Per il Tempo del Creato 2024, che si celebra dal 1° settembre al 4 ottobre, il Segretariato Generale per l’Evangelizzazione, Commissione Generale per la Pastorale Sociale – Giustizia, Pace e Integrità del Creato ha preparato una serie di riflessioni e spunti per il dialogo nelle comunità. Nella 3°settimana si propone il tema: Un carisma relazionale che ripristina le relazioni interrotte e promuove una vita abbondante.
Un carisma relazionale che ripristina le relazioni interrotte e promuove la vita in abbondanza.
La vita spirituale si svolge all’interno della vita naturale. Di conseguenza, il rispetto per la vita deve essere rivolto sia alla vita spirituale che a quella naturale… Maggiore è il rispetto per la vita naturale, più forte diventerà la vita spirituale. – Albert Schweitzer
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Il mistero della redenzione è espresso nella lettera agli Efesini in termini di “ricapitolazione” di tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra (Ef 1,10), di cui Cristo è il capo (Ef 5,23-33). Questa comprensione ci permette di percepire la redenzione non solo come una realtà sopranaturale o esclusivamente umana, ma come una realtà vincolante. Il nostro modo di essere nel mondo è trinitario e questo significa fondamentalmente che è relazionale. Comprendere noi stessi come immagine di un Dio trinitario che non è chiuso nella sua unità ci porta a riconoscere che la nostra vocazione non è quella di vivere chiusi nella nostra individualità, perché partecipiamo a questa complessa e misteriosa rete di relazioni dell’intero mondo creato.
L’intero lavoro apostolico dei Redentoristi, come collaboratori nell’opera di redenzione (Cost 6), è volto a portare le persone a partecipare alla natura stessa di Dio, a quella vita abbondante che scaturisce dal Dio Trino e viene comunicata attraverso il Redentore. All’interno di questa cultura redentorista comprendiamo di aver ricevuto un carisma relazionale e di essere stati chiamati a stare nei luoghi più abbandonati, specialmente tra i poveri delle periferie. Poiché il mistero dell’Incarnazione è al centro della nostra spiritualità, i Redentoristi hanno sviluppato una grande sensibilità non solo verso i poveri, ma anche verso i loro ambienti. Il Verbo fatto carne che ha piantato la sua tenda in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14) è il modello che giustifica il fatto che i Redentoristi abbiano posto non solo le loro case ma anche i loro cuori tra i poveri e nelle situazioni di povertà. Oggi, la crescente consapevolezza ecologica ci porta a piantare la nostra tenda anche nelle situazioni emergenti di povertà, dove la vita è minacciata da un peccato che comincia già a essere definito ecologico.
Agli albori della Congregazione, gran parte dei poveri si trovava in zone rurali e montane (come nel caso di Scala), dove la natura forniva loro il cibo e lo spazio vitale per sopravvivere. Molti di loro trascorrevano gran parte della loro vita pascolando greggi di pecore e capre a contatto quotidiano con i maestosi paesaggi dell’Italia meridionale. Sant’Alfonso e i primi Redentoristi potrebbero non aver articolato consapevolmente e direttamente i legami tra la redenzione dei poveri e la redenzione dell’ambiente come possiamo fare noi oggi; in effetti, i problemi ambientali del loro tempo non erano così acuti come lo sono oggi. Ma ciò che è certo è che erano in grado di apprezzare il rapporto dei poveri con la terra e la campagna come espressione di quella relazione d’amore di un Dio-con-noi che è vicino e si prende cura del suo popolo. Quando Sant’Alfonso si recò sulla costiera amalfitana per riposare dalle fatiche del suo apostolato a Napoli, non lo fece per caso, ma fu affascinato dalla fresca brezza marina e dalla splendida vista dei campi e delle scarpate. Quando arrivò a Scala trovò questi paesaggi, e con essi anche i poveri e gli abbandonati; la storia che si svolge da questo punto in poi è ben nota.
I primi Redentoristi riuscirono in qualche modo a intuire quello che oggi il Magistero della Chiesa descrive come: “l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta, la convinzione che tutto nel mondo è collegato” (LS 16). Per volontà di Sant’Alfonso, le prime case dovevano avere un giardino in cui chi si riuniva potesse riconnettersi con quel Dio che si prende cura dei poveri. Anche in molte delle nostre case oggi si possono vedere questi giardini, che rendono possibile la meditazione e l’incontro con il Dio che crea e ricrea, che cura e redime. Nella nostra storia sono stati molto apprezzati non solo come luoghi di riposo, ma anche come spazi di meditazione e contemplazione.
Se i primi Redentoristi erano in grado di identificare nei pastori e nei contadini i destinatari privilegiati della Buona Novella della Redenzione, noi Redentoristi oggi ci troviamo in grado di andare oltre e, associando il grido della terra e il grido dei poveri, di incorporare la nostra Casa Comune tra i beneficiari dell’opera di Redenzione. La giustificazione è semplice: “tra i poveri più abbandonati e maltrattati c’è la nostra terra oppressa e devastata, che ‘geme e si strugge nel parto’ (Rm 8,22) (LS2).
