la moralità dell’attuale sistema economico, che privilegia sistematicamente gli interessi privati a scapito del bene comune e degli interessi della famiglia umana globale. Basti ricordare lo scandalo dei Panama papers (2016) sull’evasione fiscale grazie ai paradisi fiscali, che ha rivelato la sottrazione di risorse che potrebbero servire a costruire e mantenere servizi pubblici come ospedali o scuole; il dieselgate (2015) che smascherò la falsificazione dei dati sulle emissioni inquinanti di vetture vendute negli Stati Uniti d’America e in Europa; l’approfittarsi da parte delle industrie dell’abbigliamento del lavoro sottopagato e senza alcuna tutela nel Sud del mondo, per produrre a costi bassissimi. Con l’aggravante che quando le imprese transnazionali vedono minacciati i propri interessi da leggi ambientali o sociali, a loro volta, si difendono minacciando gli Stati di adire le vie legali, mediante il ricorso all’Investor-State Dispute Settlement (ISDS), uno strumento di diritto pubblico internazionale previsto nella generalità dei trattati bilaterali e multilaterali per gli investimenti, che garantisce a un investitore straniero il diritto di dare inizio a un procedimento di risoluzione delle controversie nei confronti del governo straniero ospitante. Minaccia di una certa efficacia se si considera che nel 2014, per esempio, il 53% dei contenziosi si è risolto con un accordo oppure con una sentenza a favore dell’impresa.

Sono solo alcuni esempi di come le imprese multinazionali e transnazionali beneficino di una regolamentazione internazionale debole nel tutelare il bene comune, che privilegia il profitto e l’interesse privato. Tuttavia, in una fase storica come quella odierna in cui la pandemia del coronavirus ha stravolto tante certezze, inducendo a considerare che probabilmente superata la crisi non tutto sarà più come prima, il sistema economico orientato al profitto e la cultura dello scarto (EG 53), devono essere messi sotto severo esame, per cogliere l’opportunità di ripensare la struttura economico-finanziaria mondiale e avviare processi economici e sociali verso una transizione che approdi a strutture mondiali che garantiscano la giustizia, la solidarietà e il rispetto dei diritti umani.

Infatti, le conseguenze dannose sui diritti dei lavoratori e sull’ambiente derivanti da livelli di consumo e produzione senza precedenti sono attualmente sotto gli occhi di tutti. Allo stesso tempo, sta crescendo la consapevolezza pubblica sulla vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali, favorendo la possibilità di realizzare una regolamentazione più rigorosa che tuteli adeguatamente la dignità di ogni persona, nonché catene di approvvigionamento più resilienti, capaci di custodire la creazione affidata da Dio all’uomo.

Al riguardo, le parole pronunciate da papa Francesco in occasione del Messaggio Urbi et Orbi di Pasqua 2020, sono da meditare attentamente da parte di tutti, a cominciare dai responsabili economici e politici: «In queste settimane, la vita di milioni di persone è cambiata all’improvviso. Per molti, rimanere a casa è stata un’occasione per riflettere, per fermare i frenetici ritmi della vita, per stare con i propri cari e godere della loro compagnia. Per tanti però è anche un tempo di preoccupazione per l’avvenire che si presenta incerto, per il lavoro che si rischia di perdere e per le altre conseguenze che l’attuale crisi porta con sé. Incoraggio quanti hanno responsabilità politiche ad adoperarsi attivamente in favore del bene comune dei cittadini, fornendo i mezzi e gli strumenti necessari per consentire a tutti di condurre una vita dignitosa».

Leonardo Salutati