Presentazione della Lettera apostolica Misericordia et Misera, p. Donato CSsR

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1918

MISERICORDIA ET MISERA

Breve presentazione della Lettera apostolica di Papa Francesco a conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia

a cura di A. Donato CSsR – Accademia Alfonsiana

Lo scorso 20 novembre, a chiusura dell’Anno Santo della Misericordia, Papa Francesco ha firmato e consegnato alla Chiesa la Lettera apostolica Misericordia et misera. Il documento ha un’indole chiaramente “programmatica” e intende tracciare il cammino futuro della Chiesa perché continui a essere, anche dopo il Giubileo, “strumento di misericordia”. Nello sviluppo generale del testo non mancano, infatti, indicazioni pratiche e operative rivolte ora alle comunità cristiane (cf nn. 7.11.14.15.21), ora ai sacerdoti (cf nn. 6.9.10.12.15), ora ai singoli fedeli (cf nn. 12.13).

A dare il tono a tutta la Lettera è l’incipit iniziale. Il Pontefice fa sua l’immagine parenetica di sant’Agostino il quale utilizza le parole “misericordia” e “miseria” «per raccontare l’incontro tra Gesù e l’adultera (cf Gv 8, 1-11)», tra «una peccatrice e il Salvatore» e far così «comprendere il mistero dell’amore di Dio quando viene incontro al peccatore» (cf n. 1).

Questa pagina del Vangelo – scrive Francesco – può a buon diritto essere assunta come icona di quanto abbiamo celebrato nell’Anno Santo, un tempo ricco di misericordia, la quale chiede di essere ancora celebrata e vissuta nelle nostre comunità. La misericordia, infatti, non può essere una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza, che rende manifesta e tangibile la verità profonda del Vangelo. Tutto si rivela nella misericordia; tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre (cf n. 1).

L’invito a rivolgere lo sguardo verso la misericordia sembra superare in questo documento gli stessi “confini” della Chiesa. A differenza di altri testi magisteriali, la Lettera apostolica non ha un “destinatario specifico”. È indirizzata «a quanti la leggeranno», un’opzione – o se si vuole un’intuizione – che fa assumere al documento, ma soprattutto alla grazia della misericordia che ne è l’oggetto principale, quel respiro “universale” che è iscritto nel medesimo atto creativo e redentivo (cf n. 21).

«Concluso il Giubileo è tempo di guardare avanti» scrive il Papa «e di comprendere come continuare con fedeltà, gioia ed entusiasmo a sperimentare la ricchezza della misericordia divina» (n. 5). Questo compito si colloca nell’orizzonte più ampio del pontificato di Francesco e di quella “conversione pastorale” che tutta la Chiesa è chiamata a operare e a vivere (cf n 5; EG, n. 27), un “rinnovamento” che va attuato, in primo luogo, attraverso la necessaria “celebrazione” della misericordia. Nel Sacrificio Eucaristico (n. 5), nell’ascolto e nell’annuncio della Parola (nn. 6-7) e in modo del tutto particolare nel Sacramento della Riconciliazione (n. 8-12) ogni fedele può riscoprire dei luoghi privilegiati nei quali celebrare, sperimentare e comprendere l’inesauribile ricchezza dell’amore di Dio che «a tutti va incontro come un Padre» (cf n. 9). Il sacerdote, in modo speciale, è chiamato ad abitare questi luoghi (cf n. 10), “ambiti pastorali” nei quali «illuminare lo spazio della coscienza personale con l’amore infinito di Dio» (n. 11).

La misericordia celebrata e interiorizzata «rende capaci di guardare a tutte le difficoltà umane con l’atteggiamento dell’amore di Dio, che non si stanca di accogliere e di accompagnare» (cf n. 14). «Per sua stessa natura, la misericordia si rende visibile e tangibile in un’azione concreta e dinamica. Una volta che la si è sperimentata nella sua verità, non si torna più indietro: cresce continuamente e trasforma la vita» (n. 16). Come il Padre che ha manifestato il suo grande amore nel Figlio, anche noi, siamo chiamati a “chinarci” sui fratelli che soffrono (cf n. 16), su quelli che vivono nel dolore e nel pianto (cf n. 15) o nell’incomprensione e nella solitudine (cf n. 14). La porta della misericordia del nostro cuore deve rimanere spalancata anche dopo il Giubileo, scrive Francesco (cf n. 16).

