Papa Francesco conferma definitivamente il cambiamento della tradizione teologico-morale sulla guerra

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(dal Blog dell’Accademia Alfonsiana)

In Fratelli tutti (FT) ci sono due temi morali specifici che rappresentano un cambiamento radicale negli approcci della Teologia morale cattolica: la doppia affermazione sull’immoralità sia della pena di morte che della guerra (FT, nn. 255-270). La prima immoralità era già stata avanzata nella correzione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Cercherò di sottolineare il significato dell’immoralità della guerra.

Prospettiva

Il pensiero di papa Francesco si colloca nella traiettoria segnata da alcuni testi del Magistero e da una precisa riflessione teologico-morale, immediatamente precedente.

Tra i testi del Magistero vanno evidenziati: 1) Questa affermazione del Concilio Vaticano II: la situazione attuale “ci costringe a considerare la guerra con una mentalità completamente nuova” (Gaudium et Spes, n. 90). 2) Il lamento di Giovanni XXIII: «È irragionevole (alienum est a ratione) pensare che la guerra sia già uno strumento atto a restituire diritti violati» (Pacem in terris, n. 127).

Per quanto riguarda la riflessione teologico-morale, è da sottolineare il mutamento di tradizione teologico-morale che una potente corrente del pensiero morale-teologico cattolico ha proposto riguardo alla guerra, soprattutto in campo linguistico italiano, i cui massimi esponenti sono stati E. Chiavacci ( 1926-2013) e L. Lorenzetti (1931-2018).

La doppia affermazione centrale

Da un lato, Papa Francesco nega la validità della giustificazione storica della guerra giusta, paradigma che «oggi non sosteniamo più» (FT, nota 242), così come le «presunte scuse umanitarie, difensive o preventive» (FT , n.258). Questa affermazione include tutti i paradigmi che presumibilmente giustificano la guerra come mezzo per riparare i rancori.

Dall’altro, esige che l’Autorità mondiale sia accolta come “punto di riferimento obbligato della giustizia e canale di pace” (FT, n. 257). Per questo è necessario attenersi alla Carta delle Nazioni Unite, “vera norma giuridica fondamentale” (Ibid.). Da parte nostra, aggiungiamo che ciò richiede: 1) la scomparsa del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come organo “legittimante” della guerra; 2) di conseguenza, la scomparsa dell’Istituto giuridico internazionale della “guerra legittimata”.

Sulle armi nucleari (anche: chimiche e batteriologiche)

Il Concilio Vaticano II ha condannato l’uso delle armi nucleari, ma si è astenuto dal condannarne il possesso. Gli episcopati di Germania (18-IV-1983), Stati Uniti d’America (3-V-1983) e Francia (8-XI-1983) fecero lo stesso durante il periodo della Guerra Fredda.

Papa Francesco ha avuto il coraggio intellettuale di condannare anche il possesso di armi nucleari. Nel suo discorso all’Hiroshima Peace Memorial (24 novembre 2019) ha pronunciato queste parole: “L’uso dell’energia atomica a fini di guerra è immorale, così come è immorale il possesso di armi atomiche, come ho già detto due anni fa”.

Di conseguenza, ha anche sollecitato la riconversione dell’industria degli armamenti in un efficiente servizio per lo sviluppo economico, sostenendo così l’orientamento proposto da Paolo VI nell’enciclica Populorum progressio (n. 51).

Concludo questa breve presentazione evidenziando due frasi esplicite: «Nel nostro mondo non ci sono più solo “pezzi” di guerra in un paese o in un altro, ma piuttosto una “guerra mondiale a pezzi”, perché i destini dei paesi sono fortemente legati tra loro in scena» (FT, n. 259); “Ogni guerra lascia il mondo peggio di come l’ha trovato” (FT, n. 261).

Marciano Vidal, CSsR

Già professore alla Pontificia Università Comillas (Madrid), all’Istituto Superiore di Scienze Morali (Madrid) e all’Accademia Alfonsiana (Roma).