Un carisma che ci spinge a ri-immaginare e ad agire
La nostra comprensione scientifica del mondo ci permette oggi di collocarci in una nuova prospettiva da cui possiamo interpretare la realtà e il nostro ministero apostolico di Redentoristi. Così la nostra tradizione teologica della redenzione è arricchita dalle nuove intuizioni della scienza di oggi. Il nostro compito, come predicatori, comprende la riformulazione della narrazione ecologica che emerge dalla scienza per integrarla nella nostra prospettiva spirituale e morale. Sarebbe un errore se la nostra spiritualità redentorista, con la sua forte enfasi sull’incarnazione, non riuscisse ad articolare la realtà del mondo creato all’interno del mistero della redenzione.
Sant’Alfonso amava la contemplazione e insegnava che Dio ci crea e ci redime per amore. Se l’amore è la forza e la ragione di tutto ciò che esiste e di tutto ciò che Dio-Padre-Creatore ha fatto per noi attraverso Gesù Cristo Redentore, allora possiamo affermare che Dio e le creature non esistono in rapporti di competizione, ma di reciproca interdipendenza. Dio si manifesta nelle dinamiche del mondo naturale e nella sua infinita volontà vuole che tutte le sue creature abbiano la vita e la vita in abbondanza (cfr. Gv 10,10) e che raggiungano le potenzialità specifiche che questo Amore conferisce a ciascuna di esse.
Ciò significa che ogni creatura non è solo l’oggetto dell’amore del Creatore, ma anche un’espressione dinamica attraverso la quale Dio continua a ricreare il mondo. In ogni persona e in ogni creatura, Dio Creatore gioisce e continua a rivelarsi come Amore. Questo dovrebbe portarci a pensare che, per il solo fatto di esistere, ogni creatura possiede una dignità e un valore intrinseci che derivano dal suo Creatore e che devono essere apprezzati e rispettati.
Una teologia inadeguata della creazione e della redenzione può aver giustificato la guerra umana di dominio contro la natura. Tuttavia, il Dio di Gesù Cristo Redentore non è un Dio il cui potere è coercitivo e manipolativo. Al contrario, è un Dio che crea e ri-crea con la forza dell’Amore, affinché in ogni creatura si manifesti la vita in tutto il suo splendore. Una corretta teologia della creazione e della redenzione deve portarci anche a reimmaginare la dignità di ogni creatura e a superare la visione di un mondo naturale da conquistare, colonizzare e mercificare. La nostra fede e il nostro ministero non dovrebbero mai avallare questa mentalità da despota che frammenta e soggioga.
Modo di conversare continuamente ed alla familiare con Dio
scritto da Sant’Alfonso
Quando voi guardate campagne, marine, fiori, frutta, che vi rallegrano colla lor vista o col loro odore, dite: Ecco quante belle creature Iddio ha create per me in questa terra acciocché io l’ami, e quali altre delizie mi tiene apparecchiate in paradiso ! Dicea S. Teresa, quando mirava belle colline o piagge, che queste le rimproveravano la sua ingratitudine con Dio.19 E l’abbate Ranzè fondatore della Trappa dicea che queste belle creature gli ricordavano l’obbligo di amare Dio.20 Lo stesso dicea S. Agostino esclamando: Caelum et terra et omnia mihi dicunt ut amem te. Si narra di quel divoto che trovando per li campi fiori ed erbette le percotea con un bastoncello dicendo: «Tacete, non mi rimproverate più la mia ingratitudine con Dio; vi ho inteso, tacete, non più.» […]
Quando mirate fiumi o ruscelli, pensate che come quell’acque corrono al mare e non si fermano, così voi dovete correre sempre a Dio ch’è il vostro unico bene. Quando vi occorre di essere condotta da’ giumenti, e voi dite: Ecco come questi animali innocenti si affaticano per servirmi: ed io come mi affatico per servire e compiacere il mio Dio? Quando vedete un cagnolino che per un misero tozzo di pane è così fedele al suo padrone, pensate quanto più voi dovreste usare fedeltà a Dio che vi ha creato e vi conserva e provede, e vi colma di tanti benefici. Quando udite uccelli che cantano, dite: Anima mia, senti come questi animalucci lodano il lor Creatore; e tu che fai? […]
Quando guardate valli, considerate che com’elle sono fertili perché vi scolano l’acque de’ monti, cosi dal cielo discendono le grazie nelle anime umili e lasciano i superbi. Quando vedete una bella chiesa addobbata, considerate la bellezza di un’anima in grazia, ch’è vero tempio di Dio. Quando guardate il mare, considerate l’immensità e grandezza di Dio. […]
[fonte: https://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_IDX095.HTM]
Domande per il dialogo
– In che modo l’elemento ecologico potrebbe essere integrato nella nostra predicazione e nel nostro ministero apostolico?
– La contemplazione del mistero della creazione è anche parte di una preoccupazione etica. In che modo la contemplazione (la preghiera) e la riflessione teologica (come caratteristiche dell’eredità di Sant’Alfonso) potrebbero essere collegate alla cura della casa comune?