La Porta Santa che abbiamo attraversato in questo Anno giubilare ci ha immesso nella via della carità che siamo chiamati a percorrere ogni giorno con fedeltà e gioia. È la strada della misericordia che permette di incontrare tanti fratelli e sorelle che tendono la mano perché qualcuno la possa afferrare per camminare insieme. Voler essere vicini a Cristo esige di farsi prossimo verso i fratelli, perché niente è più gradito al Padre se non un segno concreto di misericordia (n. 16).

Nell’ultima parte della Lettera, Papa Francesco esorta ogni membro del Popolo di Dio a «dare spazio alla fantasia della misericordia per dare vita a tante nuove opere, frutto della grazia» (n. 18).

La Chiesa ha bisogno di raccontare oggi quei “molti altri segni” che Gesù ha compiuto e che “non sono stati scritti” ( Gv 20,30), affinché siano espressione eloquente della fecondità dell’amore di Cristo e della comunità che vive di Lui. Sono passati più di duemila anni, eppure le opere di misericordia continuano a rendere visibile la bontà di Dio […] costituiscono fino ai nostri giorni la verifica della grande e positiva incidenza della misericordia come valore sociale (n 18). Poniamo, dunque, ogni sforzo per dare forme concrete alla carità e al tempo stesso intelligenza alle opere di misericordia (n. 19).

Il carattere sociale della misericordia, continua Francesco, «esige di non rimanere inerti e di scacciare l’indifferenza e l’ipocrisia, perché i piani e i progetti non rimangano lettera morta» (n. 19). Per questo «siamo chiamati a far crescere una cultura della misericordia, basata sulla riscoperta dell’incontro con gli altri» e che si «forma nella preghiera assidua, nella docile apertura all’azione dello Spirito, nella familiarità con la vita dei santi e nella vicinanza concreta ai poveri» (n. 20).

Rileggendo il testo della Lettera è facile riconoscere nella sua dinamica argomentativa due elementi portanti – “celebrare la misericordia” e “vivere la misericordia” – che in qualche modo strutturano “invisibilmente” il testo ma ancor di più mediano un messaggio fondamentale: la misericordia, ricevuta in abbondanza, necessita nel cuore dell’uomo il desiderio, il bisogno imperativo, di porre nel mondo gesti e operare concrete di carità.

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La misericordia rinnova e redime, perché è l’incontro di due cuori: quello di Dio che viene incontro a quello dell’uomo. Questo si riscalda e il primo lo risana: il cuore di pietra viene trasformato in cuore di carne (cf Ez 36, 26), capace di amare nonostante il suo peccato. Qui si percepisce di essere davvero una “nuova creatura” (cf Gal 6, 15): sono amato, dunque esisto; sono perdonato, quindi rinasco a vita nuova; sono stato “misericordiato”, quindi divento strumento di misericordia (n. 16).

Proprio in virtù delle intrinseche esigenze della Misericordia Divina e affinché la grazia del Giubileo continui ad essere, nelle varie parti del mondo, viva ed efficace, il Papa nel documento stabilisce di estendere nel tempo e fino a nuova disposizione il ministero straordinario dei Missionari della Misericordia (cf n. 9) e «concede d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto» (n. 12) cosicché ogni sacerdote «si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione» (ivi) e «la misericordia di Dio possa raggiungere e distruggere [il peccato] quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre» (ivi).

Con lo stesso spirito di andare incontro alle esigenze dei fedeli, il Santo Padre “confidando nella buona volontà dei loro sacerdoti perché si possa recuperare, con l’aiuto di Dio, la piena comunione con la Chiesa cattolica” (cf n 12) stabilisce che quanti frequentano le chiese officiate dai sacerdoti della Fraternità san Pio X possano ricevere validamente e lecitamente l’assoluzione sacramentale (cf R. Fisichella, Conferenza stampa, 21.11.2016).

Come segno ulteriore di continuità con l’Anno Santo della Misericordia, Papa Francesco indice “la Giornata mondiale dei poveri” da celebrarsi in tutta la Chiesa nella ricorrenza della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario. Questa giornata scrive il Pontefice «costituirà una genuina forma di nuova evangelizzazione (cf Mt 11,5), con la quale rinnovare il volto della Chiesa nella sua perenne azione di conversione pastorale per essere testimone della misericordia» (cf n. 21).